venerdì 4 marzo 2011

UN PAGLIACCIO TRA VITA E SOGNO

Nella vita di un blog ci sono momenti determinanti.  Si tratta di episodi non sempre sconcertanti (ma a volte sì) che ti spingono a riflettere e a rivedere non solo l'intera concezione del blog, ma, di rimando, anche l'idea di te come blogger (come persona visto che ne mio caso si tratta di un blog personale).
Nel mio caso il fulmine a ciel sereno è stato, ieri sera, scoprire che una buona parte dei miei visitatori capita in questo piccolo spazio cercando la parola pagliaccio tra le immagini di Google. Al di là di ogni logica di posizionamento nelle SERP, notare un dato del genere mi è apparso una specie di scherzo del destino, e mi ha spinto a pormi delle domande.
Credetemi, il fatto che tutto ciò sia accaduto durante il comprensibile delirio dovuto ai 39° di febbre rende la cosa molto più interessante. Sì, perché mi sono ritrovato sul divano, con la fronte calda, a guardare L'uomo che fissa le capre, un film che consiglio caldamente e raccomando il doppio in qualsiasi condizione di scarsa lucidità (dalla sbronza, alla disidratazione, all'assunzione di stupefacenti). Fissavo le immagini e, anche se mi sfuggiva il senso del film, ne trovavo uno tutto mio. Quelle capre erano il simbolo della genuinità, della libertà. Mi è tornato in mente quando da piccolo, sulla strada che porta a casa di nonna al paese, mi fermavo lungo la rete e davo da mangiare a due capre. C'era uno strano legame, tra loro. In campagna, tra mucche cavalli pecore e galline, erano animali comuni. Ma per me quelle capre, soprattutto la più grande, era speciale. In fondo a tratti ci fissavamo anche noi, mentre le allungavo la mano con gli steli d'erba strappati da fuori la recinzione, quelli che lei non poteva raggiungere.

Un pagliaccio, sì.
Complice lo stato d'animo semi-depresso e i battiti del cuore accelerati dall'alta temperatura nonché dall'assunzione di uno shot di novalgina, però, è nato il desiderio di guardare meglio in faccia quel buffo tipo col naso rosso. Quel tipo che sorride in continuazione, che sorride così tanto che qualcuno lo fa pure incazzare e a volte vorresti tu stesso spaccargli una sedia sulla schiena per farlo a tacere. Quello che scherza ed è sempre allegro, ma che se lo fissi al di là dei colori spalmati ha una delle facce più tristi che tu abbia mai visto. Un pagliaccio che dall'inizio dell'anno se la passa piuttosto male, in quanto a salute, ma che appena può uscire si tuffa per strada per fare il suo numero e allietare la gente. Non pensa quasi per niente a se stesso, quel pagliaccio schifoso. Per canzonarti, magari offendendoti, gli basta un minuto, ma per dirti addio a quel poveraccio gli ci vuole una vita. Collega del saltimbanco, mezzo imparentato col giullare e pieno di amici, non ha una famiglia. Scrive lentamente le sue memorie con la mano sinistra, al ritmo di un tasto al minuto, perché l'altra mano stringe il "coso" dell'aerosol. Che poi potrebbe anche non guarire più, quella faccia da cazzo. Lascerebbe questo mondo con un sorriso poco convinto, ma felice di aver amato. Sì, perché ha un cuore d'oro, e gli capita addirittura di sciogliersi se sente di due ragazzi che convivono da due anni. Sente una cosa del genere e pensa che dormire con chi ami sia la cosa più bella del mondo. Con lei potrebbe infilarsi nel letto senza quel trucco pesante, potrebbe puntarle addosso quegli occhi tristi e lasciare che sia lei a farlo ridere...

Ora dormi, pagliaccio, che devi recuperare le forze. Forse riuscirai persino a guarire, se stai attento. Dormi, e sogna di ridere con chiunque ella sia. E se la vedi, corrile dietro. E se è il delirio febbrile, che te la portaa, cerca di non guarire mai più.




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