mercoledì 28 maggio 2014

Un anno (e quasi 3 settimane) dopo

Il 10 maggio ho fatto un anno dalla mia operazione –sì, insomma, da quel giorno lì.
Ho volutamente fatto passare quasi 3 settimane per scriverne, ed è strano per uno come me, fissato con date e anniversari (e che odia i compleanni).
Avevo le mie ragioni. Un po’ non volevo ripetere quello che ho già detto in questi ultimi mesi, e un po’ ero troppo preso dal momento, che è stato emozionante e difficile da descrivere. Così difficile che ho rinunciato, e per una volta le mie velleità da scrittore c’entrano poco. Ho capito che avrei banalizzato un momento per me importante, e allora ho deciso di godermelo e basta, condividendolo con le persone a cui voglio bene.

Ancora adesso, dopo quasi 3 settimane, non è facile trovare le parole. Ho sempre ritenuto un po’ caricaturali quelle immagini del reduce di guerra che se ne sta isolato da tutti, a fissare un muro, ubriacarsi e cercare di dimenticare.
Ho cominciata a vederla da un’altra prospettiva quando ho letto alcuni dei racconti di Hemingway. L’ho vista ancora più chiaramente quando è capitato a me.
Perchè di una guerra si è trattato (come avevo gia' scritto qui). Una guerra che hai combattuto col conforto di tanti altri (per fortuna), ma che, dopo qualche tempo, solo tu ricordi e rivivi.
É una sensazione potente, nonostante sia indefinita e possa perdere i contorni che aveva all’inizio, così che il ricordo sbiadisce e resta una sottile inquietudine ed una serietà che in quel momento non ti spieghi.

Si pensa che i reduci siano fortunati per il solo fatto di aver superato la guerra, rispetto a tanti altri loro commilitoni che non ce l’hanno fatta. Io non sono così sicuro che vada sempre così.
Quello che è certo è che, in una forma o nell’altra, quella guerra ti resta dentro e ti lascia cicatrici che nessuno vede se non te, e le persone che ti amano.
Alcuni reduci si innamorano delle loro ferite, come se fossero l’abisso di Nietsche che finisce per scrutarti dentro ed inghiottirti.
Altri cercano con tutte le forze di cancellare quel ricordo, ignorando la crudeltà di una mente capricciosa.
Ed io?
Io non so che reduce sono. Magari leggendo i miei ultimi post sul Morgana sembrerebbe che io non parli d’altro, e farei fatica a far capire che in realtà ne scrivo qui proprio perchè non ne parlo (quasi) mai.
So poco sul dopoguerra. So che è difficile trovare un equilibrio, perchè le forze che erano in campo prima della guerra adesso sono cambiate –perchè tu sei cambiato. Più forte, più fragile, più allegro, più triste... semplici giochi di luci, visioni parziali che non fanno capire il totale.
So che non è facile.
Se dicessi che il momento più duro è stato quel giorno di un anno (e quasi 3 settimane) fa, e poi basta, mentirei.
Se dicessi, però, che la parte più dolorosa è stata dopo, mentirei ugualmente.
La verità è che le guerre non si dimenticano, ma si accettano. Non si può vivere con la mente ancora in trincea, perchè sennò si è reduci solo col corpo. Allo stesso tempo tutta quella notte, una volta abbracciata, può farci apprezzare ogni raggio di sole, scoprirlo, amarlo, guardarlo con occhi nuovi.
Trovarci una nuova vita.

Questo è il passato –con cui bisogna fare i conti, con rispetto ma anche con decisione.
Il presente sono io che ho di nuovo in mano questa vita, e sento come se ce l’avessi per la prima volta.
Il futuro è un viaggio che farò tra due mesi. Un viaggio che mi riporterà a casa, e che farò con una persona che già adesso è diventata la mia casa.
Ho comprato il biglietto qualche giorno fa, e mentre lo stringevo tra le mani, ho provato un’emozione molto forte.
Ed è stato bello, perchè credevo che la guerra si fosse portata via tutti i colori migliori.
Ancora una volta ho capito che c’è sempre un posto dove andare, c’è ancora tanta strada da fare, e che è bello poterlo fare con le persone che ami.
Ho capito che posso ancora diventare serio senza sapere perchè, qualche volta, ma mi ricordo spesso di sorridere e, come quel giorno, di ridere con gli occhi e col cuore.
Che dentro ho notte e giorno, che non abbandonerò mai nessuno dei due, perchè non esiste pace senza la guerra.
E pace, adesso, è tutto ciò che voglio.

Alla prossima,
Zango


P.S. Gente italica, get ready for some Zango Love!

giovedì 22 maggio 2014

Alla fine di tutte le strade del mondo

Alla fine di tutte
le strade del mondo
mi troverai qui

Mi troverai avvolto
nei miei misteri insoluti, nelle mie
sere pensierose
mi troverai armato e nudo
mi troverai

Mi troverai qui
dopo tanto vagare
dopo tutte le strade
ed avrai un cognome
che li contiene tutti
e così anch’io

Mi troverai qui
dove i tramonti sono
senza importanza & bellissimi
dove ogni notte barcolla
dentro un’alba
dove non esiste
nessun dove

Mi troverai qui
ed io troverò te
e se saremo
fortunati abbastanza
il mondo non ci avrà
rubato tutto
non ci avrà
indurito troppo
non avrà reso il nostro
sonno
solo otto ore di buio
tra un dolore e
l’altro

Ma sarà rimasto qualche
sogno
come evaso fuggiasco
ed in quel sogno
continueremo ad incontrarci
alla fine di
tutte le strade
del
mondo.



Marco Zangari © 2014

domenica 4 maggio 2014

Stanza 302

La stanza 302 del Morgana si affaccia sul Ponte della Scienza. Si sente odore di umido. Forse semplicemente perché è piovuto e le finestre della stanza sono rimaste aperte. I vetri sono come quelli inglesi. Si aprono e si chiudono verticalmente, abbassandoli o alzandoli, applicando una certa pressione.
Stavolta scelgo di osservare questo punto della città da qui, per avere un punto di vista più "giovane". L'industrializzazione avviata negli anni '30 si fonde con gli ambiziosi progetti del nuovo millennio centrati sulle arti visive e quelle culinarie tali da rendere il quartiere estremamente culturale, oltre che moderno.
I graffiti sui muri che si osservano da qui sembrano solo una testimonianza dell'arte contemporanea degli anni '10.
Quell'uomo, a passeggio col cane, sembra parte di un dipinto dalla composizione minuziosamente studiata. Il Gazometro dietro appare come soggetto principale.
Lascio i bagagli accanto alla scrivania e decido di scendere nella hall.
Oggi mi hanno riservato uno spritz di benvenuto. Per tutti gli ospiti del 3° piano c'è anche un aperitivo con il buon Ozpetek con il quale dissertare di architettura e fotografia dalle ore 19.00.
Mentre sorseggio l'alcolico, osservando due giovani giocare a biliardo, mi chiedo come potrebbe essere la mia vita senza questo luogo, come potrei sentirmi privata di questi momenti lenti e preziosissimi.
La mia unica ambizione nella vita forse consiste semplicemente nel poter continuare ad assaporare attimi tanto intimi e spensierati, ogni volta che io ne senta l'esigenza.
Domani alloggerò nella stanza 207, con vista mare.
Perchè sentire l'ebrezza del vento che mi scompiglia i capelli è una delle cose che mi mancano.
C'è anche l'odore di scoglio e di pesce fresco. La vista del tramonto su un orizzonte aperto.
Osservare i surfisti destreggiare le onde sulle loro tavole bianche.
Sentire le campane in lontananza. Bere un bicchiere di vino bianco seduta al bancone del bar e guardare fuori la risacca del mare. Andare e venire.
Ora mi lancio sul buffet. C'è un tagliere di formaggi, assortito con diverse varietà di marmellate e miele, che mi attende.