lunedì 26 settembre 2011

Prime piogge

Quel giorno pioveva a dirotto, e io entrai tutto zuppo in quel negozio di fiori. Presi una rosa rosa, perché quelle rosse, che non avrebbero detto nulla di più, le avevo già sepolte col sangue e il rodimento di culo.
Pagai e uscii felice come non mai, sotto le gocce enormi che senza tregua mi bersagliavano dalla casa di Dio. Ripresi il cammino, coi piedi fradici che avanzavano sicuri e quasi contenti in mezzo ai rivoli d'acqua impetuosi che venivano formandosi sul marciapiede. Insistevo curvo, con la testa protratta in avanti a proteggere quei petali delicati che temevo sarebbero andati in frantumi.

Venne ad aprirmi divisa tra la sorpresa e lo spavento, combattuta tra il rimprovero e l'amore. Fui fortunato a veder prevalere quest'ultimo. Appendemmo giacca e camicia sullo stendino, i pantaloni in bagno. Misi addosso un semplice asciugamano incastrato alla vita, lei si mise seduta davanti a me, accese il fon e cominciò ad asciugarmi e accarezzarmi i capelli.

Il fradicio diventava umido e l'umido spariva nell'aria, andando a mischiarsi a quello strano amore che aleggiava nella stanza di lei.

lunedì 19 settembre 2011

Summer is over

Al resto ci pensiamo domani

Sono qui seduto al centro del letto, al centro della mia stanza, al centro di Roma, al centro d'Italia, al centro del nulla.
Ho talmente tanti pensieri che mi girano in testa che ho senso di vertigine e mi viene da vomitare.
Stasera ho deciso di fare un bilancio, credo che ogni tanto serva fermarsi un attimo a fare un po' il bilancio di come stiamo percorrendo la nostra strada. Credo che serva a ricordarci chi siamo, cosa facciamo e dove stiamo andando ma soprattutto a capire quanto lontani siamo da dove volevamo andare.
Non è positivo stasera il bilancio.
A dire la verità ci pensavo pure prima mentre ero in macchina, dopo un moijto con una vecchia amica.
Ho provato a lasciare indietro il risultato dei miei pensieri andando a 150 sul raccordo ma non è servito. Quando mi sono accorto che comunque i pensieri restavano li ho deciso di rallentare, di prendermela comoda e proseguire a 50 all'ora con tutti gli automobilisti dietro che mi suonavano e mi insultavano.
Ma che cazzo volete? che correte a fare? tanto pure voi non scappate dai vostri pensieri.
Comunque, stavo dicendo del mio bilancio e sopratutto da quanto distante sono dalla meta prefissata, o almeno dalla prima tappa.
Mi sono accorto che in realtà non mi sono allontanato poi così tanto dai blocchi di partenza.
Com'è che dice la legge di Murphy? se hai anche una minima possibilità che qualcosa vada storto sicuramente andrà storto... non so chi fosse sto Murphy ma certo porta una gran sfiga! Però alla fine dei conti aveva ragione.
Fine dei conti, bilancio, ritorna sempre tutto li, un po' come me che dopo 4 anni e tanti giri a vuoto sono sempre sotto lo start con poco o nulla in mano.
Che fare quindi?
Non lo so, stasera proprio non lo so, facciamo che mi bevo due dita di whisky, me ne vado a dormire e al resto ci pensiamo domani.

domenica 18 settembre 2011

Visioni

La notte scura e l'acqua melmosa. La notte è la metafora di Dio.
In prospettiva sul sedile posteriore, l'universo inizia a roteare.
Le nostre bocche sono tunnel illuminati da un neon, luce bianca e asettica.
Sembra di baciare le porte del paradiso.
Rotea piano, e mi accorgo che il mare è il profilo di un altro universo che, puntellato di stelle, carezza le mie braccia. Cambia il centro di gravitazione, il lungomare è una galassia lontana.
Un vortice più forte, nulla importa se non il suo profilo morbido, mentre la immagino nuda nel suo candore senza credere nell'innocenza e vorticano prismi di piacere sulla fragilità dei suoi occhi, continua a proiettar fuori l'infinito universo da se mentre stringo nebulose di riccioli a me, gira ancora oltre lei oltre la rossa luna che piano emerge mi vien da vomitare mi appoggio al suo ventre, madre della terra culla il mio malessere e sembrano assalirmi la gioia e la tristezza del mondo intero mentre cerchiamo l'unisono col il movimento privo di senso, divenire e gettarsi tra le braccia di un'amata uguale a me.
Lacrime, non piangerai se per una notte il cosmomare e il cosmocielo si immergeranno nella luce indistinta rosea del tuo seno, non ci sarà paura e le tue parole saranno spente da baci soffusi, il vuoto e il fulmine, è vuoto che trova la tua essenza, sei il dolce respiro della fisica, alito caldo sul collo, tutto vortica e assorbe e ancora grazia dal tuo cuore e muoiono in gola parole d'amore.

Bianca
ancora
un respiro

prima di riconsegnarmi all'apnea.
Un nuovo giorno...

venerdì 16 settembre 2011

La cosa che ricordo

Ero già nel letto quando ho sentito il bisogno di alzarmi di nuovo per scrivere di un'immagine che mi è venuta in mente all'improvviso.
Tu che alzi il braccio e mostri il polso ad un tipo che ti ha chiesto se sai che ore sono. "No, vedi? Non porto catene" gli dici, con quel tuo sorriso avvolgente.
Chissà se è per questo che a poco a poco perdiamo di vista l'amore. Chissà se è più chiaro e visibile solo se guardato attraverso un anello di ferro, un bracciale cucito, una fede, una foto, un porta fortuna.

Personalmente l'unico motivo che per ora rintraccio è che non ricordo quasi più nulla. Non tanto di quello che ero, ma di molte cose che facevano parte della mia vita. Meglio ancora, non ne ricordo il sapore, il profumo, l'immagine: che sensazione mi dava averle in tasca, nel portafoglio, sulle pareti della mia stanza o sul petto.
Ho come l'impressione di essere una farfalla che ricorda pochissimo di quando era bruco. E non uso questa metafora per dire che sono migliore di prima.

Però ricordo alcune cose. E le ricordo grazie a dei testimoni che hanno attraversato questa mia metamorfosi, che sono sopravissuti non a una tempesta, ma al più letale dei cieli sereni. E ricordo un po', dell'amore, grazie a chi come te l'ha condiviso. Ricordo quel glicine sul tuo parabrezza, ricordo una fiaccolata sulle montagne e una ruota cambiata.

E ben tornata.

mercoledì 14 settembre 2011

FAMIGLIA

Ho sempre trovato un particolare gusto, a scrivere con quella manciata di linee di febbre che ti danno la sensazione di essere un po' alticcio. Immaginate allora com'è scrivere col termometro che dice 39: ubriaco fradicio come non lo sono mai stato.
Ecco, sappiate che questo post l'ho scritto in 3 giorni, che non so come ho fatto a iniziarlo, e che so che non è finito e non finirà.

Oggi sono andato a lavoro lo stesso. Mi sono fatto due conti e ho pensato "38 e passa a casa, 38 e passa al lavoro...tanto vale andare a lavoro, perché a casa starei sicuramente peggio". È il problema della famiglia, che anche se non dà problemi a nessuno dà problemi a me e non so che farci.
Ieri ho pensato di buttare giù una lista di tutte le cose per cui ho incontrato problemi con la mia famiglia. PArlo di miei progetti, di miei intenzioni, persino di miei scelte. Mi è bastato pensarci su qualche secondo e decidere che non ne valeva la pena, che era una lista lunghissima. Che se non era proprio tutto tutto, era comunque troppo.

Ma sapete qual è per me la più grande fregatura della famiglia? È che io stesso sento il desiderio di averne una per me. O_o
Dato e non concesso che la famiglia che metterò in piedi sarà abbastanza diversa da quella che ha messo in piedi mio padre, però, la verità è che ho le idee un po' confuse su come dovrebbe essere. Ad esempio è venuto fuori, l'altro giorno, che non ho idea del tipo di donna che voglio. Ma vi rendete conto? Mi mancano proprio le basi!


Voglio dire... Occhio e croce so come la voglio, le buone qualità sono sempre quelle. Il problema è che invece, il più delle volte, mi butto su chi non è proprio come vorrei. Credo sia perché è più facile, come andare all'università finito il liceo.
Che poi a pensarci bene non è nemmeno una questione di fica. Dio solo sa quanto l'adori e quante poesie le ho dedicato, in fondo, ma in questo caso si tratta di più (diciamo parimenti, suvvia) di tornare a casa e trovare lei. Lei che ti abbraccia e ti fa ricaricare la spina, lei da ricaricare e da far sorridere. Lei con cui cucinare, con cui sfogliare il kamasutra ridendo e - perché no - fare un corso di cucito. L'importante, però, è che racchiuda tutto quello che voglio da una donna e che ancora non so.


Ora miei cari dell'hotel, io sono qui al bancone, con lo sguardo profondo del febbricitante. Passate pure a prendere qualcosa e parliamo di tutto, ma lasciatemi libero il cesso che questa influenza sa il fatto suo...

domenica 11 settembre 2011

Quando leggerai questo

quando leggerai questo
vorrei che tu pensassi
che l’ho scritto
in mezzo a gastriti, insonnie
emicranie & maldidenti
che sono stato interrotto da
campanelli e telefoni
che avevo un appuntamento alle
4 e mezza
che ho tirato fuori queste
parole
in mezzo a scadenze, file allo sportello
e liste della spesa
che la casa mi si è allagata
e la memoria mi si è sbiadita
che sono stato criticato
per la mancanza di mutui
e la dedizione ad attività
socialmente non riconosciute
come questa

pensa che avevo scelte da fare
monologhi da ascoltare
e il dottore ancora da
chiamare

che lo stomaco era vuoto
il fegato ben sfruttato
e il magazzino dei brutti ricordi
pieno fino a
scoppiare

quando leggerai questo
pensa che, nonostante
tutto
sono riuscito a
conservare
un briciolo di umanità
per arrivare
alla fine
del foglio.

Marco Zangari © 2011

martedì 6 settembre 2011

apro una nuova pagina....

eccolo lì,
nascosto tra le pagine di un diario,
tra le lacrime di un tempo non proprio lontano,
tra i caratteri di un sms...
eccolo, lucido, limpido, chiaro...
libero nella mente...
sta lì, in un vortice di parole, di lettere, di intrepidi pensieri...
non fugge,non si muove, sta fisso al centro, dentro al caos... unico punto fermo...
come in quei film in cui lei sta ferma tra la gente distratta in una piazza e inevitabilmente ci si concentra sulla sua gonna svolazzante...
eccolo scevro di fronzoli....
completamente fuori da tutti gli schemi...
da ogni schema...
completamente e inevitabilmente unico...
come quando il grande archeologo trova quell'unico pezzo, raro, unico e inimitabile... il tassello mancante affinchè possa ricostruirsi la storia di un'intera civiltà... (beh sono film...in realtà un solo pezzo non farà mai la storia di una civiltà)
ecco come mi sento...
eccitata per aver ritrovato, in fondo a quel cassetto, quel foglietto...
la prova di un ricordo così tanto poco lontano da non poter essere ancora pienamente ricordato...

inizia così la mia storia, con un foglietto in mano....
davanti ad un libro di storia del diritto...
con gli occhi lucidi e a palla, di chi si è appena svegliato...
con un semi-sorriso sul volto...

mi dico che qualunque persona io sia adesso.... beh quella persona ha bisogno di ricominciare a scrivere....







apro una nuova pagina di me.... http://fuoridallarealtaoltreilsogno.blogspot.com/

tenete botta

Primo giorno di scuola




Il primo giorno è sempre come tornare a scuola, e chiaramente settembre ci mette del suo. Tornare a scuola, ma con tutte le cose negative –se possibile, persino peggiorate- e con quelle positive così attutite, così diminuite dal tempo che fanno quasi ridere. Il tuo salvagente, un tempo, era la campanella. Adesso è la lancetta piccola sulle cinque.
Non è cambiato poi molto.
O forse sì. Se il giorno dopo non volevi andare a scuola, non ci andavi e basta. C’era compito in classe? Chi se ne sbatteva. Se era di matematica, poi, andare sarebbe stato solo una perdita di tempo.
Adesso non puoi. Hai dei giorni prestabiliti, per non andare. Certo, ti puoi ammalare, ma sono cazzi tuoi. La tua salute ti può fregare il doppio.
Dopo scuola, avevi i compiti. Qui hai responsabilità, cose da fare il giorno dopo, aggiornamenti.
Dopo scuola, avevi tutta la vita davanti a te.
Qui, no.

Qui hai una mattina assonnata, e un giorno così lungo che non provi nemmeno a vederne la fine.
Ho già provato questa sensazione, ma ora si fa sul serio. Per un anno saprò dove andare ogni mattina, e da dove tornerò a casa. Ho il tempo già preso. Mi volete un martedì mattina di metà aprile? Spiacente, non ci sono.
So già dove sarò, e non mi piace quella sensazione. So che economicamente dovrei solo ringraziare, ed infatti lo faccio. In un momento Precario, io ho trovato l’America. Ma non solo per i soldi. Mi piace quello che faccio, che è come vincere una lotteria.
Quindi non mi lamento del MIO lavoro, sia chiaro. E non mi lamento nemmeno per averne UNO. Anzi, non mi lamento e basta.
E’ solo che questo sistema qui, non l’ho mai ben capito. Ma se mi devo adeguare, lo faccio. Se devo uscire di casa ogni mattina prima delle 8, lo faccio. Se devo rispettare orari e scadenze, lo faccio. Ma non chiedetemi di sorridere. Vi basti il fatto che non mi sento (troppo) fregato.

Il primo giorno guardo le facce intorno a me, osservo le teste che si muovono in masse silenziose e compatte. Cerco di farmele piacere, perchè ci dovrò avere a che fare per i prossimi 12 mesi. Le espressioni, i volti stanchi, quelli neutrali, gli esaltati, gli ingessati, gli eleganti e quelli che ci provano e fanno ridere, le donne in carriera e quelle che fingono, quelli che ancora non sanno come sono finiti lì, quelli che sotto sotto se la ridono, quelli che pensano solo –ancora due giorni ed è venerdì. Entriamo ed usciamo da autobus, treni, traghetti, taxi. Quando siamo sovrappensiero facciamo una faccia come se qualcuno ci avesse rubato qualcosa e noi ce ne fossimo accorti solo adesso. Però poi lasciamo perdere e prendiamo un altro bus, treno, traghetto o taxi.

Sono vestito in giacca e camicia. A mia nonna sarebbe piaciuto. Diceva che ero bello, quando mi sistemavo. Buongustaia.
Io mi sento un po’ cretino. Mi piace vestirmi elegante, ma qui siamo vestiti tutti uguali. Siamo come qualcuno ci ha pensato, non come volevamo. Certo, con queste camicie a righine, questi completi grigi, queste scarpe lucide dovremmo essere tutti professionali, preparati, intraprendenti, e magari che parliamo correntemente 4 lingue, abbiamo 75 anni di esperienza, puliamo casa con uno starnuto e abbiamo peni di 24 cm per fare sesso per tutta la notte.
Un tempo mettevano le armature, ora abbiamo cravatte di Calvin Klein, di Versace, di Dolce e Gabbana. Non serve più un drago, e nemmeno un altro cavaliere con la lancia. Basta un progetto andato male, il mercato che crolla, il boss che si alza con la luna storta, un Governo lontano 15000 km che taglia i fondi, e veniamo infilzati da una parte all’altra.
E, vedete? Parlo già col “noi”. Perchè sono anch’io là in mezzo, tra le teste ammassate e silenziose.
Sto pensando tante cose, ma va bene così. Ci perderò l’abitudine.

La sera torno a casa, mi lavo, mangio e sono pronto per andare a dormire. Questa è la parte libera della mia vita.
Mi guardo allo specchio dopo la doccia, e vedo che ho perso capelli. Non molti, e mi dicono che c’entri la spazzola e che ricresceranno. Ma io guardo lo specchio e capisco. Bestemmio forte, dentro di me, ma capisco.
Mi siedo, accendo il computer, leggo il post di un’amica arrivatomi sulla mail, e mi sollevo a sentire che non sono solo. Mi faccio due risate con un video mandatomi da un amico. Leggo le parole di 4 teste gloriose che mi pensano da lontano. Mando un messaggio ad un amico vicino, che tra poco rivedrò.
Mi distendo un po’, e penso che alla fine sono io che la faccio tragica, che alla fine non è tutto questo problema. No, davvero. Stai cominciando una nuova avventura, tutto qui. Hai paura. No, non è vero: ti caghi sotto. Sì, magari, ma hai anche voglia di vedere come va a finire. Quindi tranquillo, prenditela comoda. Non farti prendere dalle tue pippe mentali. Rilassati e goditela come puoi, nei tuoi momenti. E getta quella spazzola, perdio.
Ma c’è ancora qualcosa. Quel pensare, anche solo per un attimo, di essere come “loro”. Come le teste silenziose del mattino. E’ davvero così che finirò? O magari lo sono già?
Riecco che, dopo i capelli, ricomincia l’ansia. Che cazzo. Cosa succede, se divento un Fantozzi, uno che timbra il cartellino, che succede se divento il mio lavoro, se comincio a parlare solo di quello? Che succede se mi compro una tv di 130 pollici a 75 rate decennali, una lavatrice, un gazebo in cartongesso e una stalla per i pony? Che succede se comincio a seguire uno sport –calcio rugby football- e poi faccio il tifo e mi esalto se vinciAMO e mi incazzo se perdONO? Che succede se a Natale mando bigliettini d’auguri coi gattini, e d’estate me ne vado in vacanza nel resort dal quale non esci mai e ti fanno i massaggini e le treccine?
Che succede se smetto di scrivere per vivere come vogliono loro?
Beh, questo no, cazzo. Va bene anche il pony, ma NON questo. Mi alzo, corro al frigo, mi stappo una birra, poi me la porto qui al tavolo, accendo il computer, e comincio a battere sui tasti.
Tictictictictic.
No, dovrete aspettare ancora un po’ per vedermi come loro.
E spero che siate bravi ad aspettare.

sabato 3 settembre 2011

E mo' come si fa con la fine del post-modernismo?

Volevo scrivere un post sull'estate, ma ho questa immagine della fine del post-modernismo in testa che proprio non riesco ad allontanare. Il post-modernismo in questi ultimi 30 anni è stato un caos dell'etica. Una riscoperta della libertà intesa come privilegio delle proprie percezioni, delle proprie opinioni. E' stato uno slancio di tolleranza verso il diverso, verso tutto ciò che solitamente viene difficilmente compreso perchè di cultura diversa. E quindi un inno al pluralismo (parola ultimamente un po' abusata da Papa Ratzinger, ma vabbè questo è un altro discorso).
Tutto è ammissimibile in arte. Che poi pare più una provocazione che un invito.
Oggi penso al post-modernismo e penso a quanto potrà mancarmi.
Anche se post-modernismo ha significato mettere in commercio tra le varie cose anche un bel po' di spazzatura. Libri illeggibili. Arte contemporanea da quattro soldi.
Ecco, anche se (un po' come quando si parla del capitalismo) ha comportato molte cose discutibili, a me credo che mancherà.
Pare che sia necessario tornare a un riordinamento dei valori, a una valorizzazione dell'etica "universale".
Forse è vero. Forse ora questo mondo centrifugo deve un attimo fermarsi e farsi un po' un esame di coscienza.
Ma libertà e verità (due parole tanto amate e di cui ci si pulisce la bocca) sono entrate nel mio personale vocabolario.
Oggigiorno si parla di tutto. Di tutti. E lo si può fare, fondamentalmente senza grosse conseguenze.
Il mio concetto di libertà, così come quello di verità, un giorno non sarà più valido.
Mi alzerò dal mio letto (chissà dove), aprirò il giornale e scoprirò che l'essenza di queste parole sarà una e una sola. Non ci saranno più i mezzi toni. I grigi.
E io, mi sa, ci avevo fatto l'abitudine.