venerdì 16 gennaio 2009

Ritorno

Il viaggio inizia con la scoperta che all'aereoporto di Sydney, nelle partenze internazionali, non esiste cibo. Macchinette e duty free a parte, non c'è da mangiare. Un viaggio che comincia a stomaco vuoto già butta male. Se poi lasci l'estate australiana per il freddo inverno italiano, butta anche peggio.
Sull'aereo della Thai va meglio. Ci sono dei motivi se ho scelto di nuovo questa compagnia. Uno è che i posti sono comodi. Due, le hostess sono vestite in maniera pacchiana, ma sono sempre gentili. Tre, Il Jack Daniels. Mentre l'hostess gentile e pacchiana mi versa il primo JD on the rock, ammetto a me stesso che il motivo numero 3 è anche il pù importante.
L'aereo della Thai è un immenso open-bar. Difficile restare col bicchiere vuoto. Menre mangi curry verde e salsicce il vino non manca. Quando vai a pisciare ti guardi nello specchio e sorridi storto. Sbronzo in un volo intercontinentale. C'è che scopa, negli altri bagni. Il club degli 11000. Io ho lasciato la mia Morgana a casa, così torno al sedile e ordino un altro JD.
Accanto a me una coppia aussie, lei bella, lui orribile. quando devono farmi alzare per andare al bagno mi chiedono scusa fino alla nausea. Gli australiani si ripetono sorry fino all'irritazione. Io scopro che la visione di "Rain man" in lingua originale mischiata a un paio di Heineken è ronfata sicura.
A Bangkok arriviamo alle 11, anche se per il nostro fuso sono le 4 di notte. Ci muoviamo sulle sabbie mobili del doposbronza ad alta quota. Sbadigliamo e vogliamo essere a casa, qualunque essa sia. I mango a forma di supposta delle bancarelle non ci dicono niente. Siamo bambini stanchi e assonnati.
Per arrivare al secondo volo, come la 1 volta, attraverso tutto l'aereoporto. 20 minuti di camminata in mezzo a duty free di liquori e profumi, ristoranti per turisti e file per i cessi. Tutto è già visto ma anche nuovo. Qualcuno fa foto, qualcuno no. I thailandesi ci guardano mentre spendiamo tutt i nodtri dollari, i nostri euro, i nostri pound. Scuotono la testa e non vedono l'ora di abbassare la serranda anche loro.
Al gate finalmente li incontro. Sono loro, vestiti di bianco anche se stiamo andando verso l'inverno. Sono loro, che parlano al telefonino a voce alta così che tutti possono sentire. Sono loro che si mettono in fila molto prima che cominci l'imbarco, e cominciano subito a spingere e lamentarsi.
Dopo 16 mesi, riecco gli italiani.
Ho atteso questo momento, per vedere che reazioni avrei avuto, che effetto mi avrebbe fatto. Non molto buono, direi, ma neanche brutto. Ad un tratto guardo le facce e mi sembra di conoscere tutti. Forse è così, penso, perchè questa, nel bene e nel male, è la mia gente. Li guardo con tenerezza e comprensione, come si guarda alla propria famiglia caciarona e scombinata. Una parte di loro è anche la mia. Solo, non so quale.
Saliamo. Noto subito la differenza. La gente ha smesso di dire sorry. Tutti si spingono, si vanno addosso. Metti lì la valigia. Un grazie nemmeno a sparare. Ahò, maddechè. Un nanetto basettone accanto a me continua a sporgersi mentre mangio per farsi le facce con i suoi amici seduti due file più in là. poi si addormenta e col suo metro e 50 riesce a occupare il posto della sua ragazza e anche il mio. Russa. Io mi faccio un altro JD.
Dormiamo mentre la gente chiacchiera e sento discorsi sul tempo sull'euro sul governo. Mi sveglio e vedo sulla mappa sulo schermo che stiamo sorvolando l'Italia. Siamo in Italia. Merda, mi dico. E sorrido.
Una coppia litiga, lei lo insulta, lui la getta in testa la sua giacca. La madre di lei prega Dio. Siamo quasi a Roma. L'aereo comincia a scendere. Vi preghiamo di tenere le cinture allacciate durante tutto l'atterraggio, dice la voce. Subito persone si alzano e vanno ad aggiustare il bagaglio a mano nello scompartimento in alto. Atterriamo con una decina di persone in piedi. Soliti applausi al pilota appena tocchiamo terra.
Meraviglioso.
Tutti tirano fuori i tleefonini e telefonano contemporaneamente mentre l'aereo ancora va. Si fa la gara a chi occupa il corridoio per primo. Sembra che o esci subito dall'aereo, o non ne uscirai mai. Chi si ferma è perduto. Gente che ha appena fatto 11 ore filate di aereo comincia a rumoreggiare per 5 minuti di attesa nel corridoio. Soprattutto, tutti spingono.
All'aereoporto aspettiamo i bagagli non più di 5 minuti, ma già tutti sbuffano e imprecano. Vado al bagno e trovo abbandonati vicino alla porta i bagagli che sono rimasti dallo sciopero della settimana scorsa. Faccio la fila per i passaporti. Aspettare dietro la linea gialla, dice il cartello.
Tutti si ammassano allo sportello. Un uomo esce dalla fila e comincia a ronzare qualche posto più in là. Cerca un punto dove infilarsi. Il vantaggio sarebbe solo di pochi secondi, ma non è questo il punto.
Alla fine sono fuori. Fiumicino. Devo trovare il mio prossimo aereo per Catania.
Vado da uno che lavora lì e quasi dico -sorry. Poi mi ricordo e dico, scusi, per il terminal A?
E' strano parlare italiano. Sono cosciente di ogni parola che dico. La mia lingua mi sembra come uno di quei ricordi, piacevoli ma che ci metti un po' a recuperare.
Mi guardo intorno, le pubblicità, la confusione anche all'alba, i discorsi. Mi sembra tutto strano. Sono stato via tanto, e vedo che questo folle Paese è andato avanti lo stesso. Mi chiedo cosa mi sono perso, mi chiedo cosa succederà.
Poi sono fuori, per strada. E' ancora buio, e il freddo così aguzzo che mi fa ridere. E' un freddo quasi da neve, un freddo che ha un odore particolare. Oltre i cartelloni, da quella parte, c'è una città che conosco bene.
Riprendo a camminare. Prima impressione dell'Italia? Stanco. Ma lo dico sorridendo.
Intanto albeggia. Sollevo lo sguardo, mi gratto il pacco, starnutisco.
Rieccomi.

domenica 11 gennaio 2009

LUNA PER TE HOTEL






Ho fatto due scatti prima di andare a dormire.
Ma se qui è luna piena, in Australia è luna piena???
Temo che a breve ti tartasserò di domande, tra cui la maggior parte stupide come questa!
Domani è domenica servizio in camera, please.

sabato 10 gennaio 2009

Amico fragile


10 anni, già

10 anni che sarebbero potuti essere diversi

10 anni che forse, non è che ti sia perso molto

anzi

10 anni che sono pochi e sono tanti

10 anni, e non hai smesso di mancarci

nemmeno per un secondo

10 anni e un'altro

bicchiere


Una delle idee di questo blog era: per tutti c'è una stanza, per tutti c'è un posto. Era un'idea di altri, un'idea anche tua. Quel nome che fa paura, libertà libertà libertà. Tu lo conoscevi bene. Ciao Fabrizio. Nostro fratello, nostro cuore, nostra coscienza.

Ci vediamo su quella cattiva strada.


"E quando poi sparì del tutto

a chi diceva -è stato un male-

a chi diceva -è stato un bene-

raccomandò -non vi conviene

venir con me

ovunque vada

ma c'è amore un po' per tutti

e tutti quanti hanno un amore

sulla cattiva strada

sulla cattiva strada"


"La cattiva strada", Fabrizio De Andrè

giovedì 8 gennaio 2009

Immagina




Immagina la scena: un autobus colorato e vecchio, guidato da un tossico coi capelli lunghi e una pancia da birra enorme. Estate, caldo, niente aria condizionata –solo i finestrini abbassati. Immaginati a Byron Bay, un po’ l’Ibiza d’Australia, ma meno rumorosa, cafona e costosa. Immagina un cielo che più blu è proprio difficile. Tu seduto lì con la tua Morgana accanto. L’autista tossico accanto ha un cane, invece, che fa finta di dormire e muove la coda a tempo con la musica sparata a tutto volume dagli altoparlanti. Intorno a te, tutta gente che si sta riprendendo con fatica dalla notte prima. Racconti di sbronze, di corse da nudi, di dormite sulla spiaggia. Immagina che stai andando a Nimbin, minuscolo villaggio dell’interno la cui unica particolarità è essere popolata da hippie che vendono biscotti “speciali” in maniera più o meno aperta.
L’autobus arcobaleno parte alle 11, e già alle 11.10 si ferma per fare una sosta al liquor shop. Immagina che il tossico gridi –fate scorta adesso che poi sarà difficile. Immagina le facce disgustate di tutti, che ancora si sentono in bocca i drink della sera prima. Immagina tutti che scendono dall’autobus e si fiondano dentro il liquor shop.
Ci vai anche tu, e ne esci con una confezione da 6 di Coopers. Mai presa la Coopers, ma oggi ti sembra la giornata buona. Gli altri tornano con le loro confezioni da 6. Un gruppetto esagera e torna con una cassa di Carlton Draught. Il tossico ride e prende il sacco col ghiaccio.
Immagina che si va. C’è la musica a tutto volume, c’è la birra che tutti mandano giù e mescolano con la colazione, c’è il sole. Fuori un panorama bellissimo e semplice. È Australia, ma tutto è verde, colline gommose di erba e eucalipti altissimi, prati curati fino alla virgola e cavalli senza recinti. Tutto è aperto, arioso. Il vento ti sbatte in faccia perchè tutti i finestrini sono aperti. Libertà, dice quel panorama tutto uguale e mai noioso.
Dove vai non è importante. Quanti chilometri, che importa. Alla radio passa “Scar tissue” dei Red Hot e il tossico alza ancora di più il volume. Chiudi gli occhi e dai un sorso alla birra. Sorridi piano. Il sole passa sopra ogni cicatrice. I capelli sbattono a tempo di vento. Tutti qui abbiamo sognato la California. Ora ci siamo, anche se questa non è la California.
È molto, molto meglio.
Ecco, immaginati questo. Tu col braccio fuori dal finestrino che si abbronza sotto il sole. Tu con la birra in mano e la musica che ci sta a tutto volume. Tu occhiali da sole con gli occhi chiusi e il vento in faccia. Tu con tutto quel cielo e quel verde e quelle nuvole e quel sole. Tu mano nella mano con quel cielo e quel sole e quegli occhi verdi e capelli biondi. Tu senza pensieri, senza storie, senza preoccupazioni, senza ricordi.
Immaginati un momento così, un momento niente di che, alla fine.
Immaginati qualcosa che mai avresti immaginato.
Immagina la felicità.
Fatto?
Adesso apri gli occhi.




FINE*INIZIO

La befana mi ha rotto. Sebbene difendo la categoria, tutte le feste porta via.
Sai com' è, c' è befana e befana. Io? La seconda che ho detto.
La classe operaia va in paradiso è molto più divertente di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto.
Che locandine stupende.
Non che io rivoglia le feste, ma ricominciare è ricominciare.
Fa rima con dimenticare.Un risultato per attività fisica.Riprendere la piscina.
Non ce la posso fare a mettermi a studiare.
Tu sei una ragazza che non ha mai scritto una poesia.
Ma chi ha voglia di festeggiare un compleanno il 7 gennaio.
Te lo dico io che lo so. Neanche il festeggiato.
Mi tocca.E' il 7 gennaio.
I fidanzati emigrano e le donne chiudono per tristezza.
E tu sei ancora qui con me.Non solo per me,ahimè.
Ti aspettavi che dicessi ma anche, dillo.
Su con la vita vai da un' amica.Vieni da me e ti offro un the.
Ho anche il dvd di yuppi du,restaurato,rivisionato.
Da me è consigliato, sempre che ti piacciano i musical, gli anni settanta e Adriano Celentano.Tutti e tre sennò non vale.
Bella storia,di quelle che se ti capitano, sia tu uomo o donna, pensi: Ma che sfortuna.
Che locandine stupende.
Non ci dimentichiamo dell' albero da disfare,meglio fare che non fare,meglio partire che restare. Ed io sono stanca di restare, di fare per non pensare.Mi devo laureare.
Ma tu come lo conosci Verdirosi? E quella canzone di Ivano Fossati?Ammettilo.
Chi te l' ha fatta ascoltare se non sono stato io? La mia gelosia. E la tua no eh?Ammettilo.
Però cazzo Nada è troppo sottovalutata.
La mia amica è arrivata.