martedì 28 ottobre 2008

Magia





È l’una di notte. È l’una di una giornata lunga e pesante. Due lavori, oggi. Quello di mattina, a scarabocchiare fogli mentre questa cilena pazza mi riempiva la testa di numeri senza senso. Ore buttate nel cesso. Poi sul motorino e via, verso questo negozio sullo stile dei nostri, tutto a 1 euro o giù di lì. Arrivo quando le serrande chiudono. Noi riempiamo gli scaffali. Siamo il popolo in divisa dei lavori merdosi della notte. Avete presente quelli che si addormetano alle fermate degli autobus?
Eccoci. Ero lì a lavorare coi cinesi, a scaricare casse, a sudare. Non mangiavo da non so quanto. La gola prosciugata. Ancora un’altra cassa. Ancora del cartone da mettere nella macchina. Ancora un’altra ora.
Esco di lì alle dieci, salgo sul motorino, parto. Comincia a piovere. In pochi minuti sono completamente zuppo. Qualcuno lassù si diverte ma io non gli voglio dare nessuna soddisfazione, così sorrido come un matto sotto il diluvio.
Poi arrivo a casa, bagnato, barcollante per la stanchezza, affamato, sporco. La mia Morgana è lì, e anche il compare. Sono uno fortunato, lo so. Ma oggi, oltre loro due, c’è anche una sorpresa.
Un pacco.
Lo aspettavo da mesi. Non posso credere che sia arrivato. Non posso credere che sia arrivato proprio oggi.
Mi siedo per terra. Sono intontito. Apro il pacco. Dentro ci sono due copie di “Scrivimi di questo tempo”, l’antologia in cui è pubblicato un mio racconto. In copertina, i miei occhi che mi guardano e che mi chiedono, beh?
Non so voi, ma ogni volta che io arrivo in un moment altamente emozionante, in cui ci si aspetta che io debba sorridere tutto il tempo o aprire i rubinetti, mi immobilizzo. Non penso a niente. Faccio caso a cose come il rumore del televisore o il rumore della doccia in bagno. Le persone a volte restano deluse da queste mie reazioni, la prendono sul personale, dicono che non sono mai contento. Non riesco a far capire loro che non è colpa di nessuno. Sono fatto così. A reagire alla merda, sono abituato. Per le cose belle, meglio se passate un’altra volta.
E così, stanco fino al midollo ma col sonno che già sta sgasando, accarezzo la copertina. Apro il libro. Lo sfoglio. Averlo qui, tra le mani, è una strana sensazione, che però non so definire. Mi sento ubriaco senza aver bevuto. Domani, mi dico. Forse domani saprò sentire tutto chiaramente.
Così lo chiudo, dò la buonanotte a tutti e vado a fare una doccia. Quando ho finito vado nella mia stanza e ritrovo il libro, lì sul comodino fra Pirandello e Bukowski. Una compagnia mica male, in fondo. I miei occhi quasi arrossiscono. Allora lo riprendo in mano, con tutta la stanchezza che ho. Lo sfoglio ancora. Stavolta non me ne stacco più.
Vado a versarmene uno, allora. Un bianco celebrativo. Io, il libro, un bicchiere e una stanza vuota. In fondo, il racconto è nato così. Non potrebbe esserci celebrazione migliore.
Vado su internet –tenendo sempre il libro a vista d’occhio- e scopro che una tizia mi ha contattato per delle lezioni di italiano. Soldi facili. C’è sempre un modo per uscirne con classe, da questa vita sudata. Sorrido. È una serata magica, nel suo piccolo. Date Speranza a un Uomo, e l'avrete fatto Santo. Le casse e i cinesi sono lontani già.
Così finisco il bicchiere, mi siedo sulla poltrona e apro il libro a pagina 149. Ritrovo quelle parole. Trovo il mio nome. Allora è vero. È proprio vero, cazzo.
Mi sembra che siano serviti, tutti quegli anni. Mi sembra che ci sia stato un senso, dopotutto. Mi sembra che stia cominciando qualcosa. Ma non ho voglia di pensare a questo, adesso.
Comincio a leggere mentre il mondo fa un giro su sè stesso e tutto il mondo ha una sola ora, che è quella soltanto.
E non ho più sonno.

giovedì 16 ottobre 2008

Attività (apparentemente) prive di significato





Tipico giovedì da disoccupato a Sydney –visita su gumtree.com.au e spedizioni della solita decina di curriculum, annunci sul giornale che poi viene buttato nell’angolo, lieve malditesta da doposbronza, una nausea dovuta ai biscotti sottocosto avuti per colazione. Tipico giovedì, come detto. lo stesso mi sentivo inquieto. Qualcosa che non andava. Un po’ di cose, veramente, ma tutte facevano rima con affitto e impegni saltati.
Così, invece di starmene lì a pensare a cosa avrei rimandato prima, ho preso gli occhiali da sole e sono uscito.
Giornata di sole. Ventosa, forse, ma spettacolare lo stesso. La primavera è un’opera d’arte, da queste parti. Nemmeno troppo calda. Perfetta, vi dico.
Insomma, senza sapere dove cazzo andare o perchè, finisco al solito parco vicino casa. È giusto due strade dietro casa mia, ma appena mettete piede nel sentiero, scompare ogni forma di vita umana. Sei nel bush, a un incrocio dalla civiltà.
Cammino piano. Ho paura che i magpie, una specie di corvi di qui, mi becchino la testa. Non cagando, intendo proprio col becco. Lo fanno. Sono incazzosi, i magpie. Senza scherzi.
Arrivo al parco vero e proprio. Dio benedica il giovedì. Ci sono solo io e un pescatore solitario lì sul molo. Mi addentro nella zona più nascosta del parco, sotto un muro di eucalipti, proprio sulla riva del fiume. Mi sembra di essere in uno di quei libri con Huckleberry Finn. Mi manca un’armonica a bocca e una zattera.
Mi stendo sull’erba. Mi sono portato un paio di libri da leggere, Anderson e Kerouac, giusto per avere scelta. Così alla fine scelgo di non leggerne nessuno, e me ne resto lì, semplicemente.
L’aria è fresca ma gradevole. Un paio di tizi su una delle tante barche ancorate lì mettono a posto le esche. Silenzio. Ogni tanto dagli alberi dietro spunta un altro magpie o un ibis e gracchiando mi fanno venire un infarto. Un kookaburra ride all’orizzonte, lì dove ci sono le case dei ricchi, proprio sulla riva. Le guardo, poi torno a fissare il fiume. Piano piano tutti gli impegni, i pensieri, le scadenze, gli appuntamenti, le bollette, le pagine da scrivere, le liste della spesa, le telefonate da fare, i messaggi da mandare, le interviste, le visite, tutto scompare oltre l’orizzonte, lì dove il fiume si tuffa nella baia. dio. Quanto tempo era che non me ne stavo semplicemente così –a quattro di spade, come direbbe una mia amica nana- a guardare il cielo, le nuvole, il fiume, e basta? Senza cercare di tirar fuori chissà che pensieri, chissà che soluzioni? Senza pensare al momento dopo, a quello che c’è da fare?
Tanto, troppo, mi sa. Tutti, in realtà, ne avrebbero bisogno, ma io non sono tutti. Io sono io, e stamattina me ne sono stato con me stesso. Non quella che definirei la compagnia migliore del mondo, ma per una mattina si può anche reggere, lì in riva al fiume.
Poi l’ho vista. C’era questa nuvola enorme. Si stava gonfiando, piano piano, sotto i miei occhi. Diventava sempre più grossa. Era imponente, ma lo stesso sembrava che tutto stesse avvenendo con una certa grazia. Un cielo blu, neve di cotone, un silenzio di dentro, e questa nuvola che si gonfiava. Io, sdraiato sull’erba, la fissavo.
Sembrava la cosa più interessante che avessi mai visto. La mente è cominciata ad andare per conto suo, come sempre in questi casi. Voleva distogliermi da quell’attività apparentemente priva di ogni significato. Non perdere tempo in queste cazzate, mi diceva. E così arrivavano pensieri e immagini –ma confusi, non so. Ho pensato a me da piccolo, a come mi mancavano certe cose di allora. Ho pensato che Obama avrebbe vinto le elezioni. Ho pensato a mio padre. Ho pensato che dopotutto ero fortunato. Ho pensato a quella nausea, e a cosa avrei mangiato per pranzo. Ho pensato che il sesso ne vale la pena. Ho pensato chissà se quel pescatore sul molo sta davvero pescando o sta lì per non aver nessuno a rompergli i coglioni. Ho pensato che mi piacciono i cani. Ho pensato a come a giugno i banchi della mia scuola sembravano lisci e lustri, quando avevo 8 anni. Ho pensato che questo finesettimana mi sarei ubriacato. ho pensato alla mia ex casa a Roma, a quando ci stavo, a quando andavo all’università. Ho pensato che ero in Australia.
Pensieri senza senso, come vedete. Poi, mentre la nuvola si gonfiava ancora, ho realizzato che, in mezzo a tutti questi pensieri, non c’era niente che riguardasse la mancanza di lavoro, o il conto in rosso, o le cose da fare. Allora ho sorriso e guardato la nuvola che ormai era enorme, mi sono pulito dall’erba e mi sono incamminato. Pensavo a tutti gli ingegneri che nel mondo stavano uscendo per andare a pescare, e dottori e avvocati che stavano nelle ville sulla riva del fiume. Io me ne tornavo a casa, fischiettando.

venerdì 10 ottobre 2008

E uno scarafaggio si affacciò alla porta...

...SECONDO MESE...

Domani lascio la mia prima casa Australiana e così i miei primi coinquilini Australiani …

non chiedetemi di raccontarvi di loro , ricordo solo le loro stanze chiuse e il gelo con cui mi hanno accolto al mio arrivo….

4 Mc Gregor Street, North Ryde, 2113 , NSW .

Se vi capita di passare da queste parti provate a bussare , sembra che qui abbiano girato Fight Club…

Anzi, fate in fretta, perché come dice Bip (si questo è il nome del padrone di casa, un Arabo che lavora all’immigrazione Australiana e che ha sempre una macchina diversa), questa casa dovrebbero demolirla in qualsiasi momento…

La mia stanza, al contrario del resto della casa, non aveva crepe nei muri. Dava su un giardino ed era perennemente oscurata da un albero.

Riceveva luce solo per pochi attimi, al sorgere del sole, il momento giusto per svegliarvi…

Non credo che nessuno, sano di mente, avrebbe potuto prendere in considerazione di vivere qui.

Io sono stato al 4 di Mc Gregor Street per tre settimane e mezza.

Speravo di potere finalmente iniziare un nuovo lavoro, qui vicino in un centro commerciale, a scaricare i pacchi per l’arrivo del natale…

La mia “capa” Australiana mi aveva promesso una marea di turni durante la settimana (di cui il primo iniziava alle 5 di mattina)…

Purtroppo questo lavoro non è mai iniziato …

In compenso ho quasi finito tutti i miei soldi e non credo di potere rientrare neanche della caparra lasciata all’Arabo Bip …

In queste tre settimane, c’è stato anche un altro lavoro, durato un giorno soltanto…

Mi avreste potuto incontrare in strada, nel centro di Sydney, a chiedere agli Australiani la loro carta di credito per aiutare il WWF …

Non vi stupirà sapere che nessun Australiano pensava fosse una buona idea e che a nessuno di loro importava più di tanto del protocollo di Kyoto e delle specie in estinzione…

Così, sono ancora alla ricerca di un qualsiasi tipo di lavoro che mi permetta di continuare questa avventura …

Ma non è tutto qui …

In queste tre settimane e mezza ho visto Sydney di notte, dalla finestra di un grattacielo e quella notte mi sono sentito veramente felice …

Ho pensato che quello fosse il mio posto, con tutta la città ai miei piedi e io li , ancora una volta ubriaco e molesto, a fare quello che più mi riesce meglio…

Poi ci sono stati caffè, nuovi incontri, giri di VB e momenti improbabili…

Non so quello che succederà nel prossimo mese, se ci sarà un modo per restare a galla e se alla fine troverò quello che cercavo ….

Ma so che domani è sabato e potete scommettere che io sarò qui a Sydney, ancora una volta ubriaco e molesto, a giocare con la sorte in una notte che sa di Australia.

Al prossimo mese …

martedì 7 ottobre 2008

Sugli artisti e sulle bollette

A quante interviste di lavoro siete stati nella vostra vita? Quante volte vi siete seduti a quella scrivania, con uno stronzo/a dall’altra parte che cerca di capire se siete la persona giusta? Loro che fanno la faccia pensierosa, che sembra quasi che siano sul cesso. Voi, che fate intanto i salti mortali per capire come cazzo si faccia ad essere la persona giusta.
Vestirsi bene, arrivare lì preparati. Cravatta, giacca, vestito. Essere sicuri senza essere arroganti. Energici ma posati. Maturi ma disposti ad imparare ancora. Lui/lei che tiene in mano il tuo curriculum come fosse merda. Tu, che quel curriculum di merda l’hai allungato quanto potevi, l’hai sistemato, magari –spesso- anche inventato.
E tutto per una misera all’ora, ovviamente.
Ti guardano, ti chiedono –sei uno che lavora sodo? Uno a cui PIACE LAVORARE? E tu dici, CERTO!!!!!!!!!!!!!!! (compresi i 40 punti esclamativi).
Quello che pensi è però -ma vaffanculo. A chi cazzo piace lavorare? Certo, qualche pazzo isolato c’è. Ma anche qui bisogna distinguere. Dipende da che lato della scrivania sei seduto in quel momento, a esempio. Un conto è se sei Colui Che Giudica Lo Scopino Di Turno, un conto è se sei Lo Scopino.
Chi mi conosce sa che sono molto estremista in questo. A parte quello che fa Hugh Hefner (qualsiasi cosa sia), tutti i lavori mi stanno sul cazzo. Non mi spiego proprio perchè l’Uomo debba lavorare. Lo so che sta scritto nella Bibbia, lo so che ti rompono le palle da quando hai l’età della ragione (o l’età per cominciare a prenderla in culo ed essere anche grato per questo). Perfino alcuni famosi psicologi e psichiatri sostengono che lavorare rientra nella MISSIONE DI VITA di ognuno.
Ok. Nella mia MISSIONE DI VITA, privata e personale, c’è la volontà di non fare un emerito cazzo per il più lungo tempo possibile. Per me la pigrizia è Filosofia. Il fancazzismo, l’ultima vera Rivoluzione.
No beh, ok, qualcosa che mi piacerebbe fare c’è. Lo so che non è un lavoro, e lo so che scatteranno le risate. Qualcuno però, facendo lo scrittore (ah ah ah ah!), qualche soldino l’ha fatto. L’1% di tutti quelli che scrivono, credo.
E tutti gli altri? Mi sono sempre chiesto com’è la vita di uno scrittore. Cioè, uno vero, ovviamente, mica un fannullone come me. Come faceva questa gente a campare prima di diventare famosa –e, in molti casi, persino DOPO che è diventata famosa? Che entrate aveva, che so, un Orwell, o un Carver?
Molti facevano giornalismo, lo so. Si dicevano, siamo già delle puttane, perchè non fare anche un po’ di anal? Chessarà mai? Così spargevano le loro parole dappertutto. Sembra che quando uno sia scrittore, scriva tutto bene, dal romanzo psicologico all’articolo di cronaca, alla lista della spesa. Davvero, niente scherzi. Alcuni, come il lampadato Baricco, aprono addirittura delle scuole per insegnare a scrivere. Fanno letture. Fanno film. Vanno in televisione. Qui siamo ben oltre l’anal. Mi sa che ci siamo già spinti nel regno dell’orgia.
E tutti gli altri? Boh. La storiella di Bukowski già la sappiamo. Lavoretti del cazzo fino a 50 anni, e poi la botta di culo e il successo. Ma gli scrittori ci arrivano tutti, a 50 anni? E come pagano l’affitto? Come si regolano coi contributi? Donano anche l’8 per mille?
La mia è una visione personale. Probabilmente molti di loro potevano permettersi di cenare in veranda con pesci e bianchi costosi, mentre riflettevano sui Grandi Temi. Me li immagino tutti alla Hemingway, a fare battute di caccia, lunghe passeggiate al tramonto, e poi a casa (una casa ovviamente di proprietà), prendere lunghi respiri artistici mentre si domandano se l’anima esiste o no e come l’Uomo sia sull’orlo del Disastro, mentre la moglie canticchia un motivetto stupidetto e la cameriera sparecchia la tavola.
Ecco perchè la roba che scrive questa gente è pura merda melensa, senza significato. È esattamente come le loro esistenze. Il lampadato ne sa qualcosa.
Con questo non dico che un po’ di moneta faccia male. Anzi. La moneta fa benissimo al cuore a al portafogli del giovane autore. Che cazzo. La birra mica si paga da sola.
Vi dico una cosa: toglietevi dalla mente l’idea dell’Artista Morto Di Fame, chiuso nella sua soffitta, con una candela e un calamaio, che scrive cose sublimi & romantiche & immortali. Non c’è niente d’immortale, primo di tutto il giovane autore. Deve mangiare e bere e andare al bagno e prendere l’autobus e pagare la bolletta come tutti. Può farlo sospirando e sognando, o anche senza. Ma deve farlo.
Tutte cazzate. Ve lo dico io: si scrive meglio con la pancia piena, e senza troppi pensieri al prossimo affitto o al conto dal meccanico. Pensare ai Grandi Temi, all’Universo all’Amore a Dio allo Spazio alla Morte e alla Vita, è difficile quando hai fame. Ci sono 3 bisogni primari, e due sono mangiare e bere.
Anche il terzo comunque giova, al giovane autore.
Ognuno fa come può. Dostoevskji ha scritto i suoi capolavori perchè pressato dai creditori, a cui prometteva romanzi che in realtà non aveva ancora scritto. Il buon Dosto era rimasto fregato dalla sua mania per la roulette e per le ragazze francesi sotto i 25.
Magari se era pieno di soldi, come il lampadato, “Delitto e castigo”, “I fratelli Karamazov” e “Memorie” non li scriveva. Si sarebbe limitato ad andare a mignotte, spendere milioni al casinò e grattarsi il sedere. Magari non si sarebbe mai chiesto le cose che si è chiesto quando era con le spalle al muro. Lui ci avrebbe guadagnato in salute, noi ci avremmo perduto in qualcos’altro.
L’Arte è come il Rock: ti deve partire dallo stomaco.
Sperando sempre che non faccia l’eco.

domenica 5 ottobre 2008

Bussare con piedi

Ciao a tutti, sono stato invitato e sollecitato a contribuire a questa taverna dei tempi nostri, i tempi dell'economia della conoscenza, dal nostro comune amico Marco.

Ci si e' conosciuti in un mondo fiabesco lavorando fianco a fianco, gomito contro gomito, al servizio della nuova economia globale, tra the bollenti e shiraz di contrabbando post pausa pranzo, in un sobborgo di Sydney.

Entrando in questo luogo nuovo condivido con voi un piccolo video che mi ossessiona in questi giorni di foglie italiche ingiallenti. Come quando si va ad una festa e si porta un piccolo nonsoche di cortesia. Enjoy it.


http://www.youtube.com/watch?v=9JhuOicPFZY

Alla fine della festa

Accorgimenti medicamentosi al mattino
I pesanti strascichi di una vita
Mal vissuta
Il pavimento sporco, le sedie
Per terra
Una bevuta di sola birra
O quasi

Fasce e fiabe nell’alba enorme
Infiltratasi, come sonnecchiante pantera, nei
Nostri discorsi senza voce
Nelle nostre fortezze ormai
Sventrate
Nel nostro trucco liquefatto

La notte ha ceduto il posto
Ancora una volta
Lasciandosi dietro
Poesie tristi e arrivederci

venerdì 3 ottobre 2008

Le lacrime di nemo

"Chiaro di luna scendi in fondo al mare e arriva dove il vento non può arrivare e

trova le parole per calmare quest'acqua che si mescola col mare

quest'onda sulla riva della ciglia

Che un po' t'incanta e un po' ti meraviglia

Che un po' t'incanta e un po' ti meraviglia

Ancora senza nave

e vela senza veliero

bottiglia mezza vuota e mezza piena

e pesci e luci e canto di balena

Chiaro di luna segnami il futuro

e passo dopo passo piano piano Illumina i miei passi con i tuoi

che ogni passo avanti è un passo in meno e meno ossigeno nei serbatoi

illumina le torri medievali E i falchi e il tempo e i sogni e gli ideali

e le città sconfitte in fondo al fumo e il sangue e l'innocenza di nessuno

il sangue e l'innocenza di nessuno"

De Gregori