venerdì 24 giugno 2011

Seduto nel balcone

Sto seduto nel balcone, per terra, le gambe appena lavate che aderiscono alle piastrelle, vento caldo di giugno.
Penso a quando sono nato, quasi 32 anni fa. Mentre abbandonavo quel posto, senza sapere, pronto a caricarmi fatture e conti degli altri, una chiazza di grigio si formava sul soffitto della sala operatoria e poi silenziosamente usciva dalla finestra.
Quella chiazza di grigio, poi diventata nuvoletta, poi nuvola. Spesso, uragano. Mi sono portato dietro monsoni e burrasche. Forse per questo i giorni di sole erano rari, e molto apprezzati.
Sto seduto sul balcone, a leggere scrittori e storie di cui non m'importa niente, solo un altro modo per sprecare del tempo potenzialmente utile per il mio inserimento nel Mondo e nella Società.
La nuvola mi ha seguito in tutti gli spostamenti, nei viaggi brevi e in quelli lunghi, nei giorni dove gli altri andavano al mare, nelle notti in cui cercavo di vedere qualche stella.
Sto seduto nel balcone, accarezzandomi capelli lunghi e qualcuno di essi bianco, e penso solo alla mia bambina lontana, anche lei con le sue tempeste, lei che non meriterebbe nemmeno una pioggerella, di quella che quasi te la godi tanto sai che poi finisce. Ma a volte ci mette un po', a finire, e noi siamo lontani.
La nuvola assumeva forme diverse, diventando a volte quasi bianca, facendosi ispirazione, ansia da raccontastorie, entusiasmo dell'aver un percorso e qualcosa da dire, la fugace gioia di un'altra storia al pub, di un'altra birra, di un piccolo momento senza nuvole nere o grigie.
Sto seduto nel balcone e aspetto amici, loro verranno qui e mi portaranno qualcosa anche solo sedendosi con me nel balcone, e usciranno di qui reggendo un pezzo di questa nuvola, e io la loro. E a tutto questo daremo nome di una strana forma di amore e calore.
La nuvola a volta aderiva ai muri della stanza e allora cancellava le parole, i cosa farò da grande, disdiceva appuntamenti per me importanti, staccava il telefono, si metteva tra me e tutto il resto, e nella foschia camminavo con le braccia davanti finchè non mi perdevo completamente. Allora cominciava a piovere.
Sto seduto nel balcone, nel posto dove c'era la lettiera dei gatti e dove ora ci sono io, con la mia testa, dei pensieri da gennaio, del sonno arretrato e la consapevolezza che nessuno, vicino o lontano, potrà davvero dire o fare qualcosa che mi faccia rialzare, perchè oltre la ringhiera vedo quella nuvola che si rifà tempesta, le prime gocce si vengono a confondere nel mio viso, io non rientro e resto lì, seduto, a bermi la mia pioggia.

2 commenti:

clelia ha detto...

è sempre un piacere leggerti... :)

Lo Zango ha detto...

e per me è un piacere farmi leggere da te, carissima! ;)