domenica 19 giugno 2011

Scoramenti

Ogni tanto mi prendono quelli che Pier Vittorio Tondelli definiva “scoramenti”. Sono quei momenti che capitano a chiunque, quando tutto sembra troppo, anche se solo per qualche istante. Un’onda scura si abbatte con violenza su sentimenti e idee, e si crea un piccolo cortocircuito del cuore. Nemmeno la mente è molto lucida, anche se continua a battere sempre sullo stesso punto.
Non so come si affrontano questi scoramenti. Per il lavoro che faccio (o meglio, che dovrei fare), so aiutare la gente a superare i propri. Ma io? Il guaritore si guarda la sua ferita e ne resta risucchiato. Così classico da far ridere.
Massì, capitano a tutti, e non intendo parlarne troppo. L’ultimo scoramento è qui nell’aria, e le vene pompano ancora quel misto di amarezza e nausea.
Ci sono maniere eleganti di tirarsi fuori da questi scoramenti, e altri più pragmatici. Tirare fuori le palle è una reazione più che sensata ad una situazione del genere. Solo che gli esseri umani sono molto meno sensati di quello che preferiscono credere. Non c’è conseguenzialità, non c’è un ordine preciso. Lo scoramento arriva e se ne va, dopo aver testato il nostro coraggio e la nostra sopportazione, dopo averci fatto spostare i nostri limiti un po’ più in qua o in là, e averci convinto che, una volta finiti, non torneranno più, almeno per un po’.
C’è chi ci beve sopra, chi vuole distrarsi in compagnia per non pensarci, chi si getta scientificamente su ogni piccolo dettaglio dello scoramento in atto. Chi fa finta di niente per evitarlo, e per cascare solo in uno scoramento un po’ più grande. Ognuno scelga il suo. Il mio direi che è un mix.
Lo stesso, non c’è niente di deprimente in tutto questo. Gli scoramenti fanno parte della vita, così come l’insonnia ci fa apprezzare anche una semplice notte di sonno. La completano, le danno un colore diverso. Respingerli sarebbe come togliere delle frasi al libro della nostra esistenza: senza, non si capisce più niente.
Certo che non sono granchè piacevoli. Arrivano e fanno cerchi nell’acqua che si allargano sempre più, e noi già rimpiangiamo la superficie piatta e noiosa di poco prima.
Che fare? Vorrei dirvi che passerà tutto, che andrà meglio. Che ce la faremo. Che tutto questo sarà solo ricordo.
Ma qui, nella mia stanza del Morgana, è il tramonto, e la camera si inonda di un arancione brillante, acceso, come se stesse andando a fuoco. Non sembra nemmeno possibile che tra poco sarà buio, e le ombre si mangeranno ogni cosa. Non voglio pensarci e mi concentro sull’arancione, vivo, avvolgente, allegro.
Non faccio promesse ma dico solo: tenetevi stretto quell’arancione lì.
Ci si vede più tardi nella hall.

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