martedì 28 febbraio 2012

Helena (pt.II)

C'era qualcosa di macabro nella gente. Ogni singola persona tende istintivamente all'egoismo, e nonostante la cosiddetta società civile ci provi in tutti i modi, non riuscirà mai a soffocare l'istinto primitivo dell'uomo. Non ci riesce l'idealismo, non ci riesce il comunismo, massima forma di ipocrisia in un mondo del genere. Tutti odiano qualcuno, non c'è niente da fare.
Allo Zoo solite facce, una scolaresca stava all'ingresso dello Zoo vero e proprio, il traffico scorreva tranquillo; vista con quel certo distacco solipsistico, Berlino era perfetta. Il peggior buco di fogna poteva essere perfetto se osservato in quel modo; non c'è miglior filtro del nostro Ego per cogliere una pace falsa nel meccanismo della vita intorno a noi. Al solito, Manuel stava dietro la stazione, fiero baluardo di quel mondo ormai svanito di Christiane e soci.
"Ehi, ciao tesoro!"
"Helena, non ti regalo un cazzo. Niente soldi, niente bianca."
"Sei un fottuto stronzo! Ne ho BISOGNO, non vedi come sono ridotta?"
"Oh, stai benissimo, credimi."
"Non mi buco da avantieri!"
"Non ti buchi da stanotte. Quanto hai?"
"18 euro."
"Non bastano a un cazzo."
"Io non faccio pompini ai taxisti."
"Questione di tempo, piccola puttana."
Le sue ascelle puzzavano di sudore marcio, stantio. Tutto lì puzzava di sudore marcio. Era un luogo di merda, e Manuel aveva ragione. Spendeva gran parte del suo stipendio per bucarsi, viveva in una topaia, mangiava soltanto tonno e insalata. Erano passati soltanto tre mesi dalla prima volta. Tre mesi nell'abisso. Eppure, la vita prima le sembrava ancora più schifosa. Due fottuti minuti d'estasi riscattavano ogni sofferenza, l'esistenza era ancora un mostro demoniaco ma per pochi minuti la possedeva di un amore violento come il cazzo di Dio in persona. Merda, doveva andare da Bastian.
"Dai Manuel, te li porto più tardi i soldi..."
"Vaffanculo."
"SEI UNO SPORCO FROCIO DEL CAZZO MALEDIZIONE!"
Manuel, impassibile, andò al cesso.

In quell'edificio convivevano razze diametralmente opposte. Al suo stesso piano abitava una coppia di quarantenni. Erano poverissimi, ma si amavano. L'unica vera nota lieve in tutto lo stabile. Al piano di Bastian viveva invece un uomo grasso, sulla quarantina anche lui, capelli unti da far vomitare. Teneva sempre la porta di casa aperta, e poiché la porta dava direttamente sul salotto, poteva vedere chiunque passasse di lì. Ogni volta che Helena andava da Bastian, l'uomo si girava e iniziava a toccarsi.
Non si smentì neanche quel giorno. Helena suonò il campanello.
"Ehi, ciao..." disse Bastian.
Helena entrò senza neppure guardarlo in faccia. Si recò in camera da letto. Sapeva benissimo che Bastian era innamorato perso di lei. Finalmente lo guardò.
"Sdraiati a letto."
"Helena, non capisco, cosa..."
"Ho detto sdraiati coglione!"
Bastian si sdraiò. Non osava neppure pensarci. Aveva atteso a lungo quel momento, l'aveva sognato in ogni minimo particolare, sognato di slacciarle il reggiseno, di baciarla teneramente e possederla con tutto l'amore del mondo. Le scopate degli innamorati sono sempre così melodrammatiche.
Helena si mise a cavalcioni, strappò via la cintura e abbassò la cerniera senza troppi complimenti. Poi con una mano iniziò a massaggiarglielo mentre con l'altra si levava i pantaloni. Bastian continuava a sognare, probabilmente non si era ancora reso conto di nulla. Sempre così in aria gli innamorati, sempre a sognare.
Helena lo lasciò scivolare dentro. Si dimenava furiosa, e il suo corpo così piccolo e gracile svuotò in pochi minuti l'anima del povero Bastian, che fissava con gli occhi sgranati quello strano spettacolo. Sul comodino, accanto al libro di anatomia aperto, c'era il portafogli. Helena, continuando a dimenarsi, sfilò via 60 euro. Poi, con pochi ultimi gesti, completò il suo compito.

Bastian non si mosse dal letto. Troppi mesi a sognare, troppi mesi a lenire le piaghe dell'amore. Era flaccido, un provinciale sognatore, e se ne stava lì a fissare la parete con gli occhi sgranati mentre Helena usciva dall'appartamento. L'uomo grasso guardava la tv nel suo salotto, ma Helena era sicura che si era fatto la sega migliore della sua vita. Dal canto suo, lei sapeva già dove andare. Era nervosa e sudava sudava sudava. Percorse i pochi passi che la separavano dalla stazione. Non riusciva a pensare ad altro. Non era neanche passata a casa sua. Erano ormai le 6 e mezzo. Salì gli scalini della stazione e si mise a camminare nervosamente per la banchina. Ancora quella presenza, costante e ingombrante. Gente ovunque come una condanna. La metro arrivò immediatamente.

"Tieni e vaffanculo."
"Mi hai preso alla lettera, tesoro. Quanti ne hai fatti? Due? Tre?"
"Fottiti."
Mentre scioglieva la roba si rese conto che quasi nessuno si bucava da solo. Di solito erano gruppi di due, tre persone. Lei era sola. Era a Berlino da 8 anni. Ci era venuta quasi per caso, un viaggio con degli amici che avevano qualche parente in città. Era stata risucchiata dal fascino di quelle luci, Berlino suggeriva una sensazione materna, protettiva a chiunque fosse in grado di pensare con la propria testa. Sembrava il paradiso degli incompresi, dei diversi. Forse l'aveva convinta il sapore che la solitudine aveva in quella città. Solo anni dopo avrebbe capito che la solitudine è un dissennatore multiforme, con l'istinto di un lupo affamato. I suoi amici si erano stancati di girarle intorno; i suoi genitori ormai la consideravano poco meno che una puttana, e non mancava molto che avessero ragione. Bastian... Lei non amava Bastian. Bastian era un provinciale, una checca, un coglione con il camice addosso, Bastian meritava una famiglia vera, una moglie amorevole, dei figli, una bella casa. Bastian non meritava una puttana. Gli avrebbe stroncato sul nascere la carriera, e tra l'altro sentiva la sua sborra tra le gambe, se non avesse già deciso tutto poteva persino sfornargli un bel bambino e sbatterglielo in faccia. Già, poteva fare di lui ciò che voleva. Bastian era disposto a sacrificare tutto per lei. Povero idiota. Povero, dolce idiota...

Le vene erano tunnel di luce, si lasciò stuprare ancora una volta, durava sempre meno merda, quasi quasi era meglio il cazzo di Bastian e vortici e la Consapevolezza in persona accoltellò il Senso e disse verrà l'uomo e vi salverà non temete dal vangelo secondo Matteo e poi luci e luci e luci...
Un uomo le scansò il braccio dal cesso e pisciò senza troppi riguardi.

Le restavano tre dosi. Gironzolò per la città senza la minima idea di dove andare. Che cazzo ci faceva lì? Sembra tutto così vuoto, merda, un puntino solo, SOLO. Le speranze giacevano sull'asfalto come la pelle morta di un serpente, Gesù era un ago e Dio era merda bianca, l'unico sedativo efficace contro l'orrore. Provava orrore di se stessa, di ciò che era diventata ma soprattutto della sua stessa natura, a priori, perchè i filosofi credevano di addomesticare l'orrore con i loro concetti e invece non c'è che orrore in ogni angolo e tutto ciò che possiamo fare è rassegnarci e amare qualcosa, sostituire Dio o l'eroina con un po' d'amore, turarsi il naso e credere che sia tutto accettabile, possiamo ingoiarlo e avvelenarci d'illusioni. Non abbiamo scampo, ma qualcuno riesce ad accettarlo. Amano e si accontentano, anche sei più bravi restano i mediocri, la stragrande maggioranza di quella gente puzzolente se la godeva e come cazzo facessero a esistere per così tanto tempo senza mai porsi una domanda era un mistero. Il cielo si spogliava lentamente e mostrava la sua nudità, lentiggini di stelle e l'infinita bellezza del mistero, finalmente si poteva lanciare l'anima in una folle corsa, masturbare la propria vita in quello spettacolo di onnipotenza e soffocarci dentro come un'overdose...

Arrivò a casa. Gettò il giubbotto sul tavolo. Prese un cucchiaio e mise in acqua le tre dosi che le restavano. Tremava. Provò a mentire a se stessa un'ultima volta. Non poteva farlo. Non poteva rovinare l'unica persona che l'avesse mai amata davvero. Prese la siringa. Non poteva, lui aveva un futuro, lei era uno sputo inutile. Uscì fuori in balcone. Tremava sempre di più, Piangeva, piangeva e piangeva. Non era giusto tutto quello, forse il peggior essere umano del mondo non meritava la solitudine, nessuno meritava la solitudine. La morte, non la solitudine. Pensò alla scopata del pomeriggio, si maledisse ancora una volta per non averlo abbracciato, stretto forte un'ultima volta. Bastian non le avrebbe mai visto le tette. Il cielo sopra Berlino era di un azzurro boreale splendido, la città era uno spettacolo di luci ai suoi piedi. Provò un senso di pace, poi un orgasmo, poi mille orgasmi, poi le sembrò di dissolversi...

1 commenti:

Fioralba ha detto...

meglio dissolversi nel nulla... quando ti rendi conto che il mondo funziona al contrario, che è la gente sensibile a pagare il prezzo più alto.... è meglio dissolversi!!! complimenti JAck