martedì 7 febbraio 2012

Incubo

Eravamo al rockerilla, anche se ricordavo fosse nella nazionale di Monforte, direi accanto al rifornimento. Era un locale cupo, con poche luci.Sembrava un cubo di penombra. Eravamo lì da una serata intera, c'era Irene, da qualche parte Mariaelena, due nerd simpatici che conobbi meglio nei cessi mentre facevano uno scherzo.Dopo un po' vennero anche i miei genitori. La cosa andò avanti al nostro tavolo, finchè successe qualcosa.Il tavolo sparì, al suo posto una fontana a cascate in cui eravamo tutti. Mio padre, in acqua ma proprio nella parte più in basso della fontana, vicino all'uscita, iniziò a imprecare contro tutti. Diceva che non ne poteva più, che si era rotto i coglioni di quei cretini e voleva andarsene, e quando due ragazze finirono nel suo piano di fontana-piscina ne uscì indignato. Sparì. Con lui sparì la fontana e dopo un breve attimo in cui tutti si prepararono ad andare restai solo. Con me c'era solo la proprietaria e uno dei nerd rimasto lì. Ero nervoso e teso, e la proprietaria se ne accorse. Nel prendere il mio giubbotto dall'attaccapanni feci cadere tutto, facevo le cose con foga, avevo una strana paura addosso. Il locale era sempre più buio. Su un divanetto c'erano la sciarpa e il giubbotto della mia ragazza. Li presi e uscii. Con mia incredibile sorpresa vidi che era giorno. Controllai l'ora, era mezzogiorno. Andai a cercare la macchina. Le macchine stavano parcheggiate a formare un labirinto in uno spiazzo che per tre lati era circondato da palazzine in stile liberty, il quarto dava sulla nazionale. Il sole mi rassicurò e terrorizzò allo stesso tempo. Lì decisi di tentare la prima chiamata ai miei genitori. Provai a comporre il numero di casa, ma non riuscivo a digitare i 9, al loro posto digitavo 3 e così preso dalla foga sbagliavo in continuazione. Decisi di lasciar perdere e mettermi in viaggio. Mi ritrovai alla fine di Via Medici a Milazzo, a metà della Marina. Dovevano essere le sette, era buio ma molta gente passeggiava e i negozi erano aperti. Io ero terrorizzato, non riuscivo ad avere percezione del tempo, tutto mi sembrava lontano e i suoni erano ovattati, non c'era connessione tra ciò che mi accadeva e ciò che volevo. Vidi una ragazza senza volto tra la folla, non so perchè la riconobbi e mi avvicinai. Per un attimo lei mi confortò, poi suo padre, un omaccione russo anch'egli senza volto di nome ...nnikov prese a inseguirmi. Mi rifugiai in marina, esausto e terrorizzato, prima dietro dei bambini, poi dietro un passante. Poco più avanti questo passante mi sorrise e mi ficcò un ago in braccio. Sentii un'ondata di piacere mista a terrore, inizia a urlare FINISCIMI TI PREGO UCCIDIMI TI PREGO NON CE LA FACCIO PIU' ma lui conservò il suo sorriso comprensivo e tutto si offuscò. Mi ritrovai in una stanza bianca, asettica, d'ospedale. Ero legato, insieme a me nella stanza un dottore e una coppia, maschio e femmina. Io ero su un lettino. La luce era forte ma non c'erano finestre. La donna si spogliò e si distese su un lettino. Capii che avrei dovuto scoparla io. Capii anche che era perchè lei voleva un figlio. Lei se ne stette distesa sulla pancia, io la feci godere ma avevo ancora il terrore addosso, cosa ci facevo lì che cazzo stava succedendo? Tutto accadeva a scatti, senza logica, senza nulla. Quando stavo per venire le dissi "afferra un preservativo!" lei me lo porse, lo misi e venni. Lei si infuriò per questo e mi ritrovai ancora legato, disperato piansi e invocai i miei genitori, qualcuno che mi liberasse da quell'eterno tormento Dio mio. In qualche modo scoprii di essere a casa, in cucina, era buio e accesi una delle luci. Ero svuotato, ma stavolta riuscii a comporre il numero. Mia madre rispose, fu il paradiso. Agonizzante ma libero me ne stetti ad aspettare il loro ritorno, mio padre urlava che mi ero ubriacato e per questo raccontavo tutte quelle cazzate. Poi sentii qualcosa.
Era il mio cuscino.
Il mio letto.
Un messaggio.
Merda, era solo un sogno.
Quanto possono esser brutti i sogni...

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