domenica 8 gennaio 2012

La sera è strafatta come noi, galleggiamo nel flusso del tempo, galleggiamo lasciandoci trasportare, aspettando tra le increspature leggere della luce la salvezza. All'ombra di un faggio aspettiamo di possederci, alberi e sulle pareti della camera da letto cola la musica dei Radiohead, di là, scandisce la futilità di una vita senza l'eroina del desiderio. Si schiude il nocciolo dell'universo, e il calore spazza via il gelo che si annida nelle mie viscere. Apri le tue porte, riempiti di me, lascia che io ti riempia. Stringo la tua spalla fragile, lascio il mio sguardo sul tuo viso come un lupo affamato tra le nevi del Canada, il Satori è custodito in te e tu lo porti su di me. Occhi di ghiaccio all'inferno. Possiedimi, lascia scivolare il tuo ventre sul mio come una carezza. Il cielo non ha forma in te, non ho che te. E' un limbo, giaccio inerme, inerte. Tu sei là fuori, e dentro qualcosa pompa un'immaginifica luce nelle mie vene, non c'è più demarcazione tra noi, non c'è più via di fuga. Non c'è che un epicentro. Urla godi estasi estasi e ancora estasi e non c'è altro, non c'è un cazzo di niente.
Un cazzo di niente.
Non cresce più poesia.

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