Milazzo e il suo promontorio di fronte evocano una certa eleganza che rimandiamo da mesi. Per la precisione quasi cinque. Dal finestrino appannato vedo le luci della petroliera. Mi coinvolgono per un po', poi la lascio lì.
E' meravigliosa.
Non riesco a saziarmi di quel volto,così morbido e bello. Ammiro la forma dei suoi fianchi.
Continuo a restare spiazzato, una donna, nuda, per me.
Il mare, quel costante retrogusto d'estate come spezia sul nostro legame.
Ogni tanto, tra una scopata e l'altra, parliamo. Io le racconto del mio comunismo e della rivoluzione. Lei racconta della sua quotidianità, e provo un forte desiderio di farne parte. Non che non ne faccia parte, ma vorrei condividerla con lei.
Spesso mi chiedo se sia giusto. Intendo vivere in questo modo, farsi, scoparsi, spendere i soldi lavorati dai propri genitori e nient'altro. Nient'altro. L'amore certo, ottima giustificazione. Ma è giusto non far nulla, amare e farselo bastare?
Cazzo, certo che è giusto.
Se potessi, passerei tutta la mia vita così.
Scriverei un libro di merda, tipo Baricco o meglio ancora Fabio Volo, farei un sacco di soldi e me ne andrei a vivere tra Berlino e Barcellona, per poi tornare di tanto in tanto in quello scorcio che non so nemmeno come si chiami. Ma è splendido il nostro scorcio. Ci mettiamo sempre dopo i lampioni, l'oscurità non è totale ma è meglio così. Ammiriamo l'elegante promontorio di Milazzo, le psichedeliche luci della raffineria, le onde del mare e a volte la luna e le stelle. In realtà lo facciamo poco, la maggior parte del tempo passa a contemplare i nostri corpi. Così estranei a noi, in fondo. Eppure io mi riconosco nel mio corpo. Vorrei essere più forte per farla godere di più, vorrei anche essere più affascinante nelle mie espressioni. Mi piaccio solo quando sono un po' più serio. Lei è splendida. C'è un'armonia totale tra il suo bianco latteo corpo da Dea della Caccia, le sue tette timide e rosate, quel viso ambiguo tenero/erotico nel giro di un bacio e tutto ciò che porta dentro di sé. E' una mia opinione.
Mi piacerebbe scriverle poesie, belle frasi e belle parole. Mi piacerebbe dirle che ho bisogno di lei, e questo è più facile.
Queste notti sembrano avere un senso. Torno a casa esausto, e la stanchezza mi ricorda lei. Evoco il suo viso con grande facilità. Mi lascio rubare l'anima.
No. Non serve proprio nient'altro.
E anzi, se fosse possibile, bisognerebbe avere ancora meno.
giovedì 26 gennaio 2012
martedì 24 gennaio 2012
Credo che ci voglia un dio ed anche un bar. Ma soprattutto un bar.
L’altro giorno un mio amico mi chiedeva che senso avesse ancora tenere un blog –seppure collettivo e democratico come il Morgana. Gli ho risposto che non lo sapevo, e forse l’avevo fondato e continuavo a scriverci proprio per questa ragione.
E stasera in macchina, mentre torno a casa da una festa, ripenso ad un po’ di cose che non so –ma solo poche, che sennò non mi basterebbe il tempo di questo tragitto in auto.
Non so cosa c’entro con questi australiani cresciuti in un credo di bottiglie e cemento, con le case tutte uguali e le regole ben definite. Cosa c’entro io, santone di Big Sur con la barba lunga e le cicatrici ovunque, con un posto dove, se odi centri commerciali e Suv, già sei fuori per metà. Cosa c’entrano questi ragazzi muscoli e pancia di birra, queste ragazze cosce sode e gran sorrisi, cosa c’entro io con loro, che sembrano cresciuti in una festa infinita, che non hanno visto guerre o miseria e nemmeno le loro tristi conseguenze. Loro che non hanno molto di cui parlare, che sono freschi nuovi vincenti, che bevono non per nascondere un dolore, per un rimedio antico, per spegnere voci e ricordi ma solo per farlo, perchè così gli hanno detto, perchè non sono riusciti a pensare a niente di diverso.
Non so cosa sta facendo un amico, che per ora si trova dall’altra parte del mondo, e che raccoglie cambiali dalla Fortuna con un sorriso beffardo, come chi non ci crede ma lo fa lo stesso. Vorrei che quest’amico fosse qui in questa macchina, vorrei che spremesse fuori tutto quello che so che si è tenuto dentro come un punto nero che è lì da parecchio, vorrei che parlassimo delle nostre cazzate come sempre succede e che poi ci fermassimo da qualche parte a farci una birra che i ragazzi australiani non potrebbero capire. E vorrei che la Fortuna cominciasse a pagargli gli arretrati ma so che quella troia ama farsi pregare.
Non so se i quattro sono svegli, se magari si stanno riprendendo da un doposbronza o stanno andando al lavoro o sono semplicemente a cazzeggiare. Mi sorprendo più volte di quelle che immaginano a pensare a loro, a cose semplici, quello che fanno, come passano il venerdì, cosa si dicono tra loro, cosa pensano da soli. Come se fosse d’accordo con loro, all’improvviso la radio passa una canzone che mi ricorda la scorsa estate, che di estate aveva ben poco. Eppure, poche estati sono state così folli, intense, selvagge, divertenti. Non so dove siete, ma grazie.
Non so se lei ha già preso sonno, e non so quanto è dura vivere con me, ora come sempre. Per me è sempre stata tosta sopportarmi, figuriamoci per gli altri. Avere per casa un vendinuvole come me, coi miei alti bassi e bassissimi, col mio umore alle stelle e per terra, le mie tragedie e i miei giorni di sole e la mia mancanza di vie di mezzo, i miei quaderni sempre in giro insieme alle mutande e i miei ricordi sparsi sul pavimento, beh insomma, ci vuole coraggio. Non so come fa, ma sono contento che lo faccia.
Non so cosa sta facendo un sacco di altra gente a cui penso spesso, e che so che in un modo o nell’altro leggerà tutto questo. Le liste non mi piacciono e i nomi nemmeno, ma se state leggendo queste righe, ovviamente sapete chi siete. E beati voi che lo sapete.
Non so cosa ne sarà di questo mio 2012 appena cominciato, che per me anni e anniversari e compleanni non sono mai contati un cazzo, però ho bisogno di un punto, di un qua si comincia, perchè la mia mente è creativa e fancazzista e si perde facilmente e non voglio che succeda perchè sono stanco, perchè sto mirando alla luna sbagliata da troppo tempo, perchè le parole mi restano bloccate dentro e io non so più come andarle a cercare, a convincerle a venir fuori a riveder le stelle, e così decido che questo 2012 deciderà tutto, deciderà se questo battere barcollante sulla tastiera è vero o è un gioco, se questo trucchetto che mi sono portato dietro da tempi lontani e bui ha ancora un senso (ne ha uno nuovo) o è meglio che mi dedichi ai cruciverba e a lavare la macchina la domenica. Deciderà se sono diverso o solo diversamente cazzone.
E mentre decido, penso anche che sia ora, per me, di trasferirmi in un’altra stanza, dalla quale farò avanti e indietro. Nessun problema, scrivero' le mie frescacce anche da un'altra parte, tutto qui. Al Morgana non rinuncio, ovviamente. Dove cazzo mai lo potrei trovare un altro mojito così?
Sarà un 2012 tosto, amici belli. Tenetevi forte e continuate a non sapere, e a voler scoprire. E’ quello che ci tiene vivi.
Ci vediamo al solito bar.
E stasera in macchina, mentre torno a casa da una festa, ripenso ad un po’ di cose che non so –ma solo poche, che sennò non mi basterebbe il tempo di questo tragitto in auto.
Non so cosa c’entro con questi australiani cresciuti in un credo di bottiglie e cemento, con le case tutte uguali e le regole ben definite. Cosa c’entro io, santone di Big Sur con la barba lunga e le cicatrici ovunque, con un posto dove, se odi centri commerciali e Suv, già sei fuori per metà. Cosa c’entrano questi ragazzi muscoli e pancia di birra, queste ragazze cosce sode e gran sorrisi, cosa c’entro io con loro, che sembrano cresciuti in una festa infinita, che non hanno visto guerre o miseria e nemmeno le loro tristi conseguenze. Loro che non hanno molto di cui parlare, che sono freschi nuovi vincenti, che bevono non per nascondere un dolore, per un rimedio antico, per spegnere voci e ricordi ma solo per farlo, perchè così gli hanno detto, perchè non sono riusciti a pensare a niente di diverso.
Non so cosa sta facendo un amico, che per ora si trova dall’altra parte del mondo, e che raccoglie cambiali dalla Fortuna con un sorriso beffardo, come chi non ci crede ma lo fa lo stesso. Vorrei che quest’amico fosse qui in questa macchina, vorrei che spremesse fuori tutto quello che so che si è tenuto dentro come un punto nero che è lì da parecchio, vorrei che parlassimo delle nostre cazzate come sempre succede e che poi ci fermassimo da qualche parte a farci una birra che i ragazzi australiani non potrebbero capire. E vorrei che la Fortuna cominciasse a pagargli gli arretrati ma so che quella troia ama farsi pregare.
Non so se i quattro sono svegli, se magari si stanno riprendendo da un doposbronza o stanno andando al lavoro o sono semplicemente a cazzeggiare. Mi sorprendo più volte di quelle che immaginano a pensare a loro, a cose semplici, quello che fanno, come passano il venerdì, cosa si dicono tra loro, cosa pensano da soli. Come se fosse d’accordo con loro, all’improvviso la radio passa una canzone che mi ricorda la scorsa estate, che di estate aveva ben poco. Eppure, poche estati sono state così folli, intense, selvagge, divertenti. Non so dove siete, ma grazie.
Non so se lei ha già preso sonno, e non so quanto è dura vivere con me, ora come sempre. Per me è sempre stata tosta sopportarmi, figuriamoci per gli altri. Avere per casa un vendinuvole come me, coi miei alti bassi e bassissimi, col mio umore alle stelle e per terra, le mie tragedie e i miei giorni di sole e la mia mancanza di vie di mezzo, i miei quaderni sempre in giro insieme alle mutande e i miei ricordi sparsi sul pavimento, beh insomma, ci vuole coraggio. Non so come fa, ma sono contento che lo faccia.
Non so cosa sta facendo un sacco di altra gente a cui penso spesso, e che so che in un modo o nell’altro leggerà tutto questo. Le liste non mi piacciono e i nomi nemmeno, ma se state leggendo queste righe, ovviamente sapete chi siete. E beati voi che lo sapete.
Non so cosa ne sarà di questo mio 2012 appena cominciato, che per me anni e anniversari e compleanni non sono mai contati un cazzo, però ho bisogno di un punto, di un qua si comincia, perchè la mia mente è creativa e fancazzista e si perde facilmente e non voglio che succeda perchè sono stanco, perchè sto mirando alla luna sbagliata da troppo tempo, perchè le parole mi restano bloccate dentro e io non so più come andarle a cercare, a convincerle a venir fuori a riveder le stelle, e così decido che questo 2012 deciderà tutto, deciderà se questo battere barcollante sulla tastiera è vero o è un gioco, se questo trucchetto che mi sono portato dietro da tempi lontani e bui ha ancora un senso (ne ha uno nuovo) o è meglio che mi dedichi ai cruciverba e a lavare la macchina la domenica. Deciderà se sono diverso o solo diversamente cazzone.
E mentre decido, penso anche che sia ora, per me, di trasferirmi in un’altra stanza, dalla quale farò avanti e indietro. Nessun problema, scrivero' le mie frescacce anche da un'altra parte, tutto qui. Al Morgana non rinuncio, ovviamente. Dove cazzo mai lo potrei trovare un altro mojito così?
Sarà un 2012 tosto, amici belli. Tenetevi forte e continuate a non sapere, e a voler scoprire. E’ quello che ci tiene vivi.
Ci vediamo al solito bar.
Ancestrale
Le sue mani odoravano di cazzo. Quell'odore di sudore misto a pesce marcio, anche se il pesce marcio si sentiva poco. Si era lavato abbastanza bene nel pomeriggio. Stava sdraiato sul divano a non far nulla, stava accasciato e privo di stimoli a viversi addosso. Solo un po' d'erba gli faceva compagnia. La sua compagna era al lavoro.
"A 37 anni dovresti trovarti un lavoro come si deve, con la tua intelligenza poi!"
Ripeteva sempre la stessa cazzata, la sua compagna.
E lui rimpiangeva gli anni in cui frequentava l'università e la sua compagna era una stonata diciottenne assatanata.
Suonò il campanello. Il paese era sempre stato tranquillo, cinquemila anime che campavano onestamente. L'unico divertimento era vedere i rumeni scazzottarsi ubriachi, o prendere per il culo qualche assessore. Molti avevano la mania della caccia. Se la portavano dietro dai loro venti, trenta o quarant'anni, quando erano gli anni '10. Non era cambiata, la loro dipendenza dalla caccia. Così giocherellavano coi walkie-talkie, compravano cartucce da 20 euro e allevavano cani, tantissimi cani che abbaiavano e abbaiavano e abbaiavano. Rispecchiavano i loro padroni, avevano praticamente una sola funzione. Non si capiva mai dove trovassero i soldi per conciliare la passione per la caccia con le loro orrende, grasse, gialle mogli. Gialli i denti, gialla la pelle, gialli i capelli unti, un lavoro da assistente al bancone dei salumi per permettersi un paio di stivali o una borsa che il marito non regalerebbe mai. Stanno al bar, sempre al bar. Dove trovano i fottuti soldi? Quando lavorano? Pare siano guardie forestali. Merda, ce n'è uno per ogni albero. Comunque hanno un qualche impiego che assume un aspetto del tutto secondario, pari a quello delle mogli. Alcuni hanno sprecato la loro gioventù a inseguire cinghiali. Altri ci hanno consacrato la vecchiaia. Stimo più questi ultimi. In ogni caso a loro non frega nulla del governo, di ciò che succede e neanche del sesso, se non nella sfera dei loro racconti cazzoni. Non fosse per tutte quelle energie spese a vuoto potrei anche unirmi a loro.
Io preferisco farla ristagnare, la mia energia. E' una palude bonificata dal sesso. Cioè, lo era visto che sto scrivendo un racconto ambientato tra vent'anni. Quindi direi che lo era, e quindi allora non avevo che il sesso e mi sentivo bene quando mi addormentavo con lo scroto svuotato, i muscoli esausti e un sorriso beato in faccia. Non facevo un cazzo proprio come adesso, ma allora era molto più bello, perché c'era la filosofia, permeava un qualche senso da quelle giornate inutili e inerti. Sono due persone diverse, quel me di vent'anni fa visto da questo racconto e la persona di cui stavo scrivendo. E' necessario sia così.
Insomma, non posso star qui a descrivere tutte le mediocrità di quel paese, non fosse altro che sono le stesse di vent'anni prima/adesso. Chissà se si inneggerà ancora al Duce.
Insomma, suonò il campanello. L'appartamento, dicevo, si trovava poco sopra il famoso bar, al terzo piano. Era accogliente e c'era una bella vista per chi amava il verde. Io preferivo i colori dell'autunno e dell'inverno. D'estate c'era un caldo fottuto, il sole picchiava proprio sopra, non c'erano altri piani, solo la terrazza. Cazzo, il fottuto campanello. Andò ad aprire, con mio sommo sbigottimento.
Era lei. Non la sua compagna, non una delle sue amanti, non una qualunque. Era lei.
Quando ci parlava per chat oscillava sempre tra la voce della sua coscienza e la voglia di sbattersela che solo violare la propria coscienza può accendere. In fondo aveva 14 anni, non così pochi. Era già sessualmente matura, un bel corpicino morbido e lo sguardo di chi porterà fieramente le cicatrici della vita sulla pelle. Inoltre, l'ingenuità stampata sul suo viso. Merda, era più arrapante di una torta alla meringa. E stava lì, a fissarlo.
Disse "Ciao."
Poi disse "Sono venuta a trovarti, proprio come mi avevi detto."
Poi disse "Posso entrare?"
Al che fece cenno di si e si scansò.
Lei si mise a osservare il mobile sul corridoio, poi andò in salotto e si sedette sul divano dove prima agonizzava inquieto il nostro.
Poi disse "Sei da solo?"
Lui la raggiunse e le si sedette accanto, il fuoco dentro e nessuna via d'uscita, faccia a faccia con la situazione. "Pare di si", profferì con un filo di voce.
Lei guardò il portatile appoggiato al tavolinetto. Dopo si alzò in piedi.
Gli si mise di fronte.
Iniziò uno spogliarello, ingenuo e maledettamente consapevole allo stesso tempo.
Il nostro non sapeva cosa dire, ce l'aveva duro da quando lei era in quella casa e non era affatto in grado di fermarla.
Aveva delle tettine morbide e il pancino morbido. Si levò anche il reggiseno, e due capezzoli piccoli piccoli videro la luce. Si levò i pantaloni, e le mutandine bianche e leggere custodivano una piccola fichina pelosa. Si levò anche le mutandine, sbottonò i suoi pantaloni con prepotenza e con prepotenza glielo tirò fuori e lo ficcò al caldo. Lui era completamente inebetito, e si lasciò possedere senza capire cosa stesse succedendo.
Fu una cosa breve, era stato colto alla sprovvista e non seppe contenere l'eccitamento. Quel corpo morbido, quella voce adolescente... solo 14 anni, Dio suo cosa aveva combinato, e com'era stato fottutamente bello...
Lei si accese un sigaretta. Fu allora che, recuperata la lucidità, le domandò se fosse vergine.
"Ho 14 anni, mica sono una bambina! Ho già fatto sesso 5 volte, e volevo provare con uno che sapesse farlo davvero, non quei mocciosi. E' stato fantastico. Possiamo rifarlo, vero? Non dirò nulla a tua moglie."
"E' la mia compagna."
"Ok, non dirò nulla alla tua compagna allora."
Cazzo, cazzo, cazzo.
In quel paese dove nulla accadeva senza diventare patrimonio comune, quella storia squarciò la mediocrità borghese dell'esistenza che migrava senza soluzione di continuità da un attimo all'altro. Si chiese in quei minuti di terrore se fosse concesso a un uomo soddisfare quelle che in fondo nascevano come scariche di adrenalina proibita alla routine, se fosse lecito scoparsi (o meglio, farsi scopare) da una 14enne arrapata solo per fare qualcosa, solo per sfidare la noia. No, non lo era.
Pensò tutte queste cose, finché l'eiaculazione non le sputò con se sul pavimento del bagno. "E' incredibile quanti viaggi mentali ci si può fare con una sega", pensò mentre immaginava di scrivere un racconto su un uomo maturo che immagina di scoparsi una 14enne mentre si masturba e che infine pensava "E' incredibile quanti viaggi mentali ci si può fare con una sega".
C'è un senso del limite a tutto, tranne che nel punto in cui i pensieri trascendono la sovrastruttura. Ognuno guardi il proprio ancestrale e non rompa i coglioni.
"A 37 anni dovresti trovarti un lavoro come si deve, con la tua intelligenza poi!"
Ripeteva sempre la stessa cazzata, la sua compagna.
E lui rimpiangeva gli anni in cui frequentava l'università e la sua compagna era una stonata diciottenne assatanata.
Suonò il campanello. Il paese era sempre stato tranquillo, cinquemila anime che campavano onestamente. L'unico divertimento era vedere i rumeni scazzottarsi ubriachi, o prendere per il culo qualche assessore. Molti avevano la mania della caccia. Se la portavano dietro dai loro venti, trenta o quarant'anni, quando erano gli anni '10. Non era cambiata, la loro dipendenza dalla caccia. Così giocherellavano coi walkie-talkie, compravano cartucce da 20 euro e allevavano cani, tantissimi cani che abbaiavano e abbaiavano e abbaiavano. Rispecchiavano i loro padroni, avevano praticamente una sola funzione. Non si capiva mai dove trovassero i soldi per conciliare la passione per la caccia con le loro orrende, grasse, gialle mogli. Gialli i denti, gialla la pelle, gialli i capelli unti, un lavoro da assistente al bancone dei salumi per permettersi un paio di stivali o una borsa che il marito non regalerebbe mai. Stanno al bar, sempre al bar. Dove trovano i fottuti soldi? Quando lavorano? Pare siano guardie forestali. Merda, ce n'è uno per ogni albero. Comunque hanno un qualche impiego che assume un aspetto del tutto secondario, pari a quello delle mogli. Alcuni hanno sprecato la loro gioventù a inseguire cinghiali. Altri ci hanno consacrato la vecchiaia. Stimo più questi ultimi. In ogni caso a loro non frega nulla del governo, di ciò che succede e neanche del sesso, se non nella sfera dei loro racconti cazzoni. Non fosse per tutte quelle energie spese a vuoto potrei anche unirmi a loro.
Io preferisco farla ristagnare, la mia energia. E' una palude bonificata dal sesso. Cioè, lo era visto che sto scrivendo un racconto ambientato tra vent'anni. Quindi direi che lo era, e quindi allora non avevo che il sesso e mi sentivo bene quando mi addormentavo con lo scroto svuotato, i muscoli esausti e un sorriso beato in faccia. Non facevo un cazzo proprio come adesso, ma allora era molto più bello, perché c'era la filosofia, permeava un qualche senso da quelle giornate inutili e inerti. Sono due persone diverse, quel me di vent'anni fa visto da questo racconto e la persona di cui stavo scrivendo. E' necessario sia così.
Insomma, non posso star qui a descrivere tutte le mediocrità di quel paese, non fosse altro che sono le stesse di vent'anni prima/adesso. Chissà se si inneggerà ancora al Duce.
Insomma, suonò il campanello. L'appartamento, dicevo, si trovava poco sopra il famoso bar, al terzo piano. Era accogliente e c'era una bella vista per chi amava il verde. Io preferivo i colori dell'autunno e dell'inverno. D'estate c'era un caldo fottuto, il sole picchiava proprio sopra, non c'erano altri piani, solo la terrazza. Cazzo, il fottuto campanello. Andò ad aprire, con mio sommo sbigottimento.
Era lei. Non la sua compagna, non una delle sue amanti, non una qualunque. Era lei.
Quando ci parlava per chat oscillava sempre tra la voce della sua coscienza e la voglia di sbattersela che solo violare la propria coscienza può accendere. In fondo aveva 14 anni, non così pochi. Era già sessualmente matura, un bel corpicino morbido e lo sguardo di chi porterà fieramente le cicatrici della vita sulla pelle. Inoltre, l'ingenuità stampata sul suo viso. Merda, era più arrapante di una torta alla meringa. E stava lì, a fissarlo.
Disse "Ciao."
Poi disse "Sono venuta a trovarti, proprio come mi avevi detto."
Poi disse "Posso entrare?"
Al che fece cenno di si e si scansò.
Lei si mise a osservare il mobile sul corridoio, poi andò in salotto e si sedette sul divano dove prima agonizzava inquieto il nostro.
Poi disse "Sei da solo?"
Lui la raggiunse e le si sedette accanto, il fuoco dentro e nessuna via d'uscita, faccia a faccia con la situazione. "Pare di si", profferì con un filo di voce.
Lei guardò il portatile appoggiato al tavolinetto. Dopo si alzò in piedi.
Gli si mise di fronte.
Iniziò uno spogliarello, ingenuo e maledettamente consapevole allo stesso tempo.
Il nostro non sapeva cosa dire, ce l'aveva duro da quando lei era in quella casa e non era affatto in grado di fermarla.
Aveva delle tettine morbide e il pancino morbido. Si levò anche il reggiseno, e due capezzoli piccoli piccoli videro la luce. Si levò i pantaloni, e le mutandine bianche e leggere custodivano una piccola fichina pelosa. Si levò anche le mutandine, sbottonò i suoi pantaloni con prepotenza e con prepotenza glielo tirò fuori e lo ficcò al caldo. Lui era completamente inebetito, e si lasciò possedere senza capire cosa stesse succedendo.
Fu una cosa breve, era stato colto alla sprovvista e non seppe contenere l'eccitamento. Quel corpo morbido, quella voce adolescente... solo 14 anni, Dio suo cosa aveva combinato, e com'era stato fottutamente bello...
Lei si accese un sigaretta. Fu allora che, recuperata la lucidità, le domandò se fosse vergine.
"Ho 14 anni, mica sono una bambina! Ho già fatto sesso 5 volte, e volevo provare con uno che sapesse farlo davvero, non quei mocciosi. E' stato fantastico. Possiamo rifarlo, vero? Non dirò nulla a tua moglie."
"E' la mia compagna."
"Ok, non dirò nulla alla tua compagna allora."
Cazzo, cazzo, cazzo.
In quel paese dove nulla accadeva senza diventare patrimonio comune, quella storia squarciò la mediocrità borghese dell'esistenza che migrava senza soluzione di continuità da un attimo all'altro. Si chiese in quei minuti di terrore se fosse concesso a un uomo soddisfare quelle che in fondo nascevano come scariche di adrenalina proibita alla routine, se fosse lecito scoparsi (o meglio, farsi scopare) da una 14enne arrapata solo per fare qualcosa, solo per sfidare la noia. No, non lo era.
Pensò tutte queste cose, finché l'eiaculazione non le sputò con se sul pavimento del bagno. "E' incredibile quanti viaggi mentali ci si può fare con una sega", pensò mentre immaginava di scrivere un racconto su un uomo maturo che immagina di scoparsi una 14enne mentre si masturba e che infine pensava "E' incredibile quanti viaggi mentali ci si può fare con una sega".
C'è un senso del limite a tutto, tranne che nel punto in cui i pensieri trascendono la sovrastruttura. Ognuno guardi il proprio ancestrale e non rompa i coglioni.
domenica 22 gennaio 2012
Al principe
Se torna il sole, se discende la sera,
se la notte ha un sapore di notti future,
se un pomeriggio di pioggia sembra tornare
da tempi troppo amati e mai avuti del tutto,
io non sono più felice, né di goderne né di soffrirne:
non sento più, davanti a me, tutta la vita...
Per essere poeti bisogna avere molto tempo:
ore e ore di solitudine sono il solo modo
perché si formi qualcosa, che è forza, abbandono,
vizio, libertà, per dare stile al caos.
Io tempo ormai ne ho poco: per colpa della morte
che viene avanti, al tramonto della gioventù.
Ma per colpa anche di questo nostro mondo umano,
che ai poveri toglie il pane, ai poeti la pace.
(Pier Paolo Pasolini)
se la notte ha un sapore di notti future,
se un pomeriggio di pioggia sembra tornare
da tempi troppo amati e mai avuti del tutto,
io non sono più felice, né di goderne né di soffrirne:
non sento più, davanti a me, tutta la vita...
Per essere poeti bisogna avere molto tempo:
ore e ore di solitudine sono il solo modo
perché si formi qualcosa, che è forza, abbandono,
vizio, libertà, per dare stile al caos.
Io tempo ormai ne ho poco: per colpa della morte
che viene avanti, al tramonto della gioventù.
Ma per colpa anche di questo nostro mondo umano,
che ai poveri toglie il pane, ai poeti la pace.
(Pier Paolo Pasolini)
lunedì 16 gennaio 2012
Alla grande madre Russia e alle fredde nevi di Leningrado
Quindi ritengo che sia necessario coltivare l'idea, diffonderla, far si che ritorni a fluire. Non una non-idea, non il nichilismo dei paradossi né il comunismo "che sa raggiungere la perfetta armonia, per la durata di un concerto". Sarebbe bello, certo, ma ci vuole qualcosa di ancora più grande. Più dell'Oltreuomo, più del grande libro di Miller. Di più, molto di più. La lungimiranza e la caparbietà non appartengono ai vecchi; potremmo considerarli il male della società moderna, in realtà sono il male di qualunque società (società, non comunità). Essi sono colonne portanti della società, essi SONO la società e irretiscono chiunque nella loro società. E' ovunque questa gloriosa società: le sue vittorie rimbombano per il globo, rimbombano come gli echi della morte lì, dove muoiono di fame, di sete, di stenti milioni di persone, lì dove il diritto alla dignità si perde nel dollaro a giornata che sfama bocche logore e sorridenti. E si perde qui, tra le nostre vite avanzate, tra i lumi del benessere mentre ci distribuiscono caviale che sa di scatoletta per gatti. I vecchi ci imprigionano nella convinzione che null'altro sia se non questa società. Oh certamente non tutti; un determinato carattere senile, somigliante ad un tranquillo banchiere padre di famiglia, senza troppi problemi se non una nazione al collasso. E mille altri volti simili.
L'uomo si vanta con la natura di essere un animale razionale, si definisce addirittura intelligente! Ci dev'essere qualche errore, visto che questa vispa creatura non vede intorno a sé la sistematicità con cui si divertono a controllare il mondo: Grecia, Portogallo e Irlanda, Spagna, Italia, adesso la Francia e ancora l'Ungheria... Semmai iniziasse un programma di eugenetica beh, per favore, geni islandesi! Loro hanno capito tutto.
Noi no. La generazione dei sessanta non ha idea di cosa sia il mondo. La generazione dei quaranta è cieca, mastica becera frustrazione tra un insulto al corrotto di turno e una maledizione al denaro che non basta mai.
Restiamo noi, nati tra le macerie del muro e della democrazia, quando sembrava aver trionfato il bene e invece non era che un altro tassello a completare il grande puzzle della globalizzazione. Non ha nulla di sbagliato la globalizzazione. Ha solo bisogno di camminare su gambe diverse, che sappiano pensare e sappiano farlo in maniera diversa. La nostra generazione divide le sue forze tra lo sputtanamento di ogni speranza e la manifestazione della speranza stessa. Non basta. Non possiamo essere 1 ogni 5 ospiti del Grande Fratello. Non possiamo permettercelo. La rivoluzione sarà enorme e magnifica, non avrà pietà di loro se non riusciremo a salvarli. Non possiamo obbligarli, ma è nostro obbligo assoluto mostrargliela. La soluzione. L'alternativa.
Nelle vene della nostra generazione scorre il sangue del futuro, di un futuro che sembra cristallizzato, perché nemmeno i nostri sogni riusciranno a intuire la magnifica grazia della rivoluzione. Ma la rivoluzione si nutrirà del nostro sangue, e il futuro sarà ciò che noi divoreremo, ciò che noi porteremo nella nostra mente.
LUI finirà, e allora il mondo impazzirà. Non importa se avranno già le soluzioni, se miracolosamente presenteranno il nuovo modello di futuro capitalista. Gli arabi non lo accetteranno, il mondo sarà un pullulare di mosche impazzite. Sarà uno spettacolo magnifico.
Se noi ci saremo, questa volta la rivoluzione sarà davvero un nuovo inizio. Gli islandesi direbbero "agaetis byrjun". E allora prepariamo le anime, sperando sia davvero un buon inizio.
A te: ovunque saremo, comunque staremo, qualsiasi cosa succeda, sarà questo progetto a unirci e lo porteremo a termine, uniti una volta ancora, qualsiasi cosa succeda, comunque staremo, ovunque saremo.
L'uomo si vanta con la natura di essere un animale razionale, si definisce addirittura intelligente! Ci dev'essere qualche errore, visto che questa vispa creatura non vede intorno a sé la sistematicità con cui si divertono a controllare il mondo: Grecia, Portogallo e Irlanda, Spagna, Italia, adesso la Francia e ancora l'Ungheria... Semmai iniziasse un programma di eugenetica beh, per favore, geni islandesi! Loro hanno capito tutto.
Noi no. La generazione dei sessanta non ha idea di cosa sia il mondo. La generazione dei quaranta è cieca, mastica becera frustrazione tra un insulto al corrotto di turno e una maledizione al denaro che non basta mai.
Restiamo noi, nati tra le macerie del muro e della democrazia, quando sembrava aver trionfato il bene e invece non era che un altro tassello a completare il grande puzzle della globalizzazione. Non ha nulla di sbagliato la globalizzazione. Ha solo bisogno di camminare su gambe diverse, che sappiano pensare e sappiano farlo in maniera diversa. La nostra generazione divide le sue forze tra lo sputtanamento di ogni speranza e la manifestazione della speranza stessa. Non basta. Non possiamo essere 1 ogni 5 ospiti del Grande Fratello. Non possiamo permettercelo. La rivoluzione sarà enorme e magnifica, non avrà pietà di loro se non riusciremo a salvarli. Non possiamo obbligarli, ma è nostro obbligo assoluto mostrargliela. La soluzione. L'alternativa.
Nelle vene della nostra generazione scorre il sangue del futuro, di un futuro che sembra cristallizzato, perché nemmeno i nostri sogni riusciranno a intuire la magnifica grazia della rivoluzione. Ma la rivoluzione si nutrirà del nostro sangue, e il futuro sarà ciò che noi divoreremo, ciò che noi porteremo nella nostra mente.
LUI finirà, e allora il mondo impazzirà. Non importa se avranno già le soluzioni, se miracolosamente presenteranno il nuovo modello di futuro capitalista. Gli arabi non lo accetteranno, il mondo sarà un pullulare di mosche impazzite. Sarà uno spettacolo magnifico.
Se noi ci saremo, questa volta la rivoluzione sarà davvero un nuovo inizio. Gli islandesi direbbero "agaetis byrjun". E allora prepariamo le anime, sperando sia davvero un buon inizio.
A te: ovunque saremo, comunque staremo, qualsiasi cosa succeda, sarà questo progetto a unirci e lo porteremo a termine, uniti una volta ancora, qualsiasi cosa succeda, comunque staremo, ovunque saremo.
domenica 15 gennaio 2012
2012 e desiderare di vivere negli anni '20 (ma del secolo prima)
Sono a Ferrara, a quanto pare per ben poco, oramai. Sono ufficialmente disoccupata, voglio dire non posso più "vantare" lo stato di studentessa. Il tempo delle mele è finito da un pezzo, mi rendo conto, ma ora la mia nuova condizione me lo esplicita nella sua forma di più crudo parossismo.
Ho portato a casa anche questo mio sudato, ma anche tanto amato, traguardo. Questa volta è stato meno sofferto dal punto di vista pratico, ma anche più sofferto dal punto di vista emotivo.
Ferrara mi ha dato tanto e di certo anche perchè ho avuto il privilegio di godermi lo stato di studentessa fuori sede nella maniera più confortante e profonda possibile. Ora invece l'equilibrio si è spezzato. Sono solo senza un impiego, con le idee confuse in merito al da farsi. Innanzitutto perchè sto decidendo di trasferirmi a Roma (affitto e conguagli cominciano a pesare) ma sono felice e inquieta allo stesso tempo. Se me lo avessero detto che mi sarei sentita così un anno fa, non ci avrei mai creduto. Roma è quasi sempre stato il mio primo amore. Oggi un po' meno. Anche se tornare a Roma significa anche ritrovarlo un po' l'amore. Sciogliermici. Abbandonarmici.
Ieri ho visto "The artist" al cinema. Quei tempi lì, gli anni '20 avevano una magia che i miei tempi hanno perso. Il bianco e il nero e la musica erano forme perfette. Vivere in preda allo scompiglio di tutto questo colore e di queste grida che si affannano a stare sempre più al passo con la tecnologia mi mettono invece un po' di tristezza. La difficoltà di questi tempi rischia di succhiarci la voglia di fare. Di inventarsi. Di investire. Di rischiare.
Questo 2012 temo tanto che non sarà buono come gli anni passati. Scendere tanto in basso purtroppo non implica un rialzo immediato. Ci vorrà tempo. E forza d'animo per non lasciarsi sopraffare. Essere giovani oggi non mi sembra tanto semplice, anche se so che non lo è mai stato.
Ho solo la sensazione che sia più facile appartenere alla terza età e anche questo non è mai stato facile. Oggi invece pare che lo sia. Sarei voluta nascere almeno 30 anni fa... Avrei assistito a ben altra tecnologia, a ben altro sviluppo.
Ho solo l'unico ma immenso privilegio di avere la vita davanti... Ce la mettono comunque in quel posto, perchè essere giovani in qualche modo resterà sempre un privilegio...
Ho portato a casa anche questo mio sudato, ma anche tanto amato, traguardo. Questa volta è stato meno sofferto dal punto di vista pratico, ma anche più sofferto dal punto di vista emotivo.
Ferrara mi ha dato tanto e di certo anche perchè ho avuto il privilegio di godermi lo stato di studentessa fuori sede nella maniera più confortante e profonda possibile. Ora invece l'equilibrio si è spezzato. Sono solo senza un impiego, con le idee confuse in merito al da farsi. Innanzitutto perchè sto decidendo di trasferirmi a Roma (affitto e conguagli cominciano a pesare) ma sono felice e inquieta allo stesso tempo. Se me lo avessero detto che mi sarei sentita così un anno fa, non ci avrei mai creduto. Roma è quasi sempre stato il mio primo amore. Oggi un po' meno. Anche se tornare a Roma significa anche ritrovarlo un po' l'amore. Sciogliermici. Abbandonarmici.
Ieri ho visto "The artist" al cinema. Quei tempi lì, gli anni '20 avevano una magia che i miei tempi hanno perso. Il bianco e il nero e la musica erano forme perfette. Vivere in preda allo scompiglio di tutto questo colore e di queste grida che si affannano a stare sempre più al passo con la tecnologia mi mettono invece un po' di tristezza. La difficoltà di questi tempi rischia di succhiarci la voglia di fare. Di inventarsi. Di investire. Di rischiare.
Questo 2012 temo tanto che non sarà buono come gli anni passati. Scendere tanto in basso purtroppo non implica un rialzo immediato. Ci vorrà tempo. E forza d'animo per non lasciarsi sopraffare. Essere giovani oggi non mi sembra tanto semplice, anche se so che non lo è mai stato.
Ho solo la sensazione che sia più facile appartenere alla terza età e anche questo non è mai stato facile. Oggi invece pare che lo sia. Sarei voluta nascere almeno 30 anni fa... Avrei assistito a ben altra tecnologia, a ben altro sviluppo.
Ho solo l'unico ma immenso privilegio di avere la vita davanti... Ce la mettono comunque in quel posto, perchè essere giovani in qualche modo resterà sempre un privilegio...
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