Qualche giorno fa era il 24, tardo pomeriggio. I miei stavano preparando la solita quantità assurdamente eccessiva di cibo per la serata, le varie coppie del palazzo dove vivo stavano intensificando le liti e le urla che andavano avanti già dalla mattina (perchè a Natale siamo tutti più buoni), e anch’io mi apprestavo al solito cenone potenzialmente minaccioso di scene drammatiche, conti in sospeso e via dicendo. Mi è venuto in mente, allora, che dal mio “Non credo” avevo tenuto fuori il cenone di Natale, ma là forse la categoria sarebbe stata più “Mi sta sui coglioni”.
Questa lieta circostanza mi ha fatto pensare ad Assange. Che cazzo c’entra, direte voi, Wikileaks con quello che la mia prof di psicologia clinica definiva “la tragedia più grande di tutte”, cioè il cenone?
Forse niente, forse la mia mente cercava solo pretesti per essere ovunque ma non lì. Però Assange mi ricordava quei ragazzini che capitano ogni tanto in queste cene –sapete, quelli che con due parole sputtanano tutto e tutti. Ragazzini svegli, con le orecchie sempre pronte a captare quello che si dice in cucina e riferirlo in salotto (e viceversa), ragazzini magari stronzi, che lo fanno per tornaconto, per cattiveria, per noia, o anche solo per disinnescare quella grande bomba di cazzate che è il Natale in famiglia.
Ogni famiglia ha i suoi scheletri, le sue brutte storie, i suoi odi profondi, i suoi istinti quasi omicidi, e poi una bella facciata di stucco per far finta che tutto va bene, che i soldi ci sono, che l’amore non ha mai lasciato quella casa, che i genitori credono nei figli e viceversa. E’ un equilibrio al tempo stesso esile e massiccio, perchè anche le altre famiglie si reggono su questo funzionamento. Basta quindi un piccolo tocco, un soffio, qualcosa di imprevisto, e tutto crolla con effetto domino, trascinandosi via finzioni, recite, maschere.
Il bambino Assange (che sarebbe piaciuto un sacco a Pirandello) ha fatto questo. Non ha scoperto niente di chissà che, in fondo. Niente che non immaginassimo già, comunque. Ma un conto è immaginarlo, un altro è saperlo. Gli Usa complottavano contro l’Iran? Il Vaticano copriva i preti pedofili? Lo zio Renato è un alcolizzato che picchia la moglie? E bè? Dov’è la notizia?
La notizia è che è tutto vero. Che gli Usa, il Vaticano, lo zio Renato, non possono più negare. Che tutto quel teatrino dei pupi, quelle finzioni, sono state smontate. Ed è bastato un attimo. E’ bastato un bambino con le orecchie rizzate al momento giusto. E’ questa la vostra diplomazia, il vostro granitico, impenetrabile mondo occidentale? E’ questa la famiglia che dobbiamo onorare?
Il bambino Assange parla, con quel sorrisino, e a tavola ci sono momenti di imbarazzo. La zia Piera e la zia Giovanna, che siedono accanto e fanno gran vista di volersi così bene –ma la zia Piera sa cosa dice di lei la zia Giovanna? E la zia Giovanna sa che la zia Piera le ha fottuto quell’eredità, anni prima? E della casa in campagna, quella da dividere tra i fratelli ma di cui uno di loro già s’è impossessato, ne vogliamo parlare?
Le convenzioni, le formalità, tutto un SISTEMA che andava avanti da sempre, crolla come una scoreggia loffia.
Che fare? Si minimizza, ci si scherza sopra. Le notizie finiscono in fondo al telegiornale, vicine agli incassi del cinepanettone. Vengono ridimensionate, date a pezzetti, snaturate. La zia Piera fa una risatina isterica, chissà che dice quel bambino, eheheh, non ci cerca nemmeno di NEGARE, o di spiegare, è tutto troppo evidente (quella notizia che NON fa notizia), allora si parla della prossima portata, della prossima estate, di vacanze al mare, di ricordi, di prezzi, di calcio...
Se poi il bambino Assange proprio non vuole saperne di tacere, allora si cerca TUTTI INSIEME di stroncarlo. Ma tu, non è che a scuola non stai facendo il bravo per ora? Ma siamo proprio sicuri che poi Babbo Natale ti porterà quella bici che avevi chiesto? Perchè le bici sono solo per i BIMBI BUONI, lo sai...
Il bambino va avanti. La bici viene nascosta, forse per sempre. Le donne violentate cominciano a fioccare, ora in Svezia, domani negli Usa. La priorità ora è di isolarlo. Nessuno parla più con lui, se le circostanze costringono a rivolgergli la parola, lo si fa di malavoglia. Lo sguardo che comunque gli gettano tutti dice una cosa, universale: tu questa la paghi. Tra le finte risate che ricominciano COME SE NULLA FOSSE, con la recita che riprende vigore, tutti pensano: non finisce QUI. Più tardi, quando sarà solo nella sua cameretta, allora...
Il bambino Assange lo sente. Che avesse o meno uno scopo nascosto, subdolo, ora è tardi. Ha detto la verità troppo forte, si è FATTO SENTIRE, e ha scoperto che questo non si deve fare –non a Natale, non nel nostro Paese. Isolato, abbandonato (ma, purtroppo per lui, NON dimenticato), vede questa buffonata andare avanti –ancora più ridicola, grottesca, perchè è stata smascherata, e con questa maschera calata sulla faccia, che lasciava intravedere l’odio, il cinismo, gli interessi, fa ancora finta di essere buona, disinteressata, nobile. Si continua a sapere e ignorare. Ad accettare cose terribili in silenzio, e ad indignarsi per minuzie in pubblico.
Il bambino Assange. Mi viene da pensare che ce ne vorrebbero di più, come lui, ma poi devo lasciar perdere questi discorsi e cominciare a prepararmi. Metto il mio vestito più costoso, le scarpe più belle, il sorriso più falso.
Sono pronto per il mio Cenone di Natale.
Auguri!
lunedì 27 dicembre 2010
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1 commenti:
il bambino Assange è il prototipo dell'innocenza che fa il Natale sempre tanto palesemente schietto, anche se spesso poco "buono"...Ecco, volevo dirlo, anche se a un mese di distanza.
Ps. Sempre Grande, Marco!!
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