sabato 25 settembre 2010

La volta che non cenai col presidente

Lei è uscita dal lavoro ed è venuta a casa mia per cambiarsi. Quando stai con i mezzi non devi mai trascurare l'aspetto logistico di ogni cosa.
Cinque minuti per salutarci, dieci per raccontarci brevemente la giornata e altri dieci per una doccia. Non insieme. Dieci minuti per uno.
Una cena alla scuola sperimentale di cinema. Non è il caso di fare figuracce di fronte ad attori e attrici.

Di fretta penso a come vestirmi. Il pantalone è meglio scuro, così ci piazzo la camicia a righe viola. In quest'altro modo sto bene, ma non voglio essere tutto nero. Però aspetta. Le attrici saranno in tiro, ma gli attori mica tanto. I ragazzi di solito puntano più sulla stravaganza. E poi è una scuola sperimentale, ci sarà pure un motivo se si chiama così.
E se mi mettessi la giacca sopra alla maglietta? Dovrei cambiare anche i pantaloni? Eh sì, a quel punto cambi tutto. Boh.
Sempre più veloce, mi ritrovo nei panni (solo metaforicamente) di una top model a pochi istanti dalla passerella. Cambio e ricambio i vestiti e gli addendi, senza cambiare mai il risultato. Non mi convince. Me lo dovevo comprare, qualcosa di decente per una serata fighetta!

"Ma in fondo non saranno mica tutti in tiro. Voglio dire, non è mica una serata di gala", le dico.
"Non lo so, credo di no. Non dovrebbe essere una serata importante".
"Allora è no per forza. Perché se fosse stata una serata di gala, una serata importante, roba da abito scuro, da giacca e cravatta, da smoking, da papillon, l'avresti sicuramente ricordato. Sarebbe stato scritto sull'invito, e invece non c'è scritto niente del genere".

Mezz'ora dopo, ancora frastornato per l'esperienza da modella, sono in strada con una giacca un po' casual sulla camicia bianca. A volte quando fai le cose di fretta tiri fuori qualche mirabile idea, altre volte solo stronzate. Mentre cammino verso la metro, penso che stasera il mio è un caso a metà.
Lei cammina al mio fianco, con l'highliner e il rossetto che la fanno più donna. Si muove incerta sui tacchi, si appoggia a me per salvarsi la pelle.

A Termini cambiamo, un fiume di persone ci trasporta sulla linea A. Sono le 19 e siamo già in ritardo. Ma in fondo attori e compagnia bella non sono mai puntuali: perché dovremmo esserlo noi?

Quanta polizia, a Cinecittà. Dev'esserci qualcos'altro, oltre alla nostra cena. Chissà, una premiazione forse. Procediamo sul marciapiede fino a quando ci fermano. C'è un gruppetto di persone vestite da serata, accalcate contro delle ringhiere provvisiorie.

"Non si può proseguire", ci dice un poliziotto.
Penso ma come, noi dobbiamo andare a una cena della scuola di cinema. Roba fichissima. Attori, attrici, registi. Cinema. BUFFET DELLA MADONNA, soprattutto. Du iu andestend?
"Ah, ma noi dobbiamo arrivare al numero 1524. Non si può passare"? gli dico.
Il poliziotto guarda gli inviti e poi va da una donna con tailleur nero e camicia bianca, a pochi metri da noi. Lei sì che è in tiro.
"Dovete passare per l'altro ingresso, poi da lì arrivate lo stesso".
"Perfetto. Grazie e buona serata".

All'altro ingresso ci sono più luci e più persone. Uno che sembra il capo della sicurezza urla a un suo ragazzo di dire al tipo nella Punto che non si può entrare con la macchina. Un uomo grosso, col pizzetto e una cartellina, nel trambusto generale ci viene incontro.
"Buonasera".
Gli diamo l'invito e lui ci chiede i nomi.
Prima lei.
"Mi spiace, ma non è sulla lista".
"Sì, ma ho l'invito. Sono stata invitata dal Senatore ROSSI".
"Purtroppo il suo nome non figura, vede? Avrebbe dovuto comunicarcelo. Avrebbe dovuto chiamare e avvisare che veniva. Se vuole però può chiamare il Senatore. Può usare il nostro telefono lì all'accoglienza".
"Ah be'...no, guardi, preferisco non disturbarlo".
"Capisco. Mi spiace signorina, ma sono misure volute dalla Presidenza della Repubblica".
"La presidenza della Repubblica?", faccio io.
"Eh sì. Sono intransigenti, giustamente".

E per fortuna che non era una serata importante.

Al ritorno, di nuovo cambio a Termini. Il fiume di prima si è esaurito, ma ora per colpa dei lavori siamo costretti a fare un lunghissimo giro di peppe. Tunnel e scale mobili, poi ancora tunnel e scale mobil. Poi i tornelli, e poi ancora tunnel e scale mobili. Ma che storia è questa? È una selezione naturale, solo gli individui più forti arriveranno alla linea B. Sembriamo tanti piccoli spermatozoi alle prese con la corsa per la vita. Noi comunque ce la facciamo, e saliamo a bordo.

Scendiamo a Colosseo. Siamo ben vestiti, siamo affamati ed eravamo usciti convinti di mangiare roba di un certo livello in una cornice di un certo livello. Al diavolo tutto e tutti, ci regaliamo una cena fuori, in centro.

Lei cammina al mio fianco col trucco da donna, e si regge a me. Ogni tanto mette il piede in fallo e il mio braccio la salva. Io la prendo in giro, la guardo negli occhi e sorrido. Lei metà donna e metà ragazza. Io metà eroe e metà saltimbanco.


1 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivido pienamente il suo punto di vista. In questo nulla in vi e credo che questa sia un'ottima idea. Pienamente d'accordo con lei.
E 'vero! Penso che questo sia una buona idea.