lunedì 31 maggio 2010

Il mare non bagna Tor Bella Monaca

C'è un mare dentro, tanto calmo e scuro che in superficie sembra già di vedere l'abisso. Dall'altra parte, fuori, alte onde agitate si litigano il pelo dell'acqua come cani rabbiosi che abbaiano l'uno contro l'altro per avere la meglio su un osso. Io sto nel mezzo, dove le masse s'incontrano, si scontrano, si mischiano.
E' strano stare lì. Guardare il sole scendere dietro i due oceani, annusare l'aria salmastra accompagnare la sera, mentre il fragore e il vento non scemano che per un istante.
Una lingua di terra che si perde nell'acqua. Un deserto arido e duro, senza alberi, né fiori, né profumi. Un lembo di terra morta, dove non volano farfalle.

Poi la corsa, l'incontro con gli altri. Ieri estranei, ora semplicemente "nuovi".
Il viaggio sottoterra, la meta lontana che è persa in una distesa sconosciuta nella periferia malfamata.
Lo spettacolo, l'arte, la recitazione. Il palco che dà nuovo colore alle forme già note.
Fuori, la notte di fine maggio, che strizza la città dando più vigore alle luci.
Il rientro, l'autobus preso di corsa. L'uomo che entra barcollando e tenendo il cellulare con la mano insanguinata. Gli sguardi che si rincorrono, che si allertano l'un l'altro. Gli occhi di una ragazza che vorrebbero sparire dietro un panno così leggero che basterebbe un lieve colpo di vento, a soffiarlo via. Il pericolo, l'ansia. L'eccitazione.
Infine la cena, tra i tavoli festosi del centro. Nessun'altra landa desolata all'orizzonte, nessun nuovo odore di pericolo. Solo un buon bicchiere di rosso, tra una pizza e una bistecca.
Parole che escono sicure, che perdono potere. Parole che scivolano sulla vita di tutti i giorni, passati e futuri. Parole portatrici di risate. Parole foriere di saluti venturi.
Profumo di fritti, di rosso, di carne.
Poi, all'improvviso, una folata riporta alle nari il profumo della salsedine.
I due mari ritornano, la lotta riprende. Ma il moto ondoso e il fragore, alla sera, riescono persino a cullare.

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