sabato 22 maggio 2010

Quello che non ho, e anche quello che ho

Oggi fa un anno da quando sono tornato in Italia. Lo so, non v’interessa molto. Anche quello che segue riguarda me soltanto, anche se è un giochino che tutti possiamo fare. Solo, preferiamo non farlo.
Così mi approprio di una stanza del Morgana ancora una volta e mi sputtano per bene. È questo il senso di un blog, giusto? Di un Hotel pieno di stanze chiuse? Mi metterò a spulciare nella mia vita con voi che state a guardare. Non starò troppo a girarci intorno. Niente sofismi, niente giochi, niente trucchi. Diretto e brutale, come piace a me.
È passato un anno e mi sento di fare un bilancio. Di capire chi cazzo sono. Voi ci siete riusciti? Bravi.
Allora: mi chiamo Marco, ho 30 anni e al momento vivo a Messina. Messina non mi piace, ma è qui che vivo. Se morissi domani? Non sarei molto contento della cosa, statene certi. Se sono felice? No, non lo sono. Forse, a differenza di un tempo, ho le carte in mano per poterlo essere in futuro. Chi lo sa. Ma al momento la risposta è no.
Che cosa ho? Beh, ho un computer, dal quale sto scrivendo tutto questo. Ho una ragazza e un amico, entrambi in Australia, che sono la mia famiglia. Ho una famiglia, con gli alti e bassi che hanno tutti anche se non tutti li ammettono. Ho una faccia che non mi piace troppo, ma con cui ho imparato a convivere. Ho un pene delle giuste dimensioni e dei sogni troppo grandi. Ho fatto un’università che probabilmente era quella sbagliata. Ho incontrato persone pessime. Ho avuto delle ragazze che sono andate via lasciando la stanza sottosopra. Ho l’amore, in questo momento, e mi sembra una gran cosa, cazzo.
Poi? Materialmente, possiedo poco di quello che mi sta intorno. È sempre roba di qualcun altro. Di mio ci sono solo i libri, ma solo perchè non interessano a nessuno. Quello che avevano da dire quei libri è solo mio.
Dipendo economicamente da qualcuno e non sempre ho i soldi per uscire. A 30 anni non è una bella cosa. Vivo la crisi in un Paese dove si nega la crisi.
Ho i miei film, che sono sempre gli stessi. Ho qualche programma televisivo, ma pochi. Ho le mie paure, che sono parecchie. Di morire presto, di diventare barbone, di capire che niente è servito a niente. Ho il disgusto per il lavoro ma mi servono soldi per affitto e birra e allora so che dovrò cedere e dare il culo anch’io. Ho degli amici con cui mi piace parlare davanti ad una birra. Ho incontrato ogni tanto qualcuno di speciale. La maggior parte, però, era solo gentarella.
Ho appena finito di scrivere un libro. Non so cosa succederà. Non so se cambierà il mondo. Di sicuro però ha cambiato me. Ho delle persone che vengono qui dentro a parlarmi mentre sto scrivendo queste cose. A differenza loro, ho rispetto per la scrittura. Ho rispetto per parecchie cose. Ho dei valori. Ho manie, abitudini. Ho delle cose che faccio sempre, e delle trappole in cui non smetto di cascare. Ho la capacità di improvvisare. Ho il sogno di diventare scrittore, e l’amara coscienza che questo non succederà. Ho visto e vedo persone valide che finiscono nella merda e gente incapace che ghigna soddisfatta.
Ho la scrittura, che per me è quasi tutto.
Ho quasi finito un tirocinio che è stata un’esperienza pazzesca, che a dirla a parole è impossibile. Ho la certezza che, dopo questo tirocinio, non avrò più certezze.
Ho degli amici a cui dò consigli. Ho degli amici che mi sono stati vicini. Ho la battuta pronta e una faccia di culo. Ho una rabbia che mi prende istintiva quando vedo certe cose. Ho una tristezza che non mi lascia mai. Ho un’agendina dove segno tutto quello che mi viene in mente. Ho dei taccuini pieni di poesie. Ho una moneta della Malesia.
Ho le foto dei miei viaggi, i ricordi, gli incontri che duravano un giorno e poi ti restavano per sempre. Ho negli occhi ancora il sole di Sydney in certe mattine, l’alba ai mango, Uluru nel deserto, la barriera, le strade infinite sotto il cielo blu australiano. Lei che mi aspetta all’aereoporto felice. Le risate in quella casa di Gladesville. Il tempo che non torna, ma che almeno è stato speso bene.
Ho rimpianti, anche se pochi. Ho del tempo che mi è stato rubato. Ho della follia che mi è rimasta. Ho la mania di voler cambiare il mondo. Ho un Paese che in un anno non mi è saputo rientrare nel cuore, che non mi appartiene, che non sento mio come non lo sentivo prima di andare in Australia, che ha fatto di tutto per tenermi lontano. Un Paese dove mi è semplicemente più facile vivere al momento, e nemmeno di questo sono troppo sicuro. Un Paese dove tolte una decina di persone e la lingua, per me è rimasto molto poco.
Cosa non ho? La tranquillità. La pace. Un orizzonte ben preciso. Il sapere di avercela fatta. Il poter dire alla mia donna, ecco, questo è come vivremo io e te. La possibilità di scegliere tutte le strade che mi va di prendere. Un lavoro che non disprezzi ad una paga decente, anche se mi sembra impossibile. La mia donna e il mio compare qui accanto. Un posto mio, un cielo mio, cose mie e mie soltanto. Il mio modo di poter fare la rivoluzione. Un viaggio lontano. Una stanza in riva al mare con la tastiera di un computer e qualcosa da bere.
Questo è quanto, più o meno. Ci sono altre cose, ovviamente, ma la lista sarebbe lunga. Diciamo che da quello che c’è qui, il quadro è già sconfortante. Ecco perchè ‘ste cose è meglio non farle. Ma ormai che abbiamo cominciato, finiamo. E una fine però non c’è. Le cose sono migliorate quando sembravano perse e si sono sfaldate quando sembravano intoccabili. Non sono fatalista, ma cazzo, non si può mai dire, no?
E così, eccomi nel mezzo del cammin. Ho 30, sono a Messina e tra un mese rivedrò la mia donna. Ho il mio libro. Ho il sole in faccia. Ho un computer davanti e qualcosa da bere in frigo. Ho un telefono col quale chiamare il mio amico. Ho delle persone che tengono a bada la mia testa matta. Non so cosa succederà tra 3 mesi, tra sei. Voi lo sapete? Bravi.
Io ho vissuto, e con la vita mi sono sporcato le mani. Era inevitabile. Ogni risata è stata bagnata dalle lacrime. So che c’è qualcosa che mi merito, molto a dire la verità, ma so anche che non c’è giustizia, quindi non aspetto. Mi butto in mezzo, e vada come deve andare. So che la morte potrebbe fregarmi in ogni momento, ma qualche mattina di sole, qualche notte d’amore sono riuscito a strappargliele. Ho una guerra da continuare, e so che farà ancora male.
Ho le palle di sapermi guardare allo specchio e di ricominciare.
Ho poche cose, ma quello che ho riesco sempre a NON farmelo bastare. Perchè ne voglio di più.
Ho paura, ma anche quella la devi contare. Ho stanchezza, ho rabbia. Ho la vita che mi è toccata.
Risvegliandoti domani mattina, vorresti essere ancora te stesso?
Che il diavolo mi inculi, sì. Sì è la risposta, e andate via prima che cambi idea.
No, non sono felice, ma ci si può sempre lavorare.
Al massimo, mi toccherà aspettare un mese.
Un saluto a voi, che siate di quelli bravi che sanno già tutto, oppure no.
Io mi tengo il mio allegro andare e andare, senza aver mai saputo dove.

1 commenti:

Mauro ha detto...

Cumpà mi hai emozionato!