sabato 15 maggio 2010

LET THE SUN GOING DOWN ON ME

Non c'è una traccia da seguire per la felicità, se non quei rari raggi di luce che filtrano nel buio dei soliti giorni.
Te ne stai chiuso in camera, seduto in un angolo con le ginocchia contro il petto, e d'un tratto vedi spandersi luce. Poca, quella che basta per attirare i tuoi occhi.
Indivdui il punto da cui proviene, e ti accorgi che forse la camera è una grotta, una prigione. I sogni, la gioia e tutto il resto sono là fuori.
A quel punto che cazzo ci resti a fare nell'angolo di camera scura?
Con qualche difficoltà ti metti in ginocchio e ti alzi, ti sgranchisci le gambe, ti stiri le braccia e la schiena. Poi prendi una direzione. Cammini. Un passo e poi un altro ancora. Più veloce, sempre più veloce. Di colpo hai preso ritmo, stai correndo. E il muro è vicino, magari troppo, ma tu non vedi altro che quel punto di luce e non puoi più fermarti.
Puoi venire respinto e cadere all'indietro, restando nel buio, o fracassare il muro e abbracciare il sole che è fuori.

Io ho aperto un varco, e ho sfiorato il sole. Poi, ironia della sorte, questo si è eclissato lentamente davanti ai miei occhi. Mi sono goduto il tramonto, bellissimo. Poi sono rientrato in camera e sono tornato nell'angolo, al buio.
Aspettando il prossimo spiraglio di luce.

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