mercoledì 17 agosto 2011

Sempreverde


Trovare un doppio spazio alle 2 di notte su un cartello di informazione turistica vuol dire che è arrivato il momento delle deformazioni professionali, ma soprattutto che la resistenza alla combinazione Ceres-Tennents è aumentata. C'è da porre rimedio, subito.

"Il vagabondo delle stelle" mi mette di fronte la storia di un uomo che in carcere ha appreso l'arte di allontanare il suo spirito dai dolori e dalla prigionia del corpo.
Imparare questa tecnica entra di prepotenza nella lista delle cose da fare.

Il mio io "noto a tutti" comincia lentamente a diventare più simile a quello vero, in virtù di candide rivelazioni che mi pesa sempre meno produrre, e mi accorgo di essere ogni giorno un filo più simile a chi vorrei essere. In fondo s'intravede un chiarore – penso mentre guardo allo specchio la prodigiosa crescita dei capelli tagliati neppure tre giorni fa. Ma poi mi viene in mente la storia di Orfeo e capisco che c'è ancora molto da fare, da stringere i denti e soprattutto da non voltarsi prima del tempo, che altrimenti non rivedrò mai più la mia ombra.

E poi arriva quella sera che finisci a bere birra sotto la luna tiranna, che ha spazzato le stelle via dal cielo. Ti ritrovi davanti a un falò giallo e arancione che da solo si oppone al nero della campagna, un falò improvvisato a cui hai dato vita con una manciata di tuoi biglietti da visita. Come se quella sera la tua identità fosse un organo donato alle fiamme, un organo di cui non sai se puoi fare a meno per più di una sera.
Gli arrosticini sono sulla brace da un pezzo, ma è in fondo è così difficile vedere se sono cotti bene da ogni lato che a un certo punto li prendi e li mangi tutti così come sono, perché c'è un tipo di fame che non permette di attendere o di sottilizzare.

Lei, che passa un paio di notti l'anno, come fosse una stella cadente.
Spingerla contro quel muro dove è appoggiata e da cui mi sorride. Spingere il mio corpo contro il suo come a soffocarla, come a soffocare anch'io.
Non per amore, ma per fame.
E per desiderio. Per scoprire se è vera e quanto è profonda la voglia di lei, che mi sorride ancora in quel modo, ora che gli anni sono aumentati indebolendo il significato della loro differenza.
Spingerla contro quel muro e diventare un respiro solo, cadere a terra e respirare ancora insieme, come non ci fossero desiderio e bisogno maggiori, come fossimo l'uno l'ultima aria per l'altro. Respirarsi, e scoprire fino dove saprebbe spingersi, libera dagli sguardi delle finestre di un paese dormiente, durante una notte in cui la luna è passata e tornano a brillare le stelle ed il buio.