L’altro giorno è arrivato dal
futuro mio nipote. Dice di essere il figlio di mia figlia. MIA FIGLIA? Ma
scherziamo! A parte il fatto che non mi sembra ancora possibile che possa
diventare madre un giorno (voglio dire non mi sembra realistica l’idea che
possa accettare di rinunciare a questa sorta di indipendenza che faticosamente
mi sono guadagnata in questi ultimi anni), ma poi come si può concepire l’idea
che nel tempo l’uomo sia riuscito a raggiungere e, addirittura, a superare la
velocità della luce e, senza smaterializzarsi, a viaggiare nel tempo? Fatto sta…
Non vi tedio con le varie
discussioni familiari che sono intercorse in quelle poche ore in cui Luca, mio
nipote, ha, per così dire, soggiornato nel 2015 (spiegarvi la dinamica del
viaggio meriterebbe un altro post). Vorrei invece soffermarmi su quanto è
emerso dai nostri confronti di natura politica-sociale.
Parlare della crisi del 2015 con
lui mi ha fatto venire una gran nostalgia del ‘900 oltre che una gran rabbia
nei confronti del fallimento di questo sistema economico (non che non fossi già
incazzata di mio, intendiamoci, ma è stato tutto così intenso che
inevitabilmente ne sono rimasta sopraffatta). Il progresso della seconda metà
del secolo scorso ci aveva indotto a credere che, già dal primo decennio del
nuovo millennio, la vita in Occidente sarebbe stata molto più facile di allora.
Fortunatamente Luca ha visto “Ritorno al futuro II” per cui credo possa aver
capito cosa si aspettava la mia generazione o quella precedente da questi anni.
Pensavamo che avremmo avuto autovetture che, tac, in pochi istanti, ci
avrebbero risolto il problema del traffico. Probabilmente avrebbero
ridimensionato anche il dramma della disoccupazione che stiamo vivendo con
tanta angoscia in questo momento: sarebbe stato possibile, infatti, prevedere
l’impiego di centinaia di vigili urbani operanti in aria libera su delle specie
di monopattini volanti a velocità moderata. Nessun semaforo, nessun dispendio
di energia elettrica. Solo un protocollo che avrebbe comportato la gestione del
traffico aereo tramite un costante monitoraggio delle posizioni puntuali degli
oggetti volanti identificate mediante coordinate GPS. Ovviamente, nel ‘900 non
avevamo temuto il problema del riscaldamento globale, dell’inquinamento e di
tutta una serie di tematiche ambientali che il progresso avrebbe dovuto
scongiurare, anziché alimentare.
Sfortunatamente le cose sono
andate diversamente e, tra l’altro, le macchine e i monopattini volanti non
sono mai stati inventati. Neanche nel 2085. Ecco, quello “sfortunatamente”
rientra nello stato d’animo nostalgico che mi procura il parlare oggi di “crisi
economica”. In verità, accidenti, le cose sono andate diversamente,
stupidamente, e dovrei essere decisamente più incazzata che triste. La
leggerezza degli anni ’80 e degli anni ’90 del novecento ha permesso che le
innovazioni tecnologiche ottenute e i diritti sociali acquisiti andassero a
farsi benedire in nome di ambizioni egoistiche di pochi selezionati potenti.
La cosa più triste del vivere
oggi nel 2015 è sapere di aver perso quello stato di agio che mediamente le
famiglie occidentali avevano raggiunto con il boom economico del dopoguerra e
di averlo perso anche per i nostri figli. Non siamo riusciti ad organizzare
delle rivoluzioni che potessero evitare tutto questo.
Luca fa parte di quella
generazione che non ha mai avuto modo di vivere una forma di agio mediamente
diffusa nel nostro Paese. Nel 2085, contrariamente a quello che pensiamo, la
popolazione mondiale è diminuita, attestandosi a poco più di 5 miliardi di
persone. L’aumento della povertà dei ceti, che una volta erano medi in Europa, ha
creato un livello di anarchia e delinquenza tale da non essere più ritenuto
sostenibile dai governi dei Paesi più sviluppati. I pochi selezionati potenti,
sempre più ricchi, hanno studiato a tavolino un modo per risolvere il problema,
pianificando dei veri e propri genocidi. Questa verità è emersa solo nel 2081.
L’annientamento di milioni di persone, tali da arrivare a quasi due miliardi, era
stato infatti sempre mascherato da fortuiti disastri ambientali.
Vi assicuro che non è facile
arrivare al punto della questione. Luca è tornato in questi giorni per
avvisarmi con un po’ di anticipo di lasciare Roma nell’ottobre del 2021. “Ci
sarà un disastro per la caduta di un meteorite, vi diranno”. Luca mi ha messo i
brividi. Dice che perderò una mano. Nonostante i brividi, ho reagito con una fragorosa risata. A volte il
corpo reagisce in modo esattamente contrario a quanto il nostro cervello
vorrebbe. Ho avuto una sorta di crisi nervosa, insomma. La prima della mia
vita. Poco dopo, Luca è andato in bagno e non ne è più uscito.
Insomma, ora so che ho solo sei
anni di tempo per predisporre le basi di una rivoluzione che rimarrà nella storia
del continente europeo, tale da poterne cambiare le sorti.
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