Oggi all'improvviso mi sono accorto che stavo correndo, e nonostante gli sforzi non riuscivo a ricordare lo sparo del "via".
Quel giorno accanto a me c'era Fabrizio. Era un momento di pausa e mi chiese come ero finito lì.
"Allora, Edoardo, parlami un po' di te..." mi disse.
Era il mio primo giorno, e io parlavo parlavo parlavo. Parlavo e chiedevo. Non capivo quasi niente ma volevo sapere tutto, di quell'agenzia. Fabrizio mi spiegava qualche piccola cosa, e a me pareva già un mondo.
E c'era anche un ragazzo, quella volta, che seduto mi dava le spalle, ma che dopo alcuni giorni finì a lavorare al mio fianco.
Insieme abbiamo scritto infinite pagine Word, anzi Open Office. Alcune le abbiamo scritte con sufficienza, altre impauriti. Le abbiamo scritte ridendo, scherzando, o trattenendo le lacrime dopo una giusta cazziata.
Che poi, anche se i primi giorni mi dava le spalle, se io chiamavo Enio c'era lo stesso. E si girava.
Il secondo giorno, quando arrivai, Fabrizio era già davanti al computer. Decidemmo che per penitenza gli avrei offerto il caffé. Dopo aver poggiato la tazzina, al bar, mi sorrise e mi disse "Ricordati di spegnerlo, il pc, quando vai a casa".
Anche quando Fabrizio se ne andò, il mio pc non rimase più acceso oltre l'orario di chiusura. Non lo dimenticavo quasi più, e quelle poche volte che succedeva ci pensava Enio. Io facevo lo stesso quando era lui a scordarsi.
Era così che funzionava.
Magari non riuscivamo a organizzare una cena fuori, ma ci coprivamo le spalle.
Mi è tornata di colpo in mente oggi, questa sensazione, durante un altro primo giorno. Stavo correndo e ad un tratto mi sono fermato. L'ho sentita ancora, per un attimo appena.
Come un colpo d'aria polare che ti arriva alle spalle nel deserto, portando l'odore di terre lontane.
giovedì 21 aprile 2011
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