domenica 24 aprile 2011
venerdì 22 aprile 2011
"Lamentanze pu Venniri SSanto"
Il paese è silenzioso...
raccolto in silenzio...
nessuna campana suona...
i ministranti annunciano con un rumore strano, sordo
l'inizio dell'adorazione.
Pellegrinaggio lento e silenzioso alla Croce.
Via tormentata.
Ingresso tacito nel Calvario.
Due tonache nere salgono sulle scale per "scinniri lu Cristu mortu"...
ingresso silente nelle proprie anime.
Ognuno sta con se stesso stasera.
Il "lamento della Madonna": l'unica voce a spezzare il silenzio.
Cielo scuro, come ogni Venerdì Santo.
Ffenomeno strano di ogni anno.
Voci superstiti di bimbi inconsapevoli...
è questa la giornata del silenzio...
anche chi non crede oggi sta in silenzio,
vivo rispetto per un popolo, il mio, che vuole vivere il Mistero.
Tenue retaggio del passato.
Sembra diverso il paese stasera.
Sintomo che in fondo niente è cambiato.
Sintomo che in fondo tutto è cambiato.
Vivido ricordo del passato.
Intensa speranza per il futuro.
Non si vuol perdere.
Il Mistero di questo Venerdì non si perderà.
tenete botta
raccolto in silenzio...
nessuna campana suona...
i ministranti annunciano con un rumore strano, sordo
l'inizio dell'adorazione.
Pellegrinaggio lento e silenzioso alla Croce.
Via tormentata.
Ingresso tacito nel Calvario.
Due tonache nere salgono sulle scale per "scinniri lu Cristu mortu"...
ingresso silente nelle proprie anime.
Ognuno sta con se stesso stasera.
Il "lamento della Madonna": l'unica voce a spezzare il silenzio.
Cielo scuro, come ogni Venerdì Santo.
Ffenomeno strano di ogni anno.
Voci superstiti di bimbi inconsapevoli...
è questa la giornata del silenzio...
anche chi non crede oggi sta in silenzio,
vivo rispetto per un popolo, il mio, che vuole vivere il Mistero.
Tenue retaggio del passato.
Sembra diverso il paese stasera.
Sintomo che in fondo niente è cambiato.
Sintomo che in fondo tutto è cambiato.
Vivido ricordo del passato.
Intensa speranza per il futuro.
Non si vuol perdere.
Il Mistero di questo Venerdì non si perderà.
tenete botta
giovedì 21 aprile 2011
CI COPRIVAMO LE SPALLE
Oggi all'improvviso mi sono accorto che stavo correndo, e nonostante gli sforzi non riuscivo a ricordare lo sparo del "via".
Quel giorno accanto a me c'era Fabrizio. Era un momento di pausa e mi chiese come ero finito lì.
"Allora, Edoardo, parlami un po' di te..." mi disse.
Era il mio primo giorno, e io parlavo parlavo parlavo. Parlavo e chiedevo. Non capivo quasi niente ma volevo sapere tutto, di quell'agenzia. Fabrizio mi spiegava qualche piccola cosa, e a me pareva già un mondo.
E c'era anche un ragazzo, quella volta, che seduto mi dava le spalle, ma che dopo alcuni giorni finì a lavorare al mio fianco.
Insieme abbiamo scritto infinite pagine Word, anzi Open Office. Alcune le abbiamo scritte con sufficienza, altre impauriti. Le abbiamo scritte ridendo, scherzando, o trattenendo le lacrime dopo una giusta cazziata.
Che poi, anche se i primi giorni mi dava le spalle, se io chiamavo Enio c'era lo stesso. E si girava.
Il secondo giorno, quando arrivai, Fabrizio era già davanti al computer. Decidemmo che per penitenza gli avrei offerto il caffé. Dopo aver poggiato la tazzina, al bar, mi sorrise e mi disse "Ricordati di spegnerlo, il pc, quando vai a casa".
Anche quando Fabrizio se ne andò, il mio pc non rimase più acceso oltre l'orario di chiusura. Non lo dimenticavo quasi più, e quelle poche volte che succedeva ci pensava Enio. Io facevo lo stesso quando era lui a scordarsi.
Era così che funzionava.
Magari non riuscivamo a organizzare una cena fuori, ma ci coprivamo le spalle.
Mi è tornata di colpo in mente oggi, questa sensazione, durante un altro primo giorno. Stavo correndo e ad un tratto mi sono fermato. L'ho sentita ancora, per un attimo appena.
Come un colpo d'aria polare che ti arriva alle spalle nel deserto, portando l'odore di terre lontane.
Quel giorno accanto a me c'era Fabrizio. Era un momento di pausa e mi chiese come ero finito lì.
"Allora, Edoardo, parlami un po' di te..." mi disse.
Era il mio primo giorno, e io parlavo parlavo parlavo. Parlavo e chiedevo. Non capivo quasi niente ma volevo sapere tutto, di quell'agenzia. Fabrizio mi spiegava qualche piccola cosa, e a me pareva già un mondo.
E c'era anche un ragazzo, quella volta, che seduto mi dava le spalle, ma che dopo alcuni giorni finì a lavorare al mio fianco.
Insieme abbiamo scritto infinite pagine Word, anzi Open Office. Alcune le abbiamo scritte con sufficienza, altre impauriti. Le abbiamo scritte ridendo, scherzando, o trattenendo le lacrime dopo una giusta cazziata.
Che poi, anche se i primi giorni mi dava le spalle, se io chiamavo Enio c'era lo stesso. E si girava.
Il secondo giorno, quando arrivai, Fabrizio era già davanti al computer. Decidemmo che per penitenza gli avrei offerto il caffé. Dopo aver poggiato la tazzina, al bar, mi sorrise e mi disse "Ricordati di spegnerlo, il pc, quando vai a casa".
Anche quando Fabrizio se ne andò, il mio pc non rimase più acceso oltre l'orario di chiusura. Non lo dimenticavo quasi più, e quelle poche volte che succedeva ci pensava Enio. Io facevo lo stesso quando era lui a scordarsi.
Era così che funzionava.
Magari non riuscivamo a organizzare una cena fuori, ma ci coprivamo le spalle.
Mi è tornata di colpo in mente oggi, questa sensazione, durante un altro primo giorno. Stavo correndo e ad un tratto mi sono fermato. L'ho sentita ancora, per un attimo appena.
Come un colpo d'aria polare che ti arriva alle spalle nel deserto, portando l'odore di terre lontane.
Tra i sogni e le illusioni
In un attimo tutto svanisce
una parola di troppo
o una non detta
e tutto svanisce
così sono le illusioni
un momento prima costruisci il tuo mondo
il momento dopo tutto crolla
come castelli di carte
sottile è il confine
tra il sogno e l'illusione
ogni notte era un sogno
eri lì con me
eri nella mia vita
ti ho sentita arrivare
piano
quasi non volessi disturbare
ti sei infilata nel mio letto
e mi hai cullato
hai accarezzato il mio corpo
leccato le mie ferite
mi hai fatto sentire vivo
tu eri viva
tu eri reale
tu c'eri
ed ecco l'illusione superare il sogno
credere di averti per sempre
credere che fossi mia
credere che non saresti mai andata via
ma l'illusione tradisce
e il sogno muta in incubo
crolla il mio castello di carte
crolla il pavimento che lo sostiene
una voragine che ingoia tutto
sogni, illusioni, passioni
lasciando spazio alla sola
triste realtà
...tu non ci sei!
una parola di troppo
o una non detta
e tutto svanisce
così sono le illusioni
un momento prima costruisci il tuo mondo
il momento dopo tutto crolla
come castelli di carte
sottile è il confine
tra il sogno e l'illusione
ogni notte era un sogno
eri lì con me
eri nella mia vita
ti ho sentita arrivare
piano
quasi non volessi disturbare
ti sei infilata nel mio letto
e mi hai cullato
hai accarezzato il mio corpo
leccato le mie ferite
mi hai fatto sentire vivo
tu eri viva
tu eri reale
tu c'eri
ed ecco l'illusione superare il sogno
credere di averti per sempre
credere che fossi mia
credere che non saresti mai andata via
ma l'illusione tradisce
e il sogno muta in incubo
crolla il mio castello di carte
crolla il pavimento che lo sostiene
una voragine che ingoia tutto
sogni, illusioni, passioni
lasciando spazio alla sola
triste realtà
...tu non ci sei!
martedì 19 aprile 2011
Prima di cominciare
Prima di sedermi indosso
una camicia che sembra una vela
quando si gonfia
di cielo e oceano
All’orecchio un anello
che sa di un bacio
e mille dolori
Sul braccio cicatrici dei Tropici
sulle mani odori di cose di
tutti i giorni
Sul viso una barba
a ricordarmi qualcosa
che non voglio scordare
Sulle spalle un tatuaggio
che mi dà un posto dove
andare
In faccia rughe per le risate
rughe per lo star male
e quel sorrisetto
che non se ne vuole andare
In testa capelli bianchi, negli occhi sogni
ai piedi scarpe che hanno fatto
chilometri
Prendo in mano
una penna infinita
e sono pronto.
una camicia che sembra una vela
quando si gonfia
di cielo e oceano
All’orecchio un anello
che sa di un bacio
e mille dolori
Sul braccio cicatrici dei Tropici
sulle mani odori di cose di
tutti i giorni
Sul viso una barba
a ricordarmi qualcosa
che non voglio scordare
Sulle spalle un tatuaggio
che mi dà un posto dove
andare
In faccia rughe per le risate
rughe per lo star male
e quel sorrisetto
che non se ne vuole andare
In testa capelli bianchi, negli occhi sogni
ai piedi scarpe che hanno fatto
chilometri
Prendo in mano
una penna infinita
e sono pronto.
giovedì 14 aprile 2011
"invisibile altrove dell'anima"
insabbiate... ecco come sono le mie sensazioni, insabbiate. Come quando il vento fastidioso sulla spiaggia copre di sabbia giusto la pagina del libro che hai appena lasciato, per accendere una sigaretta...
Sto seduta nel mio solito posto all'università, circondata da duecento persone (quando mi va bene sono solo duecento!), eppure sono immersa in un mondo che non sembra proprio essere reale. Attendo che arrivi qualcuno a parlarci di un istituto di diritto privato o di quell'altro di diritto romano...
Attendo solitamente di incrociare sguardi, è questo quello che faccio nella maggior parte del tempo "libero", incrocio sguardi, cerco sguardi, scruto, discretamente, ma scruto. A volte ho un libro con me, anche dentro quelle aule piene di storia, tanto che a starci dentro ti senti piccolo, ma così piccolo da credere di non meritare quelle mura. E quel libro a volte non lo apro nemmeno, lo prendo e nelle pause cerco di sentirne l'anima, magari quel libro l'ho finito la notte prima(!); ma è solito dalle mie parti dire che un libro non inizia a vivere mentre lo leggi, ma quando hai finito di leggerlo.... inizia ad avere, solo quando lo hai chiuso, quel particolare soffio vitale... e io solitamente voglio goderlo anche il giorno dopo quel soffio vitale...
Oggi avevo "Accabadora" tra le mani, al sole, nell'atrio della facoltà... ho cercato quella frase debolmente segnata a matita...
"Come gli occhi della civetta, ci sono pensieri che non sopportano la luce piena. Non possono nascere che di notte, dove la loro funzione è la stessa della luna, necessaria a smuovere maree di senso in qualche invisibile altrove dell'anima"
ricordavo che mi piacque quella espressione... "invisibile altrove dell'anima"...
però quasi a ricordarmi che, no, non era ancora notte (e che quindi non era ancora tempo per smuovere quelle maree di senso), suonò la campana della cappella universitaria... erano le dodici e un quarto e io dovevo tornare in aula a cercare un posto da quale cercare di assorbire il più possibile da tutti, professori e colleghi... scrutare non sarà il mio forte, ma non rinuncio a farlo... penso sia un modo intelligente di cogliere il senso delle cose, alimentando così il fuoco delle maree di senso che sconvolgono le mie notti.
tenete botta
Sto seduta nel mio solito posto all'università, circondata da duecento persone (quando mi va bene sono solo duecento!), eppure sono immersa in un mondo che non sembra proprio essere reale. Attendo che arrivi qualcuno a parlarci di un istituto di diritto privato o di quell'altro di diritto romano...
Attendo solitamente di incrociare sguardi, è questo quello che faccio nella maggior parte del tempo "libero", incrocio sguardi, cerco sguardi, scruto, discretamente, ma scruto. A volte ho un libro con me, anche dentro quelle aule piene di storia, tanto che a starci dentro ti senti piccolo, ma così piccolo da credere di non meritare quelle mura. E quel libro a volte non lo apro nemmeno, lo prendo e nelle pause cerco di sentirne l'anima, magari quel libro l'ho finito la notte prima(!); ma è solito dalle mie parti dire che un libro non inizia a vivere mentre lo leggi, ma quando hai finito di leggerlo.... inizia ad avere, solo quando lo hai chiuso, quel particolare soffio vitale... e io solitamente voglio goderlo anche il giorno dopo quel soffio vitale...
Oggi avevo "Accabadora" tra le mani, al sole, nell'atrio della facoltà... ho cercato quella frase debolmente segnata a matita...
"Come gli occhi della civetta, ci sono pensieri che non sopportano la luce piena. Non possono nascere che di notte, dove la loro funzione è la stessa della luna, necessaria a smuovere maree di senso in qualche invisibile altrove dell'anima"
ricordavo che mi piacque quella espressione... "invisibile altrove dell'anima"...
però quasi a ricordarmi che, no, non era ancora notte (e che quindi non era ancora tempo per smuovere quelle maree di senso), suonò la campana della cappella universitaria... erano le dodici e un quarto e io dovevo tornare in aula a cercare un posto da quale cercare di assorbire il più possibile da tutti, professori e colleghi... scrutare non sarà il mio forte, ma non rinuncio a farlo... penso sia un modo intelligente di cogliere il senso delle cose, alimentando così il fuoco delle maree di senso che sconvolgono le mie notti.
tenete botta
MUFFE
Dovreste essere delle persone perché io possa amarvi od odiarvi, ma siete solo muffa.
Vi diffondete ovunque non appena uno piscia per terra e non passa lo straccio per un paio di giorni. Che magari ci sono notti infami che mi va di pisciare sul mondo ovunque mi capita e non posso stare pure a pensarci.
Indispettite, infastidite, esasperate. Siete l'unica specie al mondo di muffa parlante (non che sia una famiglia più nobile). Chiamate ordinate commentate gridate battibeccate solo per dire IO! IO!, per sperare che qualcuno vi ascolti, magari si giri per voi. Ma non siete altro che muffa e corde vocali, suoni che arrivano alle orecchie già putridi.
E io ogni tanto butto occhio e faccio finta di niente. Ma poi prendo il secchio, acqua calda, detersivo e lo straccio. Tiro fuori l'uccello e vi annaffio ancora con gusto. Il mio piscio vi ha dato la vita e il mio piscio ve la toglierà.
Vi diffondete ovunque non appena uno piscia per terra e non passa lo straccio per un paio di giorni. Che magari ci sono notti infami che mi va di pisciare sul mondo ovunque mi capita e non posso stare pure a pensarci.
Indispettite, infastidite, esasperate. Siete l'unica specie al mondo di muffa parlante (non che sia una famiglia più nobile). Chiamate ordinate commentate gridate battibeccate solo per dire IO! IO!, per sperare che qualcuno vi ascolti, magari si giri per voi. Ma non siete altro che muffa e corde vocali, suoni che arrivano alle orecchie già putridi.
E io ogni tanto butto occhio e faccio finta di niente. Ma poi prendo il secchio, acqua calda, detersivo e lo straccio. Tiro fuori l'uccello e vi annaffio ancora con gusto. Il mio piscio vi ha dato la vita e il mio piscio ve la toglierà.
mercoledì 13 aprile 2011
Pensieri da una camera buia
"Chi vive per troppo tempo in una grotta, disimpara a tacere" F. Nietzsche
Al buio, le tue percezioni cambiano. E' diverso da quando sei a letto e il sonno non viene. Qui senti la vita che scorre là fuori, le voci, i rumori della strada, hai perfino sentore del calore del sole. Il buio, allora, diventa solo tuo, una questione che devi risolverti da solo.
E' per questo che ti inventi dei pensieri che dal buio nascono, e forse lì finiscono.
La maggior parte di noi finisce per vivere una vita insulsa -una vita che, cioè, anche noi riconosciamo come tale. Solo che non lo vogliamo ammettere, e così ci inventiamo ogni sorta di scusa, di cazzata di cartapesta, di illusione a scadenza ontrollata. Ci imbottiamo di alcol e sogni, ci stordiamo di discorsi sempre gli stessi, e qualche volta finiamo per dimenticarcene, almeno per un po'.
L'arte non deve avere niente di sacro. Uno dei suoi scopi, anzi, è proprio quello di abbattere tutto ciò che viene considerato come tale. Quando l'arte stessa diventa sacra, ha smesso di dire quel che voleva dire. L'arte è rivoluzione perenne.
"Mi sono odiato, mi sono amato, e poi siamo invecchiati insieme" Paul Valery
Nel buio, la mente cammina meglio che nella luce. Privata di quel che chiamiamo realtà, se ne inventa una tutta sua. Ritorna ad essere istintiva, olistica. Riscopre i nomi delle cose. Riconosce i colori delle emozioni. Dall'oscurità emergono delle forme e delle armonie che mai avremmo pensato. Provateci.
Mi dicono di nuove scosse in Giappone, di sparatorie in Brasile e Olanda. Niente di nuovo. E' solo un altro giorno in cui Dio non risponde al telefono.
La differenza tra la poesia come forma d'arte e la poesia come sfogo e piacere è solo un problema di definizioni. Se la pensi in questi termini devi scegliere, e ogni volta che scegli ti precludi qualcosa. Non si devono avere preconcetti nel creare, non si devono delle spiegazioni a nessuno, non esistono scuole o modelli: ecco perchè abolirei le prefazioni nei libri e le guide nei musei.
Quando stai male, ti sembra di essere più vicino alla verità. Di toccarla con mano e trovarla nitida, sensata, tua. Poi ti accorgi che è come l'amore in tempo di guerra: intenso e necessario per non soccombere, ma non per forza reale.
"Siamo tutti moscerini sul parabrezza della Storia" M. Zangari
Quando ne abbiamo bisogno, troviamo al mondo delle logiche di cui il mondo non sa che farsene.
Il fatto che sia necessario, non vuol dire che mi debba piacere. Capita che da un certo punto in poi tutti ti costringono a fissare gli obbiettivi della vita adulta, che sembra per te l'unica realtà possibile. Molti ci cascano, finiscono per credere di averle pensate loro quelle cose. Per quanto mi riguarda, è come quei vecchi teli sui divani usati nei set dei film porno: sai a cosa servono, ci trovi un motivo, ma ti fa tristezza lo stesso.
Nel buio tocco gli oggetti, li scopro per la prima volta. Ci sono appuntamenti saltati e odore di chiuso: nessun problema. Divento quasi filosofico. Mi viene da pensare che, quando smetti di voler fare sempre la cosa giusta, allora puoi davvero crescere e diventare tutto quel che ti pare. Io ci riesco? Faccio come per chiudere gli occhi, ma sono già chiusi. Allora tocco altro buio con le mani vuote.
E se quello che ci manca fosse un codice interpretativo, come nei romanzi? E se, dopotutto, non avessimo nessun significato nascosto, nessun valore oltre alla trama nuda e cruda, nessun colpo di scena all'orizzonte? Se non esistesse un'altra chiave di lettura, e fosse davvero tutto qui?
L'uomo, in senso generale, viene travolto dall'onda, prima o poi -e spesso, per più tempo.
L'uomo, in senso stretto, è quello che nell'onda rimane ricco e cosciente.
Ricco, anche se ha perso tutto, perchè lottando per la sua vita in fondo al mare ha finalmente capito che ce l'aveva, una vita.
Cosciente, sebbene non impaurito, perchè sa che quell'onda può tornare in qualsiasi momento -ed è pronto ad affrontarla.
"La vita è quello che ti capita mentre stai facendo qualcos'altro" J. Lennon
Cosa pensa un gatto rinchiuso per un'intera giornata in una stanza, da solo? Cosa pensa un uomo rinchiuso nell'Universo per una vita?
Nel buio le voci sono chiare, distinte. Capisci quante parole ti perdi ogni giorno, di quelle importanti, che da sole potrebbero spiegare più di interi discorsi. Forse non siamo fatti per ascoltare, ma solo per aspettare il nostro turno e poi vomitare le nostre tossine notturne su chiunque sia dotato di due orecchie e pazienza sufficiente. Ma quando ti capita di ascoltare, entri in un altro mondo. A volte capita persino di ascoltare sè stessi. Solo allora vi renderete conto di quanto è fastidiosa la vostra voce.
Il senso di quello che abbiamo fatto, da cosa deriva? Dalla cosa in sè o da come la vedono e giudicano gli altri? Da come ci sentiamo noi dopo averla fatta, o d come ci vediamo negli occhi degli altri che ci hanno visto farla?
Il bisogno continuo, esasperante e nascosto, di definizione, di non essere passati e basta, di sapere che, in fondo, qualcosa è rimasto...
Quando tutti vanno a dormire, il tuo buio diventa anche il loro. Milioni di idee di buio che la notte mette insieme, cercando di trovarne il filo, e poi finisce per far pendere sulle nostre teste, instillandoci silenziosamente un disperato bisogno di alba.
"Verrà il giorno in cui la notte sarà il momento per dormire, perchè non avremo più bisogno di farle assorbire i nostri peccati" J. Kerouac
Al buio, le tue percezioni cambiano. E' diverso da quando sei a letto e il sonno non viene. Qui senti la vita che scorre là fuori, le voci, i rumori della strada, hai perfino sentore del calore del sole. Il buio, allora, diventa solo tuo, una questione che devi risolverti da solo.
E' per questo che ti inventi dei pensieri che dal buio nascono, e forse lì finiscono.
La maggior parte di noi finisce per vivere una vita insulsa -una vita che, cioè, anche noi riconosciamo come tale. Solo che non lo vogliamo ammettere, e così ci inventiamo ogni sorta di scusa, di cazzata di cartapesta, di illusione a scadenza ontrollata. Ci imbottiamo di alcol e sogni, ci stordiamo di discorsi sempre gli stessi, e qualche volta finiamo per dimenticarcene, almeno per un po'.
L'arte non deve avere niente di sacro. Uno dei suoi scopi, anzi, è proprio quello di abbattere tutto ciò che viene considerato come tale. Quando l'arte stessa diventa sacra, ha smesso di dire quel che voleva dire. L'arte è rivoluzione perenne.
"Mi sono odiato, mi sono amato, e poi siamo invecchiati insieme" Paul Valery
Nel buio, la mente cammina meglio che nella luce. Privata di quel che chiamiamo realtà, se ne inventa una tutta sua. Ritorna ad essere istintiva, olistica. Riscopre i nomi delle cose. Riconosce i colori delle emozioni. Dall'oscurità emergono delle forme e delle armonie che mai avremmo pensato. Provateci.
Mi dicono di nuove scosse in Giappone, di sparatorie in Brasile e Olanda. Niente di nuovo. E' solo un altro giorno in cui Dio non risponde al telefono.
La differenza tra la poesia come forma d'arte e la poesia come sfogo e piacere è solo un problema di definizioni. Se la pensi in questi termini devi scegliere, e ogni volta che scegli ti precludi qualcosa. Non si devono avere preconcetti nel creare, non si devono delle spiegazioni a nessuno, non esistono scuole o modelli: ecco perchè abolirei le prefazioni nei libri e le guide nei musei.
Quando stai male, ti sembra di essere più vicino alla verità. Di toccarla con mano e trovarla nitida, sensata, tua. Poi ti accorgi che è come l'amore in tempo di guerra: intenso e necessario per non soccombere, ma non per forza reale.
"Siamo tutti moscerini sul parabrezza della Storia" M. Zangari
Quando ne abbiamo bisogno, troviamo al mondo delle logiche di cui il mondo non sa che farsene.
Il fatto che sia necessario, non vuol dire che mi debba piacere. Capita che da un certo punto in poi tutti ti costringono a fissare gli obbiettivi della vita adulta, che sembra per te l'unica realtà possibile. Molti ci cascano, finiscono per credere di averle pensate loro quelle cose. Per quanto mi riguarda, è come quei vecchi teli sui divani usati nei set dei film porno: sai a cosa servono, ci trovi un motivo, ma ti fa tristezza lo stesso.
Nel buio tocco gli oggetti, li scopro per la prima volta. Ci sono appuntamenti saltati e odore di chiuso: nessun problema. Divento quasi filosofico. Mi viene da pensare che, quando smetti di voler fare sempre la cosa giusta, allora puoi davvero crescere e diventare tutto quel che ti pare. Io ci riesco? Faccio come per chiudere gli occhi, ma sono già chiusi. Allora tocco altro buio con le mani vuote.
E se quello che ci manca fosse un codice interpretativo, come nei romanzi? E se, dopotutto, non avessimo nessun significato nascosto, nessun valore oltre alla trama nuda e cruda, nessun colpo di scena all'orizzonte? Se non esistesse un'altra chiave di lettura, e fosse davvero tutto qui?
L'uomo, in senso generale, viene travolto dall'onda, prima o poi -e spesso, per più tempo.
L'uomo, in senso stretto, è quello che nell'onda rimane ricco e cosciente.
Ricco, anche se ha perso tutto, perchè lottando per la sua vita in fondo al mare ha finalmente capito che ce l'aveva, una vita.
Cosciente, sebbene non impaurito, perchè sa che quell'onda può tornare in qualsiasi momento -ed è pronto ad affrontarla.
"La vita è quello che ti capita mentre stai facendo qualcos'altro" J. Lennon
Cosa pensa un gatto rinchiuso per un'intera giornata in una stanza, da solo? Cosa pensa un uomo rinchiuso nell'Universo per una vita?
Nel buio le voci sono chiare, distinte. Capisci quante parole ti perdi ogni giorno, di quelle importanti, che da sole potrebbero spiegare più di interi discorsi. Forse non siamo fatti per ascoltare, ma solo per aspettare il nostro turno e poi vomitare le nostre tossine notturne su chiunque sia dotato di due orecchie e pazienza sufficiente. Ma quando ti capita di ascoltare, entri in un altro mondo. A volte capita persino di ascoltare sè stessi. Solo allora vi renderete conto di quanto è fastidiosa la vostra voce.
Il senso di quello che abbiamo fatto, da cosa deriva? Dalla cosa in sè o da come la vedono e giudicano gli altri? Da come ci sentiamo noi dopo averla fatta, o d come ci vediamo negli occhi degli altri che ci hanno visto farla?
Il bisogno continuo, esasperante e nascosto, di definizione, di non essere passati e basta, di sapere che, in fondo, qualcosa è rimasto...
Quando tutti vanno a dormire, il tuo buio diventa anche il loro. Milioni di idee di buio che la notte mette insieme, cercando di trovarne il filo, e poi finisce per far pendere sulle nostre teste, instillandoci silenziosamente un disperato bisogno di alba.
"Verrà il giorno in cui la notte sarà il momento per dormire, perchè non avremo più bisogno di farle assorbire i nostri peccati" J. Kerouac
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