sabato 27 febbraio 2010

IMPOTENTE

Prima che lo stesso aggettivo giunga presto a riferirsi anche all'aspetto sessuale, mi godo nella tranquilla pace domestica la grande la medesima sensazione, però rivolta alle mie azioni.
E' davvero curioso come dopo sei giorni (per me un record) di inesauribile ottimismo, proprio oggi sia venuto davanti a questo monitor per sprizzare un po' di malinconia.

Immaginate che le cose vadano di colpo malissimo, però di un malissimo comprensibile. Insomma di quel malissimo che, siccome dipende anche da noi, bisogna starci.
Immaginate di inginocchiarvi e dire TI AMO, e di sentirvi dire NON SO CHE DIRE e MI DISPIACE. Qui c'è poco da immaginare, qui ci dovete stare e basta. Una persona è libera di decidere della sua vita, persino di rifiutare un amore certo in virtù di Dio solo sa cosa. Magari è criticabile, ma purtroppo è anche doverosamente accettabile. Magari ci si interroga su delle cose che in fondo non tornano, ma a pensarci bene è inutile. Non torneranno comunque.

Comprenderete bene che in un giorno così si rischia di fare o dire troppe cose, o di non dirne o farne nessuna. E' un vero casino, insomma. L'equilibrio in questi casi è una condizione più difficile che mai, da raggiungere. Un po' perché l'umore è appeso a un filo, un po' perché l'umiliazione ha fiaccato gli animi e quindi lo stesso umore non sa opporre resistenza. In tutto questo, intanto, il ventaccio della vita mica si abbassa, per voi. No. Tira forte come sempre.

Solo tre giorni fa sarei stato in grado di saltare nel vuoto e spiegare le ali, di volare senza paura. Ora cerco solo di restare appeso, e piango irrefrenabilmente sperando di non cadere. Ci finirei i miei giorni, su questo filo.

La fortuna è che so che domani starò meglio, perché domani per un attimo il vento scenderà ed io riprenderò le forze. Mi rimetterò in sella e gli urlerò contro per farlo tornare. Tornerà, e io riprenderò a lottare e a volare.

La candela che per lei accesi qualche tempo fa, la metterò nel cuore così da evitarle di spegnersi. Il vento non potrà sfiorarla e nel frattempo mi riscalderà sempre un pochino.

Firmato:
Principe Azzurro Disarcionato

sabato 20 febbraio 2010

Una primavera lunga come l'eternità

Un giorno mi sono trovata all'aereoporto di Roma. Avevo appena passato nove mesi in quella città. Lì avevo avuto alcuni dei momenti più brutti e soli che ho mai avuto. In quella città ero cresciuta più in nove mesi che in tutta la mia vita. Mi sono innamorata di quella città. E in quella città mi sono innamorata. Ma innamorata davvero, e per la prima volta.
Ma quel giorno che mi trovavo all'aereoporto non avevo ancora capito perche ero lì. Ancora non l'ho capito. Perchè andavo via dalla mia città, dal mio Morgana?
L'ironia era che sull’aereo accanto a me non c'era il mio amore che mi aspettava. C'era il motivo per cui ero scappata dall'Australia. Un uomo cattivo e vergognoso. Quando mi ha chiesto come stavo, gli avrei potuto sputare in faccia - ma non meritava neanche quello.

Nella vita, non so perchè, ma ci sono cose così che dobbiamo fare. Alcuni di noi devono passare autunni lungo un giorno e altri delle primavere lunghe come l'eternità.


La mia fortuna è stata che quel giorno, seduta dall’altro lato, c'era una donna tanta curiosa che vedeva e sentiva un'aria strana e triste - così forte che si preoccupava per me. Abbiamo parlato un bel po’. Si chiamava Angela.

Alla fine Angela mi ha detto che nel passato lei era stata una veggente. Mi ha detto che non dovevo più piangere, nè preoccuparmi. Mi ha detto che quell’uomo accanto a me non era il mio futuro. Il mio futuro invece restava con chi amavo, l'uomo che avevo lasciato a Roma.
A questo punto io e lei abbiamo brindato al mio futuro. Al nostro futuro. E non ho mai guardato indietro.



E cosi la primavera è diventata subito l'estate.

martedì 16 febbraio 2010

Un autunno lungo un giorno

L’uomo accanto a me si guarda intorno, perplesso. Sa che è suo diritto, ma non capisce fino a dove si può spingere. Quando alla fine ordino il mio whisky on the rocks lui si fa coraggio e si fa dare lo stesso. Lo sorseggia piano, soddisfatto della scelta. Io invece faccio sorsate sempre più ampie finchè non resta solo il ghiaccio a farmi sentire vive le labbra e i denti. Non ho nemmeno guardato che film ci sono a disposizione. Non mi va di guardarli. Ma non mi va nemmeno di guardare fuori e vedere quel panorama allontanarsi. Così finisco per ordinare un altro whisky mentre l’uomo sorseggia ancora il suo, contento e ottuso.

A Kuala Lumpur scendo dall’aereo che ancora barcollo. L’hostess mi aveva preso in simpatia, o forse aveva solo capito. Non so quante volte mi aveva riempito il bicchiere. Ma non bastava. Ero solo, e non bastava. Per questo mi ritrovavo a barcollare nell’aereoporto ultramoderno di una città che non sapevo nemmeno com’era fatta. Era la terza volta che passavo di lì. Che cazzo, devo visitarla un giorno, mi dissi senza sorridere, con la tristezza che già faceva sgasare il whisky.

Barcollai fin dentro il cesso. Avevo, chissà come, dei soldi malesi. Non sapevo cosa farmene. Era notte, era Asia, ero stanco.

Ero partito che era estate, un’estate capricciosa e umida come sempre a Sydney, ma lo stesso stupenda da colpirti lo stomaco. Da allora ero immerso in questa temperatura sempre-la-stessa da condizionatore a palla, prima l’aereo ora l’aereoporto.

Mi trovavo a metà di un viaggio che non volevo fare, e già mi sembravano impossibili da credere quelle immagini che mi portavo dietro. Ero davvero stato su quelle spiagge, in quelle piscine? Avevo davvero mangiato ostriche nel tramonto della Gold Coast con la donna che amo? Avevo davvero bevuto un'altra VB col compare?

Capitava sempre così. Quando ero in un posto, l’altro sembrava lontanissimo, remoto ben più dei 10.000 km che non sono pochi certo. La mente cercava di colmare i vuoti, di rimettermi davanti agli occhi il panorama che vedo dal balcone del Bucodiculo o di quello a Messina, il freddo il mare le macchine, ma non ci riusciva.

Così in questa schizofrenia non risolta, in questa lotta tra estate e inverno, tra paradiso e inferno, alla fine di tutto questo restavo io, io barcollante in un aereoporto uguali a tutti gli altri e sospeso nello spazio, in mezzo a facce che non sapevo, io nella nera notte d’Asia piena di misteri e storie che forse non avrei mai saputo, io strappato al sogno che stavo facendo, io lontano da tutto quello che amavo e anche da quello che odiavo, io che viaggiavo e non sapevo mai dopo un certo punto dove stavo andando e perchè dio mio perchè ci stavo andando, io che forse era il caso di cominciare a vedere cosa fosse questo io a 30 anni suonati, io che stavo sempre a metà, in fuga eterna dalla morte e che però non riuscivo a beccare la vita, non ancora, io che ero arrivato tanto volte e tante volte ero ripartito, io che scappavo che non mi facevo prendere, io passenger nella notte che non finisce mai.

Mi risvegliai che eravamo sopra l’Afghanistan. Non so perchè avevo guardato la mappa. Non m’interessava. Non avevo alcun interesse in questo viaggio. Però guardavo l’aereo muoversi nella mappa, leggo i nomi. Muovermi mi piaceva.

Pigiai il tasto e lo schermo si divise nelle zone del mondo in cui era notte e quelle in cui c’era luce. Per ironia, il simbolino del sole si trovava proprio sull’Australia, in quel momento. Io me ne stavo allontanando alla velocità di vattelapesca nodi al minuto. Mi stavo andando a infilare in una notte che sembrava paurosa.

Mi stavo muovendo, ma nella direzione sbagliata.

Niente di nuovo.

All’arrivo a Catania tutti correvano a prendere le valigie. Si spingevano, imprecavano, poi si fermarono di botto. Fuori c’era una bufera. Il vento era sferzante, la pioggia ridicolmente fitta. Freddo. Piombai immediatamente nell’inverno, senza preparazione e senza voglia.

Il mio autunno era durato un giorno.

Un’altra estate diventava ricordo mentre lottavo con la pioggia e spingevo per salire sull’autobus.

Per non restare di fuori.

Per puntare dritto verso la prossima estate. Ovunque fosse.

mercoledì 10 febbraio 2010

TEMPO AL TEMPO

Un mio amico scrittore lo tematizza tantissimo, il TEMPO. Sicuramente lo fa perché è importante, perché ne ha paura. Non del tempo in generale magari, ma di quello più specifico che passa. Quello sì che è un problema.
Come dargli torto, a questo mio amico.

Corri corri, che se no arrivi tardi. Non tirare il fiato, che non fai in tempo. Se sei a corto di ossigeno riposati, ma dai per scontato che quel posto non sarà tuo.
Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi.


Tutto questo è vero. Vero per tutti noi adulti, oggi, in quasi tutto il mondo. Vero sempre di più anche per i bambini.
Sovraeccitati e ultrastressati ci affanniamo al raggiungimento di obiettivi che qualcun altro ci ha astutamente fatto credere nostri. Corriamo di più per guadagnare lo stesso, mentre loro corrono di meno e guadagnano di più, facendo correre noi. Non ci sarebbe motivo per fermarsi, se non fosse che un altro di noi potrebbe arrivare prima e soffiarci quel posticino, quell'isola di purgatorio che in questi tempi di disgrazia chiamiamo paradiso.
HOMO HOMINI LUPUS, questa è e sarà sempre la verità. Disposti a spaccarci il culo per poco o nulla, corriamo a destra e a manca con una tale velocità che perdiamo di vista tutto. Ma in molti non ce ne accorgiamo, perché quel tutto sembra niente e perché in fondo, se gli altri continuano a correre e nessuno si ferma a fare due chiacchiere con noi, quel tutto vale davvero quasi niente.
Lavoriamo e ci stanchiamo, viviamo e ci stanchiamo. Ci stanchiamo e ci ammaliamo. Guariamo solo per stancarci e ammalarci di nuovo, convinti che domani, quel domani, tutto sarà ripagato da una pensione.
Parole magiche. Come vivere per forza l'inferno per poi avere il paradiso dopo la morte. Non sta scritto da nessuna parte. Non sta scritto forse nemmeno sulla Bibbia (che è tutto dire). Cerchiamo di vivercelo per prima cosa qui in terra, tra di noi, il nostro cavolo di paradiso. Poi, quando sarà il momento, si vedrà.
Nel frattempo però è inutile correre per farlo arrivare prima, questo ultimo momento. Perché ogni volta che andiamo ad una velocità diversa dalla nostra, convinti di rubare tempo alla morte, stiamo solo togliendolo a noi stessi.


venerdì 5 febbraio 2010

Legittimo Impedimento a Vivere

La vita non e’ giusta, questo voi lo sapete gia’. La vita e’ uno schifo, per dirla tutta. Anche questa cosa sapete, non e’ vero?

Si certo, voi sapete un sacco di cose. Che il mondo non va, che i mediocri vanno avanti, che i meriti non sono riconosciuti. Sapete che per voi e’ sempre cosi’ difficile –perche’, Dio mio, perche’?

No, non sto facendo dell’ironia. O magari si’, ma solo un po’. Perche’ e’ vero, quando si sta male non ci sono cazzi. Non t’importa un cazzo di chi sta peggio di te. Non c’e’ essere piu’ animale ed egoista dell’uomo che soffre. Tutto scompare. Non sono gli uomini, a tradire, ma i loro guai.

Pero’ mettiamo che una ce la metta tutta. Mettiamo che uno si impegni. Lasciamo perdere malattie e roba tosta che li’ andiamo fuoritema. Mettiamo che sei a scuola, una scuola che odi, e che il futuro ti sembra nebuloso e vagamente odoroso di merda. Che fare?

Beh, li’ dipende. I tuoi sono ricchi? Sei di quelli che conosce qualcuno? Ok, vai avanti. Ce l’hai fatta. Secoli fa l’evoluzione naturale ti avrebbe punito, ora invece sei il coglione in BMW. Complimenti.

Mettiamo che tu pero’ non rientri nella categoria, che i tuoi non sono ricchi, che non conosci nessuno. Che fare? In Italia ci sono le strade A e B: lavoro o universita’. Scopri troppo tardi che le due strade non coincidono quasi mai.

Vuoi trovarti un lavoro? Ok, accomodati. Di lavoretti di merda ce ne sono una marea. Dal call center in su, ma anche in giu’, tanto la situazione e’ quella. Di persone che hanno fatto i soldi cosi’ ne conosco solo una, che ha cominciato raccontando barzellette nelle crociere.

Allora vai all’universita’. Certo. Una bella professione per il futuro. I genitori sono contenti perche’ avranno il figlio dottore, tu sei contento perche’ puoi parcheggiare il tuo culo grasso per altri 5 anni minimo minimo. Magari siete uno di quelli che la tira per le lunghe perche’ non vi va di fare un cazzo, perche’ non capite che senso abbia doversi svegliare per tutta la vita alle otto meno un quarto e andare in un posto a far fare soldi a qualcun altro. Magari vi succede qualcosa di brutto, nel frattempo. Ma bisogna andare avanti, i venti passano lisci lisci e tu collezioni patetici sabatosera e tempi morti. Quasi 30, e ancora non sai chi cazzo sei.

Mettiamo che sei uno che alla fine ci crede. Che credendoci riesce persino a laurearsi. Tutti fanno festa intorno, tranne te. Te, che sai gia’ che da domani e’ finito il parcheggio, che ora si balla. Ma anche non ne puoi piu’ di elemosine, di vite piccole. Vuoi vedere cosa succede. C’e’ stato chi ti ha chiamato bamboccione dall’alto di una poltrona da ministro sotto il culo e una pensione maturata in due anni. Tu, che la pensione non la vedrai mai mai e poi mai, che puoi dire?

Non ti resta che cercarti un posto per te e per lei, non ti resta che trovarti un lavoro. Dovrebbe funzionare. Ma mettiamo che non funziona. Mettiamo che lei ti ama ma il lavoro non arriva. Mettiamo che le bollette arrivano ma il lavoro ancora no. Molli tutto. La casa non l’hai comprata per fortuna, tanto il mutuo non te lo saresti mai potuto permettere. Hai 30 anni, e il lavoro non c’e’. Potresti andare al call center e lasciare che tua mamma pensi ancora a suo figlio dottore, ma allora che cosa ne hai fatto di quei 10 anni? E quanto lei sopportera’ di vivere con te mamma e papa’?

Ci sono master allora, corsi di perfezionamento. Specializzazioni. Stage. Basta chiedere altri soldi a mamma. Ma forse mamma non ce li ha, perche’ si pensava che a questo punto avresti gia’ dovuto guadagnare e da un pezzo. Intanto in tv passano quelli del Grande Fratello che fanno 5000 ad ospitata, le pubblicita’ mostrano iPhone sempre piu’ perfetti e costosi e quella faccia li’ dice che la crisi e’ finita e che dobbiamo comprare.

Mettiamo che torni a scuola e la sera lavori come cameriere per 50 euro a notte. Mettiamo che cerchi di risparmiare mentre il coglione di prima ti passa davanti in BMW. Mettiamo che sapere che qualcosina ne sai serve solo a deprimerti di piu’.

Mettiamo che ti rompi le palle.

Allora guardi la televisione e ti viene quell’idea geniale. Beh, con LUI ha funzionato, perche’ non con te? La legge non e’ uguale per tutti?

Funziona cosi’: con la tua ragazza (se ancora non ti ha lasciato) affitti un bell’appartamentino. Magari centrale e con veranda. Falle bene le cose. Vita ce n’e’ una sola, no?

Intanto cerchi lavoro, portando in giro il tuo cv. Oviamente non arrivera’ un cazzo. Quando il padrone di casa verra’ a bussare il 12, niente paura. Si chiama Legittimo Impedimento. Basta dirgli che non puoi pagare perche’ il lavoro non l’hai trovato. Piu’ che legittimo, sacrosanto, no?

La stessa cosa con le bollette della luce, del gas, di Internet. Vai alla posta e firmi una bella raccomandata: spiacente, questo mese non posso. Magari vediamo per quello dopo, ok?

Poi ti puoi sbizzarrire, ovviamente. “Sky is the limit”. Quando il sabato sera ti portano il conto al tavolo delle 3 doppio malto rosse che ti sei fatto fuori, riecco il Legittimo Impedimento. Et voila’. Il controllore ti chiede il biglietto? Legittimo Impedimento. Il tabaccaio vuole essere pagato? Legittimo impedimento. La tv satellitare porno vuole che saldi il conto? Legittimo Impedimento.

Non credere che vale solo per i soldi, oh no. Lo puoi usare in mille altri modi. Usa solo l’immaginazione. La mamma vuole che l’aiuti con la spesa? Legittimo Impedimento. C’era un programma in tv.

La tua ragazza vuole che assisti con lei alla maratona di “Sex and the City”? Legittimo Impedimento: devo ubriacarmi.

Sei invitato da quella tua zia coi baffi e quel tuo zio che puzza di ascella e non smette mai di sparare cazzate? Legittimo Impedimento: non mi va di farmi rompere le palle.

E se poi il lavoro lo trovi davvero? Niente di cui preoccuparsi. Puoi arrivare al lavoro quando vuoi, anche per le 3. Motivo? Legittimo Impedimento: alla mia ragazza piaceva quello che stavo facendo. Devo pur vivere la mia vita, no? Non pretenderete che me ne stia buttato tra queste 4 mura ad invecchiare mentre quel coglione in BMW la’ fuori se ne va al mare, no?

E’ cosi’. Non preoccuparti. E’ la vera rivoluzione. Avere tempo e voglia di vivere senza farsi schiacciare.

Ora sai che LORO pensano davvero al tuo bene. Forse e’ vero che la vita e’ ingiusta dura e cosi’ via. Ma basta saper prendere tutto per il verso giusto.

E non farsi prendere per il culo, ovviamente.

lunedì 1 febbraio 2010

ControCoglioni

Salinger e’ morto a 91 anni. Beh cazzo, arrivarci a 91 anni. Impossibile. Magari mi annoierei pure. Lo faccio gia’ adesso.

Ma non volevo parlare di questo. Non so bene di cosa volevo parlare. Non ho uno scopo ben preciso. Non voglio fare il necrologio anche di Salinger, che senno’ il Morgana comincia a diventare posto da grattarsi le palle. Per quello bastano i giornali, coi loro articoli pronti gia’ da anni. In quel caso forse avrebbe fatto bene Salinger a grattarsi le palle.

Che posso dire? Che VOGLIO dire? Che quest’uomo e’ stato un genio. Senza sbrodolarla troppo. Il suo libro e’ stato uno dei primi che ho letto, ed e’ ancora uno dei migliori. Non ho letto altro di Salinger oltre il Giovane Holden. Non m’importa. Quello bastava e avanzava.

Un ottimo primo libro basta per la carriera di uno scrittore?

Perche’? Tu non hai scritto nemmeno quello, no? (citazione)

La prima volta l’ho letto in viaggio, uno dei tanti, e l’ho trovato geniale. Alla fine del libro avevo voglia di prendere il telefono e chiamare Holden e farmi una chiacchierata (citazione). Mi ha fatto ridere come pochi altri libri, mi ha fatto pensare senza farmi venire la faccia di uno seduto sul cesso, mi e’ entrato dentro.

Poi sono passati anni, non ricordo nemmeno piu’ quanti. Salinger pero’ era sempre li’. Li’, nella sua cazzo di foresta, a fare quel che cazzo gli pareva. Come Holden, come Salinger. Questo stronzo ha lasciato un segno col pennarello indelebile sulla letteratura del Novecento e poi si e’ permesso di mandare tutti affanculo e ritirarsi nelle montagne. Per lui c’erano convegni, interviste in tv, giornalisti appostati, monumenti, forum mondiali, conferenze stampa. Niente. Non gliene importava niente.

Forse, con quel sorrisino ingenuo e furbissimo alla Holden, avra’ pensato –ma che cazzo c’entra tutto questo con lo scrivere una storia?

Ecco perche’ quest’uomo era un genio. Ecco perche’ nessun altro pennivendolo con la voglia di flash paparazzi e crema abbronzante potra’ mai neanche dire di appartenere alla stessa categoria.

Salinger li ha spiazzati tutti perche’ ha fatto una cosa che non ci si aspettava da uno scrittore: ha scritto. Ha scritto e basta.

Non so i motivi per i quali si sia ritirato cosi presto. Magari non ne avevo nemmeno uno. Gli girava cosi’, e’ tutto. Aveva scritto una storia di cui tutti parlavano, ma adesso era finita. Non voleva farne un film per il cinema, ne’ un adattamento per la tv, non voleva raccontare aneddoti simpatici sulla sua creazione, non voleva leggerlo in pubblico.

Voleva solo farsi i cazzi suoi.

Ecco perche’ Salinger era uno con i controcoglioni.

La prossima volta che avrete in mano una copia dell’abbronzato Baricco, pensate a Salinger che se la ride nei boschi mentre tutti lo cercano e lui non si fa trovare.

A Salinger che alza il dito medio ed esce di scena come meglio non potrebbe.

Dicendo: questa e’ la mia storia. Ora toglietevi dalle palle.

La lezione piu’ grande Salinger l’ha data non presentandosi in classe.

Quando sono arrivato in Australia la prima volta, quasi 3 anni fa, il primo libro che ho letto in inglese e’ stato “The catcher in the rye”. Un po’ perche’ lo conoscevo in italiano, un po’ perche’ nonostante il mio inglese approssimativo lo capivo. Un po’ perche’ ero in viaggio e ritrovavo un amico.

Casa era lontana, e non sapevo se ci sarei mai tornato.

E anche questa, ovviamente, e’ una citazione.