lunedì 28 settembre 2009
Rural Silence
C'è un momento in cui ti fermi un attimo, in cui smetti di soffiare aria attraverso le corde vocali.
Non è affatto raro, arrestarsi, ma è difficile che accada quando qualcosa di importante già toglie il sonno, colora le sere, infonde calore per tutto il giorno e rende nervosi al punto da tremare.
Proprio allora, quando sei in balia di quel qualcosa, quel qualunque qualcosa, potresti diventare un pazzo posseduto che non sa fare altro che fare monologhi e monologhi su quello che lo possiede.
Ed è un argomento che finisci per tirare in ballo sempre, con costante ossessione. Non solo perché è nuovo e di recente svilppo.
Ne sei talmente pieno, perché tra te e te non la smetti mai di ingozzarti, che finisci per rigettarlo copioso su chiunque ti è a tiro. Ne parleresti persino ai nemici, tanto hai bisogno di fare spazio per assumerne ancora.
Immagina di poterti ubriacare con tutto il bene del mondo.
E' chiaro che per quanto tu faccia spazio, dentro di te non ce ne sarà mai abbastanza dove mettere quell'enorme quantità di bene. Potresti quasi stare male, poi.
Perciò cominci a spalmarlo intorno, lo irradi nei tuoi pressi.
Poi un giorno fai una pausa. Minima e necessaria, per prendere il respiro.
A furia di ingozzarti erano mesi che eri in apnea senza accorgertene.
E allora vedi meglio, riprendi un minimo di lucidità. Non riguardo al nettare di cui sei ubriaco e vorresti esserne sempre, ma riguardo a chi ti sta vicino, alle persone a cui hai parlato tanto.
E li vedi sereni, intenti a vivere le loro vite, proprio come tu stai facendo con la tua. Ognuno ha i suoi problemi e le sue passioni, solo che forse in questo momento non ne è ciecamente trasportato quanto te.
E sta zitto, fa silenzio.
Parla poco o nulla, in definitiva.
Tu hai parlato del tuo unico argomento come fosse il più importante del mondo, ne hai parlato come l'apocalisse. Di quelli che ti hanno ascoltato, invece, solo pochissimi hanno provato a starti davvero accanto.
Alcuni l'hanno considerata una chiacchiera senza darle importanza, altri addirittura sono scettici sulle parole che hai usato per le tue emozioni.
Insomma forse hai parlato un po' troppo. Forse hai parlato troppo agli altri e gli altri non hanno detto molto a te. E non c'è nulla di più normale, quando hai una passione che ti fa stare così, ma sembri un triste appassionato di cricket nell'Italia del solo pallone.
E allora torni a tenerlo per te. Prendi a cullarlo dopo gli scossoni e le luci della ribalta, torni a coccolarlo dopo i trambusti della metropoli. Ritorni nella tua campagna, dove tutto è iniziato, a coltivarlo nel tuo piccolo orto, in religioso silenzio. Come fosse il tuo unico amore.
giovedì 24 settembre 2009
Dedicato a tutti quelli che...Vogliono senza voler anche capire
Puoi tornare serenamente a farti cazzi tuoi. Io farò lo stesso, anche perché alla fine dei tuoi me ne frega relativamente.
Tu, che se io dico amore passione, viene fuori che non ci capisci nemmeno l'acca che non c'è.
Tu, che certe cose non le faresti nemmeno per una manifestazione sindacalista o per una vittoria della "maggggica".
Tu che ci vedi benissimo, ma che del mondo vedi pochissimo, ché sei sempre di fronte a un specchio. E che ti sorridi compiaciuto, che ingrossi il petto e ti senti fico. Ti ci sei pure disegnato una cornicetta rosa, tutta intorno. Bè ora voltati e mettitela dove immagini, quella cornicetta.
Tu, fottiti.
Tu che vuoi la vita con impegni e persone, tu che poi non hai voglia di capirne nessuna diversa da te.
Stammi alla larga più che puoi. Lontanissimo, oltre l'orizzonte.
Tu che non vivi neppure la tua vita, mentre io la rischio volontariamente.
Tu. Non farti vedere e non farti sentire, per carità, che io qui sto cercando di guardare da tutt'altra parte.
Sto cercando di ridere fino a sentire il dolore sulle guance, sto cercando di piangere sino ad addormentarmi.
martedì 22 settembre 2009
Un giorno disumano
Esci che è ancora buio. Piove, tanto per cambiare. Sembra sia quello il clima ufficiale, ogni volta che c’è una partenza.
L’auto si abbassa sotto il peso delle valigie. Gocce cadono sul parabrezza. Fa freddo, anche.
In autostrada guidi in maniera meccanica. Cerchi di non pensare a niente. il sonno ti dà una mano. Ma non basta.
Le altre macchine barcollano a destra e a sinistra. Gli uomini dentro sono stanchi, distrutti, sorpresi quasi dal fatto di essere lì in quel momento. Non è l’alba, il loro posto. Non è il posto di nessuno. Quel momento quando la notte finisce, e finiscono i nascondigli. Finiscono i sogni, le illusioni, le lunghe ore dove l’ultima cosa che ti verrebbe in mente di fare è dormire. Finiscono le stelle, finisce tutto. L’alba arriva di colpo, e ci devi fare i conti. L’alba che ti vuole sveglio e attivo, l’alba che ti porta al mondo del mattino, quello degli affari e delle cose da fare e degli appuntamenti da rispettare.
L’alba che ti dice che non c’è più tempo per giocare.
Hai sempre odiato l’alba.
Di cuore.
Così tu e gli altri uomini strappati a quella notte che pensavate per sempre vi muovete confusi. Non dovreste essere qua, eppure ci siete. Uno scherzo che non fa ridere nessuno. Sorpassi un’altra auto, chiedendoti perchè quella fretta, chiedendoti dov’è che stai andando.
Non vi dite molto in macchina. Il più è stato detto. non volete che l’alba senta le vostre parole di notte. Le tenete per voi, mentre tutti e due guardate in direzioni diverse e fate finta di interessarvi a cose stupide e fate finta di essere allegri. Non ti ricordi nemmeno se l’autoradio era accesa o no. Ma davvero, quello non fa proprio nessuna differenza.
Sei in ritardo. Tu, che da fottuto paranoico arrivi agli appuntamenti sempre con ore di anticipo. Succede sempre così con le partenze. Anzi, solo con le partenze che non vuoi che succedano. Ti fai la guerra da solo, come sempre. Alla fine almeno sai bene chi ci ha perso.
Sei in ritardo e non puoi nemmeno salutarla come si deve, perchè l’alba è finita, il mattino è tutto lì e non è più tempo per queste cose. Perfino i film più emozionanti suonano come vuoti e stupidi in quelle prime ore di sole. Lei corre verso gli imbarchi e tu vedi dei capelli, vedi delle gambe, vedi il sole che arriva e se ne va.
Quando esco piove di nuovo. Sembra non ci sia modo di scappare. Manca l’aria, ma forse è solo questione di ventola bloccata. Ingrani la marcia, avvertendo, più del sole della pioggia dell’alba e del mattino, un’assenza nel sedile accanto. Non avevi mai preso in considerazione quanto una persona potesse riempire uno spazio anche così piccolo, e come enorme e desolato sembri quando quella persona non c’è più.
Scegli un cd che tanto non ascolterai e torni sulla strada. Il mattino ha vinto di nuovo. Vai. Non suoni nemmeno più a quelli che ti tagliano la strada. Pensi, tu, pensi a quando ti chiederanno come stai, a cosa potresti mai rispondere, a cosa è rimasto ancora da dire, e a come fare per poter tornare a quella notte, dove di dormire non ti veniva proprio voglia. Era bella, quella notte lì.
Ora è mattina. L’autostrada non ti è sembrata mai così lunga. Tu comunque non hai fretta. Non più.
Chiudi gli occhi.
domenica 20 settembre 2009
Guarda dove vai
Sono qui per farmi un po’ i cazzi miei, ma anche i vostri. Uno gioca a fare l’idealista, quello coi principi (per sballati che possano sembrare) e poi gli vengono a rompere le palle, così oggi penso al mio culo.
Si dice che uno si rende conto delle cose che non vanno solo quando capitano a lui. Se c’hai il tuo bel riscaldamento centralizzato, chi se ne fotte della gente che muore di freddo per strada? Chi se ne sbatte dei barboni, a parte gli stessi barboni?
È ipocrita, è paraculo. È la vita, ladies & gentleman.
Di questi tempi siamo abituati a tante di quelle vaccate che ci rotolano davanti durante quei finti tg che ormai non ci facciamo più caso. È quello, l’inizio del disastro. È quello, che loro vogliono: non farci più caso. Ti hanno anestetizzato alle cazzate. Ne sparano così tante che lasci perdere in partenza, e buonanotte al cazzo.
Probabilmente comincia sempre in questo modo. Forse un tg nazista prima del ’39 non era così diverso da uno Studio Aperto di oggi. Magari starete dicendo che esagero, che sono un visionario.
Magari la stessa cosa la dicevano anche a quelli che cominciavano a vederci del marcio prima che il marcio esplodesse.
Comunque, non sono qui per paragoni che possono suonare improbabili. Dico solo una cosa: la storia si ripete sempre, ma mai nello stesso modo. DEVE sembrare diversa, di modo che non ci si renda conto che è sempre lo stesso teatrino. Sennò, che cazzo ci staremmo a fare qui? A fare le stesse cazzate che hanno fatto nonni e bisavoli?
Ovviamente. Ci cadremo sempre. Con tecnologie diverse, con etichette diverse, con bugie diverse, ma ci cadremo sempre.
Guardatevi attorno. I finti telegiornali e giornali, i furti, la censure, le violenze. Andate oltre l’ennesimo cazzo di servizio su quanto caldo fa d’estate e come cazzo vestirsi e cosa cazzo mangiare. Vi dicono che va tutto bene? Che non siamo mai stati meglio? Che siamo abbronzati, fighi, senza problemi?
Allora siamo alla frutta. Peggio.
Fra queste finte notizie e quelle vere non date c’è quella che mi tocca il culo. Ci sono state le elezioni europee, pochi mesi fa. Una di quelle che non vale un cazzo, che la gente non muove il suo culo da casa. La gente, di politica, non ha mai capito una mazza.
Le elezioni le hanno vinte la Lega e Di Pietro. Di Pietro è scomparso, cancellato dall’informazione di partito, dalla censura, dai suoi stessi alleati (???). la Lega c’è ancora, e c’è ancora quel coglione bavoso che il buon Dio ha voluto salvare in Extremis per la gioia di noi tutti.
Fra un servizio sull’estate di Briatore e uno su Harry Potter, si sono dimenticati di dirvi che l’Italia ha chiuso le frontiere. Che hanno introdotto il reato di immigrazione clandestina. Che hanno allungato i tempi, cambiato le carte, complicato tutto. Pacchetto sicurezza, sì. Chissà come l’avrebbero chiamato, ai tempi di quell’altro Nanetto Sul Balcone.
Il Presidente della Repubblica, utilissima figura della nostra democrazia, ha firmato anche se, di fronte a una porcata razzista del genere, ha detto a quei birichini del Pdl di stare un pochino attenti la prossima volta. Loro hanno detto sì sì certo, come si fa ai nonni rincoglioniti, e sono andati avanti con la porcata.
Io non sono di sinistra. Io non sono un cazzo. Non sono nemmeno politicamente corretto. Non voglio bene a tutte le creature del pianeta indistintamente, e ci sono parecchie cose che mi fanno incazzare. Non sono nemmeno contento delle bande criminali albanesi, rumene, zingare, così come non lo sono di quelle italiane. Non faccio distinzioni, in quel senso, per il semplice fatto che non ho nessun senso della patria e dei confini. I confini sono disegni su una carta fatti da qualcuno con cui non ho mai parlato. Mio paese, suo paese...che cazzo, siamo tutti nella stessa cazzata. Chi se ne frega. Non è che lo Stato Italiano abbia fatto per me cose che non abbia fatto un qualsiasi altro Paese Estero –cioè praticamente un cazzo.
Non ho mai creduto in passaporti e visti. Uno deve essere libero di andare dove cazzo gli pare. Non anarchia, ma semplice libertà. Ce la siamo dimenticata, la libertà. Anche in Australia questa storia dei passaporti mi scazzava parecchio, quindi non è che ce l’abbiamo solo noi. Solo che noi potevamo vantarci (per una volta) di essere quelli che non sparavano sui barconi, che non rifiutavano nessuno a priori. Questo fino a prima delle europee.
La legge è passata e tutti si sono dati il 5, da Maroni in giù (e già Maroni è abbastanza in basso). Hanno impedito o reso complicatissimo il matrimonio tra un italiano e un’africana –così come un’inglese, un’australiana, un’americana, una canadese perdio- e questo ci farà dormire sonni tranquilli la notte. Bankitalia stila un documento dove dice che la presenza di immigrati in Italia ha favorito i lavoratori italiani, invece che svantaggiarli come dice il Bavoso in continuazione, e noi li blocchiamo lì.
Mi sono sentito dire che le leggi come queste sono necessarie, anche se non guardano al caso specifico –e certo, magari ci va di mezzo qualcuno che non c’entra niente, ma che ci vuoi fare? Se vuoi fare un’omelette devi rompere qualche uovo, no?
È bello quando ti dicono certe cose. Scalda il cuore.
Anche questo, cari abitanti del Morgana, è anestesia. Non pensi mai a tutte le migliaia di storie che ci sono dietro un titolo fasullo di giornale. Non pensi a cosa quella legge davvero comporta. Non pensi ai problemi, al dolore, non pensi alle famiglie divise, non pensi al niente da mangiare.
Non pensi, e loro sono contenti.
Nessuno ha accennato ai matrimoni andati a puttane, e a quelli che dovranno essere annullati. Non possiamo mica fare entrare tutti a casa nostra, dicono. Che se ne stiano al loro paese, dicono. Dicono, dicono. Dicono tante cose.
Io dico che una “casa mia” che anche il Bavoso può chiamare “casa sua” non m’interessa. Che se la tenesse ben stretta, questa “casa sua”. Che ci mettesse tutti quelli come lui, e che tutti stessero lì a bearsi di tutto quello spazio che hanno per loro, e della loro bellezza da razza superiore.
Non è il problema più grande che abbiamo per ora, direte.
Certo. È vero. Ma m’incazzo lo stesso. Non sono Dylan Dog, intendiamoci. Mi sarei incazzato perchè lo faccio sempre, quando qualcuno prende la mia e l’altrui libertà e ci si pulisce il culo, e poi cerca pure di farmelo passare come qualcosa di buono per me.
M’incazzo perchè, volente o no, sono abituato a guardare dove vado, a cercare di non farmi fregare, a vedere quello che davvero c’è da vedere. A capire come tira il vento, anche se nessuno è più abituato a parlare.
Vi dico che nessuna legge bavosa può fermarmi, nessun confine può immischiarsi tra me e le persone che amo. Forse ce la faranno loro, alla fine, ma forse no.
Intanto, guardate dove andate. È un consiglio.
Siete liberi di fare quel che volete.
martedì 15 settembre 2009
Gesti inconsulti
Partendo da A, se non passi per B non arrivi a C.
La C di "Checcazzo". E se per me non funzionasse così? Cosa dovrei fare, spararmi? Sparire?
Perché io salto, magari. Prendo la rincorsa e spicco il volo dalla A alla Z, magari.
Le altre? Si vede che non mi interessavano, o forse le vedrò dopo. Non esistono solo le lettere, esistono anche i salti, per me.
E' vero, volendo ne ho il diritto. Quindi anche non volendo "cazzi miei", se lo faccio solo io.
Vi dà fastidio, eh?
Non che non ci dormiate la notte, certo. La logica vuole che quando uno è a posto dorme alla grande. Gli unici problemi che uno ha sono quelli che sceglie di farsi, e il trucco è farsene il meno possibile.
Però un po' vi dà fastidio, un po' vi metto in difficoltà.
Io che mi faccio problemi per migliaia di cose delle quali potrei sbattermene allegramente. Io che mi faccio problemi ma poi agisco andandoci contro, cercando di superarli.
No. Non c'è un motivo per cui mi complico la vita. Non lo conosco, almeno.
Però non so, la vedo troppo facile agire senza farsi problemi. E' la cosa più semplice di tutte. Si è sempre nel giusto perché si sceglie di fare solo quelle cose in cui si è nel giusto.
E' il bello delle regole. Danno garanzie.
"Non ti tradisco peché se no passo dalla parte del torto", non perché ti amo e non mi è mai passato nemmeno per la testa perché non vedo nessun'altra persona.
"Si, ti ho tradito, ma è perché tu mi rendi infelice e quindi te lo sei meritato", ma non te lo dico, prima, che mi rendi infelice; questa regola mi pesa e quindi scelgo di non seguirla.
Beata linearità (per chi la vuole proprio vedere).
Io non ho nulla di personale, contro le regole. Ma so che molte di queste stanno lì ad indicare una linea di massima, un ultimo rimedio per coloro i quali non sanno come agire o non ne trovano la forza.
Nel dubbio ci si attiene alle regole. Per non sbagliare, per non rimpiangere.
Che senso ha, quindi, andare a dare un esame per il quale volutamente non ci si è preparati al meglio?
Perché restare a fianco di un amico, se da tempo noti che le strade si allontanano?
Non c'è allora motivo per dire ad una persona "mi piaci" quando non hai la più pallida idea di cosa possa seguire. Giusto?
Non ha senso, quindi, portare delle paste ad una ragazza che ti ha chiesto di non vedersi perché deve studiare; non ha senso andare e lasciarle le paste sotto il portone di casa, senza tenerla lontana dai libri più del minimo tempo.
Perché portare un corso completo di spagnolo a casa di un'amica a cui serve, se lei ha la macchina e può (forse dovrebbe, visto che serve a lei, secondo le regole) venire sotto da te a prenderselo? Perché avventurarsi in sella ad una bicicletta traballante, alla volta di luoghi sconosciuti e col cielo minaccioso, con 6 chili tra cd e fascicoli, per portarglielo?
Che siano solo gesti inconsulti, inspiegabili, impensabili?
No. Credo che possa esserci un'ottima motivazione.
Perché è così. Perché forse questa è la prima regola. Fare quello che si sente di fare, assumendosi di volta in volta il peso delle proprie scelte. Essere se stessi e dare un senso a questo, dando un senso a queste cose. Senza nuocere volontariamente a nessuno, s'intende.
Dietro ogni regola c'è sempre una scelta. Perché fermarsi sempre prima?
giovedì 3 settembre 2009
ULTIMO INSEGNAMENTO
Comunque non ce ne saranno molte altre.
Stare con qualcuno non è facile, ma se vuoi la vita facile resta da solo.
Non è più come dieci anni fa, le cose sono cambiate.
Non puoi più andarle incontro e dirle "ti vuoi mettere con me?".
Lei non ha più quindici anni, ma circa dieci di più.
Come te.
Tu puoi continuare a restar piccolo e a tentare con quelle che hanno quindici anni, ma cresceranno anche loro.
Tu puoi non crescere, ma non pensare nemmeno per un momento che il mondo possa stare ad aspettarti.
Questa è la vita.
Quella che per anni, quando eri piccolo, mamma e papà ti hanno detto che era difficile. Niente di impossibile a dir la verità, ma non è proprio come mandar giù un bicchier d'acqua.
Ora ci sei, la stai vivendo. Come tutti la stai anche un po' sprecando, è normale.
Ma quello che sei e che fai con gli altri ora è reale, ora ha delle conseguenze. Non puoi rifiutarle, ma solo accettarle. Cambiale se ci riesci, ma dovrai cambiare anche chi sei o quello che fai.
Se no abituati, se no facci il callo
Prenditela con Dio, con gli altri o con te stesso, tanto non cambierà nulla.
Ci sono tanti equilibri e mille e più variabili che agiscono in lungo e in largo su questa sfera di terra e di acqua.
Ci sono persone che rischiano, che ogni giorno lottano per ottenere qualcosa, altre soffrono per averla lasciata andare, altre ancora vivono e muoiono nel dubbio di non sapere cosa volere o di non essere in grado di prenderla.
E la vita è fatta di occasioni, e corri contro gli altri e contro te stesso. E sullo sfondo corre sempre anche il tempo, non dimenticare.
Ma il bello di ogni occasione giocata male, se hai l'intelligenza di vederla così, è che può insegnarti a giocare meglio la prossima.
Fino a giocarla bene, o almeno sufficientemente bene.
A meno che non era l'ultima.
Ma in fondo, se sei fortunato, era solo la penultima.
Per me, principalmente, per non dimenticare il valore delle cose.
Per un amico, che forse può imparare.
Per chiunque possa interessarsene.