martedì 11 agosto 2009

SICILIFE

Roma è insolitamente fresca, pochi metri fuori il sottosuolo della stazione della MetroB Bologna.

L'isola è lontana ore e ore di mare, trascorse nella notte rimbalzando tra passeggiate sul ponte, fantasiose pose sulle poltrone, inconciliabili incontri orizzontali tra il corpo e la moquette blu.

Ma c'è la pelle più abbronzata, e bruciata, in alcuni in casi. Ci sono ancora le tracce blu di un pennarello, comprato di domenica per scrivere su dei bicchieri di plastica.
C'è un emotività che perdura, seppure attenuata; occhi ancora rossi per aver sgorgato lacrime per ogni cosa, manco fossero fontane.
C'è un post nel blog di un amico che ti sprona a bere salvo poi giudicare "disgustoso" il corvo rosso che con lui stai dividendo.
Nello zaino c'è la sabbia di Isola delle Femmine, col caos domenicale e le ore di sudore sotto il sole a cercare parcheggio o due ombrelloni liberi. C'è il golf grigio, per cautela portato lungo un viaggio in cui la temperatura non è mai scesa al di sotto dei 30°C, servito a scaldare un po' un'amica forse troppo freddolosa.
C'è un ultimo fazzoletto superstite, miracolosamente scampato alla razzia che ne è stata fatta a causa di attacchi di diarrea post-partita.
C'è ancora il gusto dei pitoni di Orto Liuzzo, specie quelli classici con la scarola, e dei rollò di Scimone a Mondello e del bar di Sferracavallo, divenuti una costante delle mie colazioni. Le papille sono rimaste segnate, e l'impressione è quella che possano in ogni momento ricordare esattamente il sapore indelebile di tali bontà gastronomiche. Le stesse labbra non possono scordare il gusto di quel che hanno incontrato.

Ci sono i ricordi, insomma. In qualcosa che prendi, o che lasci, o che resta ma non è più come prima.
Qualcosa che non dimentichi.

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