venerdì 15 maggio 2009

Barriera





Ho un pensiero, per ora. Ne ho diversi, veramente. Qualcosa che non mi piace. Non sono il solo ad averli. Per scacciarli tolgo l’occhio dal calendario e mi racconto delle storie. Ricordo. Cose piccole, vicine e lontane.


Mi è venuto in mente allora come da piccolo amavo il mare, e soprattutto mi piaceva fare immersioni con la maschera. Mi dava un senso di pace, attutiva i rumori e mi faceva entrare in un mondo che mi sembrava solo mio. Come scrivere una poesia, in fondo.


Amavo esplorare quei fondali, fare caso ad ogni minuscolo dettaglio. Restavo lì oltre il momento in cui le dita mi si rattrappivano tutte, oltre anche il momento in cui venivo richiamato perchè era il momento di andare a casa. Mi piaceva davvero stare lì. L’unica cosa era che in quel mare lì non c’era un cazzo da vedere. Era il fondale più noioso, inutile e sporco che si possa immaginare. Invece delle meduse, beccavo i sacchi di plastica. Perfino i pesci erano rari e brutti. Ma ero un bambino, e sognavo mondi lontani già, sognavo i tropici, sognavo di vedere pesci colorati e strani, e fondali oscuri e meravigliosi, sognavo la barriera corallina.


Ma giorno dopo giorno scoprivo che lì non c’era proprio niente da vedere. Solo sabbia, pietre e un paio di pesci verdastri. Punto. Niente barriera corallina, da quelle parti.


Ricordo un giorno che i miei amici di allora erano andati alla spiaggia di Tarantonio. Al ritorno mi avevano raccontato tutto. Dicevano che lì la sabbia era diversa, più fina, e che si toccava fino al largo. Tarantonio non distava da quella spiaggia più di un chilometro, eppure dopo quella storia per me era diventato come i tropici che sognavo. La sabbia fina? Toccare fino al largo? Wow!


Quel giorno mi immersi, ma uscii dall’acqua che le dita non si erano ancora ridotte a una spugna. Adesso mi annoiava, immergermi là. Volevo di più. Adesso che sapevo che là fuori c’era un mare con la sabbia fina –o almeno, più fina di dove mi trovavo- e che potevi toccare fino al largo, volevo andarci anch’io. Volevo vedere. Volevo esplorare.


Sognavo. Un giorno avrò anch’io la mia spiaggia di Tarantonio, mi dicevo.



Un mese fa mi trovavo su questa barca. Stavamo puntando verso il largo. Fuori pioveva, e subito dopo veniva fuori il sole. Sapevo che era normale. Ai tropici funziona così, il tempo.


Quando la nave si è fermata ho indossato maschere e pinne come tutti quanti, e mi sono tuffato nell’acqua calda, trasparente. Una volta immerso, si vedeva solo blu. Ho cominciato a nuotare in una qualche direzione, e alla fine c’ero. Stavo nuotando sopra la barriera corallina. Anni dopo, eccomi là.


Avevo occhi un po’ rovinati da questi anni ch si sono piantati in mezzo, ma lo stesso dentro di me godevo di quella vista. Dentro di me c’era ancora quel bambino che sognava la spiaggia accanto.


Ho nuotato per ore, senza mai fermarmi, senza mai stancarmi. Era una meraviglia, meglio ancora che nei miei sogni di bambino. Era qualcosa che valeva la pena vedere. Valeva la pena arrivare fin qui.


Sono rimasto a nuotare in quel blu perfetto, tra pesci esotici e coralli di ogni colore forma e dimensione, finchè le dita non mi si sono rattrappite tutte. Ho nuotato mentre dalla nave mi chiamavano per dirmi di tornare.


Tornando mi sentivo come se avevo chiuso un cerchio, ma solo uno dei tanti. Quel giorno da bambino avevo capito che il mio mondo non finiva là, in quella spiaggia di sabbia e pietre tutte uguali. Avevo i tropici nel cuore, e non mi sarei accontentato di niente di meno.


E adesso c’ero. Qualsiasi cosa succeda, sono arrivato in quel mondo che sognavo. Qualsiasi cosa succeda, nessuno me lo può portare via questo. Sapere che c’è ancora qualcos’altro da vedere e vivere, è quello il trucco.


Non fermarsi mai.


Non so perchè ho raccontato questa storia. Non so neanche se c’entrano tanto i pescie e la barriera corallina, con tutto quello che ho in testa. Forse non aveva senso. Ma forse, chissà, un senso poteva anche avercelo.


Intanto i pensieri restano.


Continuo a ricordare, continuo a scavare...


0 commenti: