Lo so quello che pensi. I compleanni ti stanno sul cazzo. Anche a me, lo sai. Lo sanno anche quelli del Morgana. Ok, allora fai conto che sia una grande festa. Due palle, vero? Lascia perdere tutto, e vieni fuori col tuo compare. portati dietro la birra, ovviamente. Anzi, facciamo che ce ne portiamo fuori un altro paio, ok?
Eccoci. Come va? Meglio? Dai, che almeno la bumba è buona. Aiuta a far passare questa giornata. Non che basti: e oggi forse basta meno che mai. Il numero è di quelli tosti. 30. Trenta, cazzo. Fa effetto solo sentirlo. Come ci si sente? Ho un paio di mesi per scoprirlo ancora, ma potresti dirmelo tu, tanto per prepararmi. Fa paura? Fa ridere? È solo un altro numero del cazzo? Chissà.
Quando ci siamo conosciuti, i 30 erano lontani. Nemmeno ci pensavamo. Eravamo delle rockstar, e le rockstar non campano mai fino ai 30, si sa. Non facevamo progetti, nè lunghi nè brevi.
Facevamo sogni.
Di quelli, non ne bastavano mai. La realtà era che eravamo dei bambini, ma già in lotta col mondo. Dentro di noi c’era il germe della grandezza o della follia. Non ci bastava mai niente. non ci lasciavamo mai in pace. Era un mondo piccolo, freddo, ostile. Ma c’eravamo trovati. Ricordi? Sì, sempre il solito: zoo, genitori, ragazze. Ma c’era quel motorino giallo (di cui andavi fiero senza che ancora abbia capito perchè...), e noi là sopra a cantare, a viaggiare anche se di poco, a cominciare il nostro sogno di rockstar, di rivoluzionari, di sognatori incapaci di redenzione.
No, tranquillo, non ti faccio tutta la nostra biografia. La storia la sappiamo tutti, anche se ogni tanto forse farebbe bene ricordarcela. Non per vivere nel passato, ma solo per capire tutta la strada che abbiamo fatto.
Non siamo mai scesi da quel motorino. Poi è arrivata la Poderosa, e noi di sopra a fare quel viaggio, noi due soli e nessuno ad augurarci buon viaggio, a dirci buona fortuna. Ce la siamo creati da soli, la nostra fortuna, con lacrime sudore sbronze e pazienza.
Viaggiavamo in direzione ostinata e contraria, come sempre.
E quei 15 maggio, in quella città? Ne vogliamo parlare? Sì, bevi bevi. Bevevamo anche allora. Facevamo bere la città intera, in quei giorni. Roma di notte, Salvatore che arrivava sempre per primo, il solito cd di Bob Marley nello stereo, la brocca di gin lemon che andava via nei primi 10 minuti, e le ragazze, tutte quelle ragazze belle e barcollanti, addormentate sul letto, un altro monosorso di tequila, un film alla televisione, e noi che come sempre urlavamo per farci sentire, per fare sentire che ancora eravamo vivi. Quelle non erano solo feste, fratello mio. Quelle erano delle celebrazioni. La vita giocava a nascondersi e noi ridevamo e bevevamo sopra ogni anno che passava. Tutti salivano su questa astronava lanciata nello spazio. Non ci sono mai più state feste come quelle.
Beviamo un po’. Ai tuoi trenta, fratello. Siamo adulti ora, lo sai? Siamo entrati nel mondo dei grandi. Nel mondo dei nostri genitori. E ci siamo entrati come meglio non potevamo: senza un lavoro, senza un progetto, ancora in viaggio in terre che nemmeno osavamo sognare. Molesti e ubriachi e ancora pieni di sogni, come se fossimo sempre rimasti bambini in lotta col mondo.
L’unica cosa certa è che non siamo delle rockstar, vista l’età. Ma forse un po’ lo siamo lo stesso.
Adesso siamo qui. O meglio, tu sei lì, nel deserto. Sei venuto nel mio sogno, e l’hai fatto un po’ anche tuo. Cosa si può chiedere di meglio, tra fratelli?
Siamo riusciti ad essere nello stesso Paese per il 15 maggio, dopo tanti anni. Un Paese dove convivono allo stesso tempo la popolazione più giovane e quella più vecchia del mondo. Australiani e aborigeni. È così che siamo anche noi. Il calendario va avanti, l’orologio non si ferma, e il 30 fa paura. Ma è solo un numero, socio. I capelli bianchi, la stanchezza...è stata una lunga guerra. Lo so, lo sai. Zoo 206 e tutto il resto. Poi pensavamo ad un certo punto che fosse finita.
Come sempre, ci sbagliavamo.
No, non ti ho portato qui fuori per deprimerti. Tanto lo sai anche tu che questa NON è tutta la storia. Siamo dei giovani vecchi, lo siamo sempre stati. Abbiamo visto troppe cose, siamo passati in mezzo a troppa merda. Ma allo stesso tempo ci siamo conservati vivi e freschi come pochi altri hanno fatto. Guardati intorno, guarda quelli che avevano i PROGETTI, quelli che volevano quello di cui noi non ci siamo mai accontentati. Guardali bene, per favore.
E ora dimmi: i nostri 30 anni, sono come i loro?
Siamo riusciti a incassare le fiches che ci restavano e andare a puntarle sul progetto più sballato. Non ci siamo mai fermati, non ci siamo mai arresi. Forse non rockstar, ma almeno un po’ rivoluzionari lo siamo stati, non ti pare?
Non ci siamo mai fatti prendere.
E abbiamo vinto, fratello mio. Qualsiasi cosa succeda, manda giù questo: abbiamo vinto.
A volte è dura, mantenere i propri sogni in piedi. Ma siamo qui per questo. Troveremo sempre un modo.
La birra virtuale è quasi finita. Tu goditi il deserto, socio. Goditi il semplice fatto che stai prendendo ancora una volta per il culo il tuo destino. Che non sei lì dove tutti vorrebbero che tu fossi. Che sei ancora vivo. Che non è così importante che qualcuno ci dica buona fortuna. Che una birra dal compare la puoi sempre trovare, vera o virtuale.
Lasciami dire una cosa sola –al Morgana capiranno, non hanno la puzza sotto al naso.
Lasciami dire che sei un grande.
Buon compleanno, fratello.
Ci vediamo al solito bar, quando torni.
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