Ascoltavo quella canzone di
Vasco, “C’è chi dice no”. Quella dove canta, “c’è chi dice no/ io non ci sono/ c’è chi dice no/ io sono un uomo”.
Buffo, se ci pensi. Buffo perché Vasco in realtà c’è, e anche troppo. Lo trovi in televisione, sui giornali. Lo trovi nella pubblicità delle macchine e dei gioielli –ma lì ovviamente poi ha detto NO, un NO forte e chiaro. Dopo aver intascato i soldi, certo, ma l’ha detto. le sue canzoni non possono sporcarsi con quella merda, eh no, che diamine!
Lo trovi a Sanremo, che canta davanti ad una platea da 2000 euro a poltrona, e parla di vite spericolate, di Steve Mcqueen, e ti accorgi che sa sempre meno di cosa sta parlando –semmai l’ha saputo. Ti chiedi perché è lì –ma forse l’errore l’hai fatto tu, perché lui lì c’era già stato, anni fa. Forse uno che diceva di pensarla in un certo modo non ci andava nemmeno la prima volta, a Sanremo. Ma eri giovane, allora. È molto facile fregarli, i giovani.
Lo trovi che stringe le mani ai professori, sorride ai fotografi e prende in mano una laurea AD HONOREM. Lì, ecco, proprio non capisci. Già ti fa incazzare abbastanza, perché il fatto della laurea ad honorem mentre tu sei a combattere con professori teste di cazzo e burocrazie e ritardi, ti suona come un passare avanti senza merito. Ma lasciamo perdere. Però guardi quel ciccione tutto contento e ti dici, perché? Gli serviva DAVVERO una cosa del genere, arrivato a questo punto?
Poteva dire no, e restare coerente con tutto quello che ha cantato per una vita. poteva mandarli affanculo, ed uscirne alla grande. Aveva soldi, successo, niente più da perdere ormai. Poteva farlo. Poteva dire di no, ed essere un uomo, come diceva nella canzone.
Invece l’ha presa, mentre i presidi sorridevano contenti della pubblicità, pronti per la prossima laurea a Valentino Rossi, al mago Zurlì, a Lino Banfi.
La critica applaudiva. Sapevano bene come lo sanno tutti che i dischi di Vasco sono ormai pieni di urletti, di stronzate, di ripetizioni sbiadite di qualcosa che è andato. Vasco si è giocato i neuroni, Vasco non ha più niente da dire. Eppure ogni volta che fa una scorreggia, i giornali impazziscono, le televisioni si fermano. È finita la capacità di giudizio. Vasco vende, il resto che si fotta.
In quel caso ammetto che restare coi piedi per terra è difficile. Quando tutti ti leccano il culo, devi essere davvero un uomo per restare un po’ ancorato al terreno. Sei ormai lontano, a quel punto, dalla gente comune, dai loro problemi, da loro che aspettano l’autobus sotto la pioggia, da loro che non trovano da lavorare, da loro con le loro vite senza respiro. Sei passato dall’altra parte, ma non sono i soldi, non è il successo. Sei tu E tutte queste cose.
Penso a Fabrizio De Andrè, ovviamente. A lui che non ha mai avuto problemi coi dindini, e lo stesso ha cantato dei poveri come pochi hanno saputo fare. Ipocrita? Demagogo?
E se invece avesse avuto una sensibilità diversa? Se invece fosse stato davvero un uomo, a dispetto dei soldi e della fama?
Penso a lui che, invitato a cantare con Dylan in occasione del cinquecentanario della scoperta dell’America, rifiuta, perché sa che l’America non è stata mai scoperta, che c’erano gli indiani prima, gli stessi indiani che aveva cantato nelle sue canzoni, e adesso gli indiani non c’erano più e da celebrare non c’era proprio niente. C’è chi dice no, come vedete.
E dall’altra parte c’è Vasco che invece cita Spinoza e parla di quelli al potere, e non puoi fare a meno di ridere. Potere? Lui ha più spazi sul Tg1 delle proteste contro la spazzatura e i terremoti in Cina, e parla di potere? Ma dio mio, è LUI il potere, e ancora che fa finta di andargli contro. Ancora a giocare la parte del ribelle, con la pancia che straborda e le canzoni che hanno smesso da tempo di dire qualcosa. Qualcosa come quell’altro vecchio di Ligabue.
Lì il problema è che
Ligabue ha finito le cose da dire anni fa, ma continua lo stesso a ripeterle. Escono live, doppi, speciali, libri, poesie, interviste, siti web, concerti con dieci palchi, suonerie nel telefonino, e sono tutti basati sulla stessa cosa: niente. Assolutamente niente. Però anche lui è diventato il potere, e quando va a fare le interviste con quell’aria da grasso miliardario texano, comincia ogni risposta con un sospiro come a dire, senti stella, non vedi che ho da fare?
Loro sono il potere, e quindi a mettersi contro il potere non ci pensano nemmeno. In tempi sbagliati come questi, dove la merda rischia davvero di tracimare e travolgerci, loro sono al riparo nelle loro belle ville e poi ogni tanto vengono fuori e propongono la stessa canzone d’amore con le stesse parole a cui hanno cambiato l’ordine. Persino il riff è lo stesso. E tutti applaudono.
Liga ha fatto successo davvero quando ha smesso di scrivere qualcosa che avesse un senso. I numeri gli danno ragione, alla fine. Se al pubblico piace la merda, che merda sia. È un pensare molto comune, in Italia.
Qualcuno penserà che è invidia, che è facile sparare sui pezzi grossi. Forse. Però io a quei concerti c’ero. Anch’io c’ho creduto. Anch’io ero pronto a dire no. Anch’io sono stato fregato, come tutti.
C’è chi dice no, c’è chi dice no, io sono un
UOMO!
Quando la musica è finita, spegnete le luci.
Ci si vede al prossimo Festivalbar.