Ricordo la mattina in cui tornai dall’Australia, lasciavo un paese bello, caldo, pacifico, pieno di gente allegra che sa sorridere, gente che non porta alcun segno del tempo che passa, come se per tutta la loro esistenza avessero vissuto in un grande luna Park: dove ci si preoccupa, unicamente, del peso delle nuvole.
La pioggia e il vento contraddicevano l’estate di qualche ora prima
Tutto non era mai sembrato così distante.
Le strade erano sporche, la gente, appena sveglia, correva già con quello sguardo colmo di rancore e sospetto, dove capita in quei posti in cui crescere lascia un segno che ti trasforma piano piano… ovviamente in peggio.
Già, pensavo all’indomani , al lavoro che mi aspettava, al padrone che mi aveva lasciato raccomandandosi di ritrovarci più carichi di energia e di entusiasmo.
Avevo i conati di vomito.
Dopo un po’, naturalmente, il mio corpo ha trovato un equilibrio, L’Australia non c’era più, messa da parte.
un giorno dopo l’altro…
…era quella la misura dei miei passi.
Poi ho capito.
Ho capito che non ne avevo avuto abbastanza.
Ho capito che c’era un cazzo di Koala in un cazzo di zoo ad aspettarmi e questo era, sorprendentemente e meravigliosamente importante almeno tanto quanto il peso delle nuvole!)
Ho capito che dovevo sentirmi ancora parte di quella meravigliosa cartolina che va dall’Opera fino all’Harbour…
Ho capito che c’è ancora una birra fredda da gustare sotto un sole caldo e giusto
… e un fratello da riabbracciare .
Poi ho notato che lo stretto non era mai stato così bello…
Allora ho fatto finta che fosse per me: forse era il suo modo per salutarmi!
In fondo anche Lui sapeva: il viaggio era già iniziato.
mercoledì 16 aprile 2008
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