lunedì 1 ottobre 2007

Un Siciliano a Sydney /1



Dopo i primi giorni, dopo aver visto l’oceano per la prima volta, ho finito per prenderci gusto e nella mia prima settimana mi sono lanciato a togliere il fiocco e far uscire dalla scatola questo sogno chiamato Australia.
Per cominciare, come ogni bravo turista a Sydney, sono andato subito alla Circular Quay, uno dei posti semplicemente più belli che vi possa mai capitare di vedere. La prima cosa che vedi appena sceso dal trenino, lì tra il mare e il cielo così colorati e tersi, è l’Opera House, che con quel suo bianco accecante, che brilla e luccica in mezzo a tutto quel blu, sembra davvero un veliero folle in mezzo all’oceano. Anche se l’avete vista e rivista in mille foto, quando siete lì dal vivo è proprio tutta un’altra cosa. Ti ricorda esattamente dove sei, e anche che cosa ci fai lì.


Subito dopo l’Opera House, proprio a sinistra, in una vicinanza che non poteva essere più scenografica, compare l’Harbour Bridge. Solo un ponte, direte voi. Nient’affatto.
L’ Harbour non è appariscente come l’Opera House, e sicuramente nelle mille foto che avete visto non ci avete prestato granchè attenzione, ma a vederlo da lì, passeggiando tra il brillare della baia e ristoranti lussuosi, lì tra le viuzze dei Rocks e le fontane e i koala di pelouche per i turisti, i finti ristoranti italiani e le pubblicità della birra e il sole, è proprio bellissimo. Non sai perché, ma ti piace. Almeno, a me ha fatto quest’effetto. È imponente senza essere colossale. È vasto ma riesce ad esserti subito familiare. Non ha nessuna pretesa, e invece te lo trovi sempre lì, in ogni foto e tramonto.
L’Harbour al tramonto è una cosa che si ricorda.


Mi sono concesso una Carlton Draught –la mia birra preferita- in un bar all’aperto proprio sotto l’Opera House. Ne ho visto le mattonelle bianche, che da vicino la fanno sembrare ad un’enorme tartaruga. Le ho baciate, un po’ sperando che funzionasse come la fontana di Trevi a Roma, un po’ come per sentirmi benedetto e finalmente cosciente di questo sogno. Ho pisciato nei suoi bagni lussuosi, ovviamente.
Poi mi sono seduto –anzi, sdraiato- nei muretti che percorrono parte della Circular Quay e lì, fra turisti giapponesi che cercano la posa perfetta e ragazze australiane in short nonostante il freddo, mi sono totalmente lasciato andare. Avevo il ponte di là, l’Opera di qua, il mare, il tramonto, qualche nuvola, e non poteva esserci niente di meglio. Una vista meravigliosa e rilassante allo stesso tempo –ed è strano pensare che tutto questo mondo fuori dal mondo esista proprio nel cuore di una città da 4 milioni di abitanti. Alle nostre spalle ci sono i mega-grattacieli della City, il centro pulsante della città, persone in giacca e cravatta che corrono e stringono mani. Qui questo non esiste. Qui ci sei solo tu, quelle due meraviglie, un paio di centinaia di turisti perlopiù asiatici, e basta. Qualche minuto lì, a far posare pigramente lo sguardo ora sul ponte, ora sull’Opera, e ti dimentichi davvero di tutto.
Una sensazione meravigliosa.
Marco

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