lunedì 27 agosto 2007

Primavera dopo l'Estate. Capitolo 1: Road to Oz. Meno 13...


Mi verso un caffè, mi siedo, comincio. Cerco di pensare alla parole “Australia”. Niente. Troppo vasto. Provo con “Sydney”, nel tentativo di restringere il campo. Stesso risultato. So che non c’entra il sonno mancato, e neanche il caldo. Sono a meno 13, e solo nel breve calcolo dei giorni capisco, ma appena per qualche istante, che tra un po’ si parte.

Il punto è che in questo momento mi trovo a Orto Liuzzo, ameno bucodiculo in provincia di Messina, in Sicilia. Il punto è che Orto Liuzzo somiglia ad alcune delle stanze più piccole e lugubri e polverose di questo Hotel –una di quelle stanze in cui c’hai passato tanto tempo, forse troppo, e che adesso non vedi l’ora di abbandonare. Il fatto di girarti e di vedere in ogni angolo qualcosa che ti porta alla mente un ricordo più o meno lontano ti fa solo venire ancora più voglia di girare quella maniglia e scappare il più lontano possibile.


E così ci sono accanto il Bucodiculo e tutte le sue storie sentite e risentite, e l’Australia, alla quale ho sempre pensato come luogo di sano oblio, di volontaria piacevole amnesia, un posto senza passato e senza memoria. Il luogo ideale dove chiunque può cominciare e ricominciare, senza troppe scadenze.

Il 10 settembre sarà la mia prima notte australiana. La gente, fuori e dentro l’Hotel, mi chiede cosa ne penso. Come mi sento. Sono contento? Sono nervoso?
Io scrollo le spalle, bofonchio qualcosa, gioco con un luogo comune, indico qualcosa d’inesistente alle spalle dell’interlocutore e vado via. Non so cosa rispondere. L’unica cosa che mi viene in mente è –Bucodiculo- ma non capirebbero. Non capisco neanch’io fino in fondo. Quando pensavi di essere condannato all’ergastolo ci metti un po’ poi a realizzare che invece la porta è aperta, e che sei stato tu ad aprirla. Troppa libertà tutta insieme può far male se come me, come tutti, sei disabituato. Troppe scelte, nessuna scelta: forse sì, forse no.


Forse, semplicemente, la felicità è roba da maneggiare con cura. Non si può sperare di cambiare la propria vita in un luogo dove sono ancora conservate tutte le pelli delle tue precedenti metamorfosi –ognuna sempre così maledettamente simile alle altre. Sono sempre stato dell’idea che bisogna far prima perdere le proprie tracce, sparire, morire se necessario, per poter davvero ricominciare a vivere –una vita totalmente diversa da tutto quello conosciuto fino ad allora.
Allora sì, sono nervoso, sì, sono molto curioso, sì, sono emozionato fino a cagarmi addosso, sì, non vedo l’ora. Sì, sono felice, cazzo.
Anche qui nel Bucodiculo.


Marco

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