Scendo dal jet della Pegasus
Airline e un bus ci porta all'entrata dell’aeroporto di Fiumicino, dove un
gruppo di guardie di finanza con alcuni cani al guinzaglio ci accolgono con un
calore assai poco romano. Perlustrano i nostri bagagli prima di poter accedere
al controllo passaporti. Guardo l’orologio e mi accorgo che è passata mezz'ora.
Mi volto alla mia destra e dalla vetrata scorgo uno splendido tramonto rosso-fuoco,
una delle innumerevoli peculiarità che chi viene in Italia per la prima volta
apprezza con piacevole stupore. Questo cielo azzurro non è da tutti.
Sono appena tornata dalla Turchia
e ripenso alla pelle olivastra tipica dei mediorientali; quella pelle matura capace
di rendere lo sguardo o il sorriso di un giovane più adulto del previsto. Ali a
venticinque anni pare dimostrarne dieci di più. Ed ecco, se sei un uomo nessun
problema, anzi, ma se non lo sei il fatto di avere trent'anni diventa una
questione piuttosto imbarazzante, perché qualsiasi occidentale ti potrebbe
considerare già vecchia. Penso anche alla mia di pelle che pure è olivastra ed
emetto un sospiro di sollievo perché, sebbene i primi segni del tempo si
vedano, posso ritenermi ancora decisamente fortunata. Penso anche al fatto che
una volta presero mio padre per un iraniano; devo dire che l’idea che le mie
origini possano essere ottomane non mi dispiace affatto.
Ripensando alla Turchia, inoltre,
mi rendo conto di quanto bere decine di tè al giorno faccia bene allo spirito,
così ora nella mia casa italianissima mi accenderò un narghilè e sorseggerò a
piccoli sorsi un tè orientale. Quantomeno distenderò i nervi tesi e chiudendo
gli occhi potrò immaginare di ritrovarmi nella terra dei melograni e dei
noccioli, dove la gente va fiera delle acciughe del proprio mare, quello Nero
che si mostra sempre quieto e assai più dolce del mare che conosciamo.
Ripenso alla Turchia e rifletto
sul concetto di libertà come a una questione politica più che morale. In
Turchia ho scoperto che nei Paesi laici, in cui l’islam non è religione di
stato, non esistono donne che devono portare il velo, non esistono uomini che
non possono bere alcolici, come siamo soliti pensare. Scopro che la religione può
essere concepita davvero come l’oppio di un popolo solo nel momento in cui
diventa un’imposizione statale. Solo così infatti limita il progresso e la
creatività di una comunità.
Ripenso alla Turchia, ma anche
all'Azerbaijan, Paesi dove la mentalità degli islamici sembra più aperta di
quella dei cattolici. Mi hanno detto che le paure sono armi politiche; che le
scelte personali sono sempre condizionate dagli obiettivi macroscopici di un
Paese; che siamo soliti seguire le strade che sono già state asfaltate perché le
altre ci hanno insegnato a guardarle con diffidenza.
Prima di avere al controllo
passaporti elettronico, due uomini mi osservano il passaporto e ricevo il primo
sorriso romano dall'atterraggio. Eccola qua la strada asfaltata, quella di
casa.
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