domenica 15 febbraio 2015

"Madre notte", Kurt Vonnegut

Io avevo sperato di essere soltanto ridicolo, ma viviamo in un mondo in cui essere ridicoli non e' facile; ci sono troppi esseri umani che non vogliono ridere, che non riescono a pensare; vogliono soltanto credere, arrabbiarsi, odiare. Troppa gente aveva voluto credere in me.
Dite quel che volete del sublime miracolo di una fede senza dubbi, ma io continuero' a ritenerla una cosa assolutamente spaventosa e vile.


Passare da un libro come “Il grande Gatsby” in cui si fatica a finire quelle poche pagine, ad un altro (tra l’altro più lungo di 50 pagine) che ho divorato in due pomeriggi, è tonificante come una bella risata alla fine di una giornata cupa e confusa, e reinstaura un po’ di fiducia nella letteratura. Tenetevi i vostri mostri sacri, io mi faccio una birra.
E si ride davvero nel libro di Kurt Vonnegut, “Madre Notte” (Feltrinelli editore), ma sono risate amarissime, come spesso nella sua produzione. Di lui avevo già letto quello che è definito il suo capolavoro, “Mattatoio n.5”, e l’avevo apprezzato al punto da scrivere una delle prime recensione del Morgana (la trovate qui).
Adesso ho questo “Madre notte” tra le mani, e vi dico subito che è un gran bel cazzo di libro, da comprare subito e leggere al volo.
Il libro narra la storia di Howard W. Campbell, che all’inizio della storia si trova in carcere in Israele perchè ritenuto una spia nazista. In attesa del processo, Campbell lavora alle sue memorie, andando avanti e indietro nei propri ricordi. Parla della sua attività da commediografo stipendiato da Goebbels nella Germania bellica, e anche della sua vita da auto-recluso in un appartamentino squallido di New York.
Vonnegut torna col suo stile inconfondibile, pieno di ironia e così-va-la-vita, per raccontare una storia spinosa, difficile, dove nessuno è quel che sembra. Lo stesso Vonnegut, all’inizio del libro, dice che la morale di questa storia è che noi siamo quel che facciamo finta di essere, quindi dobbiamo stare molto attenti a quel che facciamo finta di essere.
Da un lato, quindi, abbiamo una storia che riguarda il rapporto con la propria identità (vera o inventata), le scelte che facciamo e le (talvolta estreme) conseguenze alle quali ci portano. Leggendo, viene spontaneo chiedersi: cos’avrei fatto io, nei panni di Howard Campbell?
Dall’altro lato, Vonnegut torna sul tema della guerra che ha già trattato altrove e che ha vissuto in prima persona (si trovava a Dresda durante il famoso bombardamento del 1945), e lo fa col suo tono leggero, quasi da commedia, che però risulta doppiamente spietato, e non risparmia nessuno. In “Madre notte”, Vonnegut ne ha per tutti: per i tedeschi e per gli americani, per chi ha sete di vendetta, per chi non riesce ad ammettere l’orrore nel quale ha fatto cadere il mondo, per i movimenti neonazisti, per i revisionisti, per chi lo adula e per chi lo disprezza, per i vincitori e per i vinti. In uno dei passaggi del libro, Howard Campbell riporta una sua poesia in tedesco, nella quale immagina la Storia come un compressore che passa per strada e mette sotto tutti, specie quelli che sembrano giacere per strada inerti, aspettando il loro destino. Vonnegut non condanna direttamente, ma porta all’estremo e ridicolizza tutti gli attori di questa tragica farsa, come quando il protagonista incontra in cella Eichmann, l’ideatore di Auschwitz, che gli si mostra benevolo, pacifico, quasi illuminato, che archivia banalmente il suo coinvolgimento nell’Olocausto dicendo che lui non c’entrava niente, e comincia a tempestare Campbell di domande perchè vuole diventare scrittore.
Nessuno è chi sembra all’inizio, in questa storia, e nessuno è innocente. In uno dei passaggi, Campbell si infuria contro un ufficiale americano che gli dà spietatamente la caccia da anni: Ci sono centinaia di motivi buoni per combattere, ma neanche uno per odiare senza riserve, e per credere che Dio onnipotente sia d’accordo con noi. Dov’è il male? É quella parte di ogni uomo che vuole odiare a tutti i costi, che vuole odiare e anche avere Dio dalla sua. É quella parte di ogni uomo che trova tanto attraente qualsiasi genere di brutalità. É la parte di ogni imbecille che vuole punire, avvilire, e gode a fare la guerra.
L’unico antidoto a tanto odio è, per Howard Campbell, l’amore –quello che ha perso, quello che sembra ritrovare- e che può salvare da quell’insensatezza fatta di eroi, targhe, barricate, nemici e lapidi. Il messaggio di “Madre notte” è che nessuno vince in una guerra, assolutamente nessuno, e tutti abbiamo da perdere ciò che abbiamo di più caro. Il compressore della Storia passa per tutti. É anche un invito ad uno sguardo critico sulla Storia, a non dividere tra buoni e cattivi, a non smettere mai di pensare. In questo, è anche un incredibile inno alla pace.
É un libro terribilmente attuale, che non smette di avere un valore universale, anche adesso che sembriamo aver capito tutto.
Concludo con le parole, semplici e ironiche, della prefazione di Vonnegut al libro:
C’è un’altra morale, evidente, in fondo a questo racconto, ora che ci penso: quando sei morto, sei morto.
E ancora un’altra me ne viene in mente adesso: fai all’amore quando puoi. Ti fa bene.


Consigliato a:
chiunque; chi ama una scrittura leggera, ironica, che tratta di temi seri; gli appassionati di storia, sia minuscola che maiuscola.

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