Lo so che sembra assurdo, ma ci ho messo mezz’ora a fare la foto che vedete qui sotto. Un po’ perchè, odiando l’autoscatto, non me ne piaceva nessuna. Un po’ perchè –e l’ho realizzato solo alla fine- queste erano le prime vere foto che facevo senza la benda.
E quando l’ho capito, ho capito anche che mi andava di scriverne –e così, eccomi qui.
Una delle prime volte in cui ho realizzato questo ritorno alla “normalità” è stato giovedì scorso. Stavo tornando a casa, ho attraversato la strada e una macchina mi ha suonato perchè non ero stato veloce abbastanza ad attraversare. É come quando noti un dettaglio minuscolo ma diverso da quello al quale sei abituato: nessuno mi aveva suonato il clacson per mesi. Portavo una benda all’occhio e tanto bastava per mettermi nella categoria disabili. La gente si scostava al mio passaggio, e si scusava mille volte se per caso mi sfiorava inavvertitamente. Quando incrociavo qualcuno per strada si facevano tutti da parte, quasi vergognosi. Mettevo in imbarazzo gli adulti e incuriosivo i bambini –gli unici capaci di parlare ancora con sincerità.
Dopo aver attraversato, ho pensato: forse è andata. Andata con le domande delle cassiere al supermercato, andata con i colleghi che mi chiedevano a giorni alterni come mai non potessi guidare con mezzo campo visivo fuori uso, andata con i ritorni la sera tardi indovinando solo le ombre, andata con gli sguardi strani e peggio ancora compassionevoli, andata con i genitori che ti chiedono come va e quando dici bene non ti credono, andata andata andata. Forse.
Ero tornato con enorme fatica a quello che avevo dato sempre per scontato, ed era una sensazione indescrivibile.
Dico “forse”, e sono cauto anche adesso che sto scrivendo con due occhi che non fanno più troppa fatica insieme. A parte dettagli importanti, sento di essere sulla strada giusta, ma con questo 2013 non si può mai sapere.
E anzi, a pensarci adesso sembra un incubo fatto da qualcun altro, pieno di gente senza vergogna, dolore a tonnellate, stanze d’ospedale, attese, buio e colpi di scena all’ultimo momento. Uno di quei film che ti fa stare col magone fino in fondo, e anche se dovesse avere il finale più bello che c’è, col cazzo che lo vuoi rivedere mai più.
Ma ci sarà la scrittura, per quello. E quando questi mesi assurdi e atroci si tramuteranno in parole, potrò sentire chiudersi queste cicatrici da far scaldare sotto il sole.
In questo momento, più che a questo anno del cazzo, voglio pensare alle persone che mi hanno portato fin qui, che hanno contribuito affinchè io mi trovassi seduto su questa sedia a sorseggiare Cooper’s con un sorriso scemo sul volto barbuto.
Lo dedico a voi, come ho sempre. Non sapete quanto avete fatto ma lo avete fatto, e ve ne sarò per sempre grato.
E visto che già mi immagino il compare Mauro scuotere la testa, mi rassegno e dico, ok, lo dedico anche a me. Gli autopompini (come gli autoscatti) non mi piacciono granchè, ma questa è la mia stanza nel Morgana e sono di buonumore, quindi che cazzo, sì, ci ho messo il mio.
Domani saranno 5 mesi esatti da quell’operazione. Mi rivedo quel giorno e non mi sembra reale –come non fosse mai successo. Ma poi ogni tanto rivedo quella scena in sogno, e so che è accaduto davvero, ed è accaduto a me.
Mi rivedo in terapia intensiva e poi fuori, da solo, a tirare avanti debolissimo e privo di un occhio, a gestire casa e lavoro e una serie di botte dell’anima. Mi rivedo a pisciare liquidi di contrasto e a chiedermi se ne sarei mai uscito. Mi rivedo ad essere ricoverato nuovamente, e nuovamente a sentire tutti i muri della mia anima cedere di schianto lasciando solo una confusione di mattoni e paure. Mi rivedo a dover ricominciare ancora una volta, senza sconti nè favori, contando su delle forze che non sospettavo nemmeno d’avere.
Mi rivedo e penso –ma come cazzo ho fatto?
Ed è allora che mi viene su qualcosa che non conoscevo molto bene, e che ho finito per identificare con l’orgoglio per quello che sono.
E quello che sono, oggi, mi sembra una gran cazzo di bella cosa.
Ho pensato spesso a questo momento. Il momento in cui mi sarei svegliato, avrei aperto gli occhi e sarei tornato a vederci. Lo confesso: ho pensato che avrei pianto. Pianto di sollievo, per tutti quei pianti che questi mesi non sono riusciti a farmi fare. Come a dire –finalmente, cazzo.
E invece no. Non è stato un momento da film. Semplicemente una mattina mi sono svegliato e ho deciso che avrei aspettato un po’ prima di mettere la benda. E nonostante questo non sbattevo sui muri e non cascavo per terra. Figo, pensavo (capita, quando la normalità diventa un traguardo insperato).
Ho fatto colazione, mi sono lavato, preparato per il lavoro –e continuavo a non avere la benda.
Allo specchio, mentre mi accorciavo la barba ancora con qualche difficoltà, ho sorriso e mi sono detto: allora è così? Una mattina ti alzi e ci vedi di nuovo.
Sembra niente, e invece è tutto.
Perchè non parliamo solo di diottrie. Qui davvero una mattina mi sono svegliato ed ho visto di nuovo. É stata come una prima volta, come reimparare a camminare o a fare l’amore. Era una conquista che mi sembrava incredibile, e ne assaporavo ogni attimo.
Per strada sorridevo e la gente non capiva come mai. In fondo ero come loro: due occhi, un naso, una bocca. La gente non sapeva molte cose. Io sapevo che una mattina mi ero alzato e ci vedevo, e potevo finalmente vedere quella primavera che sapeva già d’estate, e che mi ero ripromesso di godermi una volta che quel terribile, quasi fatale inverno sarebbe finito.
Ed io sono qui, in una calda sera di primavera, a dire che ce l’ho fatta, che l’inverno è finito ancora una volta ed io sono qui, a festeggiare questi 5 mesi all’inferno con un paradiso da niente fatto di odori, pace, birre vuote, mie parole e una pausa fuori dall’abisso.
A volte una mattina ti svegli e ci vedi, e quello che vedi ti piace fino a riempirti il cuore, ed a sentirti grato per esserci ancora e porterlo raccontare.
Non smettete mai di vedere.
Buona primavera.
mercoledì 9 ottobre 2013
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commenti:
Continua a vivere sempre così intensamente... E' proprio vero che non tutti i mali vengono per nuocere. Un abbraccio dalla stanza accanto. :)
Posta un commento