Una volta ho scritto un racconto. Si chiamava “23 e 50”. Il messaggio di fondo era abbastanza chiaro: i compleanni mi sono sempre stati sulle palle. Come il Natale, Capodanno e la Pasqua, non ci ho mai trovato niente da festeggiare. È questa la parola magica: festeggiare. Cosa ci sarà mai da festeggiare in un giorno in cui diventa ufficiale il fatto che stai lentamente, inesorabilmente invecchiando?
In più, i numeretti rossi sul calendario non mi hanno mai ispirato. Quei giorni di divertimento stabilito, mi sembrano tutti una truffa.
Eppure, sarebbe ipocrita fare finta di niente. Il compleanno è un giorno con cui, ti piaccia o no, ci devi fare i conti. Non può mai scivolarti via indifferente, anche se vorresti. Non basta non organizzare feste, non andare fuori a cena, non fare niente e barricarti in casa fino alla mezzanotte successiva. Il compleanno è sempre lì, paziente e stronzo.
Ne avrei un bel po’ di storie sui compleanni, e quasi tutte diverse da quelle a cui di solito siete abituati. Ce ne sono stati anche un paio piacevoli, in mezzo alla massa. Gli altri, beh...
Qualcuno è così lontano nel tempo che fa quasi tenerezza. Altri, invece, fanno ancora male. Ce ne sono stati di folli (ma nel senso noioso del termine). Ce ne sono stati di dimenticati.
L’unica costante era lui, il Tempo. Sentirtelo passare addosso, con una leggera aria di minaccia. Rispondere alle sue domande insinuanti sul come sta andando, sul come te la stai cavando. Vederlo diventare di anno in anno un po’ meno paziente, e un po’ più arrabbiato.
E veloce. Fottutamente, inutilmente veloce.
Per questo la gente si ubriaca, ai suoi compleanni. Mica sta FESTEGGIANDO. No. Sta cercando di dimenticare. Sta cercando di non rispondere a quelle domande che si fa da sola una volta all’anno.
Di solito lo facevo anch’io. Non quest’anno. Non in questo strano giorno che di solito è afoso da morire e quest’anno invece indosso 3 strati di vestiti. Non mentre bevo una birra (il primo regalo di compleanno, la gente mi conosce) e guardo questo sole e questo cielo assurdi e bellissimi.
Non ho ancora tutte le risposte. Anzi, a essere sinceri, non ne ho nessuna. La differenza è che ora non ho paura di ammetterlo.
Non so dove sto andando, e non m’importa, fintanto che è un bel giro. E poi, in una vita dove un anno fa spegnevo le candeline a Orto Liuzzo e ora mi preparo per una cena alcolica a Sydney, non ha nemmeno molto senso, avere delle risposte ferme, fisse. Basta aspettarti l’inaspettato, avere le spalle larghe. Vedere il sole con la memoria di tutto quel buio.
Vivere con la santità di un doposbronza infinito.
È il 7 agosto e mi guardo indietro. È stata una lunga corsa. Bella, molto, in certi momenti. In altri, è stata più che altro una rincorsa. I muscoli che bruciavano, le energie ridotte allo zero. Ma si correva, si correva sempre. Anche in quei tratti in cui sembrava non esserci forza sufficiente nemmeno a camminare. A zoppicare.
Ci sono state delle soste, spesso forzate. Inutile recriminare. Non ero maledetto allora, e non sono benedetto adesso. Ho corso come un matto per quello che ho, e quello che ho è sempre qualcosa che può essermi tolta in qualsiasi momento. Quindi godersela, e prepararsi a sprint improvvisi.
La mia vita fino a qualche anno fa assomigliava al film “Blow”, parti strappalacrime comprese. Non è per fare il piagnone. Diciamo solo che sono capitate diverse mani storte, lì a quel tavolo. Così storte che veniva d’alzarsi e mandare tutto affanculo.
Ero stato fottuto dalle persone, dalle circostanze, dalla Fortuna, dalla Luna, da centinaia di cattive stagioni.
Io c’avevo messo il mio, ovviamente.
Come un imbecille, come l’ultimo degli illusi, ho continuato a crederci, da qualche parte. Ho continuato a correre. Ho continuato a giocare.
Proprio per questo sono qui a scrivere questo post, in un pomeriggio di sole di Sydney (guarda caso, dopo un temporale), con la birra ormai finita accanto, e con la pace fatta con questo Sette Agosto che mi perseguita da una vita. Mi tocco la barba, mi tocco il pacco. Le scarpe da corsa sono sempre lì. Il piatto è davanti.
Abbiamo avuto i nostri momenti. Abbiamo fatto ballare un po’ di gente, qui e lì.
29 anni.
Il viaggio è appena cominciato.
Al prossimo 7/8.