Per celebrare come si deve il giorno del Signore, e come reazione al mega-scassamento di palle causate a tutti noi a Sydney, abitanti, visitatori, buddisti atei e bestemmiatori, dalla visita del Santissimo Padre e quella buffonata del WYD, il pellegrino Jarrod e io abbiamo deciso di recarci in meditazione al santuario del Sexpo Sydney 2008, a Moore Park.
Come tutti i cammini di fede, da Santiago in su, è stato difficile e pieno di tormenti, per lo più dovuti ai trasporti pubblici australiani, ma grazie ad una provvidenziale sosta ad un bar vicino il Sexpo, io e il confratello abbiamo potuto placare la nostra sete di conoscenza divina, oltre che di pilsner.
Riempiti di fede fino a barcollare, con tante risate certamente ispirate dal Supremo, abbiamo pagato il nostro obolo di 25 dollari ad un altro confratello e siamo entrati.
Il luogo all’inizio sembrava incline a ispirare la preghiera e il raccoglimento, con tutte quelle anime tormentate e pie che lì cercavano espiazione e illumazione. Da bravi pellegrini abbiamo cominciato allora la nostra personale Via Crucis, fermandoci laddove la nosra preghiera ne sentisse il bisogno. Strumenti creati apposta per la gioia di ogni pellegrino si trovavano lì, in varie forme, colori, modalità di vibrazione e massaggio –batterie non incluse. Creme e lubrificanti per benedire il corpo. Fruste e bastoni borchiati per poterlo punire, qualora il pensiero del male si affacciasse.
C’erano anche diverse tuniche per il pellegrino del Sexpo, modellata secondo le proprie aspirazioni e il proprio bisogno di aiutare il prossimo: c’era la generosa infermiera, la prodiga cameriera, la suora devota o, perchè no?, anche la poliziotta dedita al lavoro. Tutto ciò che serve per fare grande la comunità e portarla più vicina al Supremo.
Come tutti i pellegrinaggi, arriva il momento per ristorare il proprio corpo stanco dalla preghiera. Così io e il confratello Jarrod ci siamo fermati a mangiare e a bere un altro po’ di quel nettare divino. Al nostro tavolo c’era un confratello nero enorme, che ingoiava un insalata con un sorriso sulle labbra.
“Quanta passera, eh?” sorrise –intendendo probabilmente gli uccelli cari a San Francesco. Io e il confratello non abbiamo potuto che annuire con un sorriso radioso e piano di pace.
Una volta ripreso il nostro pellegrinaggio, abbiamo incontrato delle anime in pena. Una di queste si esibiva sul palco, con vestiti in pelle e stivali col tacco. Bastava pagare per fare delle foto con l’anima in pena –forse per ricordarti che c’è gente che soffre e che non devi mai smettere di pregare.
Io e il confratello continuavamo ad andare e a rovistare tra quegli strumenti così strani di fede. ovunque vendevano manette, che servivano a tenerti lontano dalle tentazioni, lì inchiodato al tuo letto da penitente. Vendevano anche dei chilli afrodisiaci, che servivano forse ad aiutarti ad esperire l’immagine del Supremo. Prendemmo quello più piccante, giusto per provare. Non so se era il Supremo o no, ma mezza lingua era andata di botto. Forse era l’ennesima prova di fede. io e il confratello Jarrod non ci lamentammo mai, infatti. Ci limitammo a buttare monosorso una birra per spegnere il fuoco.
Ma il pellegrinaggio, diversamente da quanto si può pensare, non è solo per gli uomini. Il Supremo non ha sesso, e così il Sexpo era pieno così di pellegrine di tutte le forme e misure, pronte anche loro a servirsi di quegli strumenti benedetti per poter raggiungere l’illuminazione. Le vedevi andare via con le borse piene e un sorriso soddisfatto. Eravamo tutti devoti, là dentro.
Quando poi sul palco si sono esibiti dei fratelli pellegrini muscolosi in mutande, è stata per loro una vera esperienza di fede. ne ho personalmente visto alcune urlare e diventare rosse, come se avesse un’esperienza ultraterrena. Quando poi l’uomo si è tolto anche le mutande, alte preghiere si sono elevate al cielo.
Il tempo di bere ancora un po’ di quel succo divino che lenisce lo spirito e allieta il corpo, ed eravamo pronti ad andare. Rinfrancati nello spirito, fortificati nella fede, e con le buste piene.
E tutto questo senza bloccare strade e occupare gli aereoporti.
Una vera esperienza di fede.
martedì 29 luglio 2008
giovedì 24 luglio 2008
Lasci il posto che ti ha fatto da casa per quello che è stata una vita intera.
Non puoi che aprire una birra e provare a dire qualcosa , almeno per una volta, che sia all'altezza di questo momento.
Queste mura sono state testimoni della tua storia , hanno fatto da teatro alle cose che hai vissuto e che ti hanno lasciato un segno … alle persone che hanno incrociato il tuo cammino, alle vittorie celebrate come scemi…alle notti che sembravano non avere fine, al buio che ti avvolgeva, alla voglia di arrenderti, alla forza di continuare.
Poi qualcosa è successo, hai deciso che ti eri fermato per troppo tempo , che era giusto ripartire.
Questo è il momento di dire addio a una città che di notte riesce ad essere meravigliosamente bella ma che al risveglio suona come una promessa non mantenuta.
Un capitolo non scritto, come quel viso… e quella musica che dura sempre troppo poco per ricordarti di nient’altro…
E man mano che ti allontani lo capisci: tutto sembra così piccolo e ora non serve più sforzarsi per dimenticare…
Partire significa tutto questo…Partire significa un nuovo inizio, una piccola bugia che ti racconti e lo sai solo tu .
Non puoi che aprire una birra e provare a dire qualcosa , almeno per una volta, che sia all'altezza di questo momento.
Queste mura sono state testimoni della tua storia , hanno fatto da teatro alle cose che hai vissuto e che ti hanno lasciato un segno … alle persone che hanno incrociato il tuo cammino, alle vittorie celebrate come scemi…alle notti che sembravano non avere fine, al buio che ti avvolgeva, alla voglia di arrenderti, alla forza di continuare.
Poi qualcosa è successo, hai deciso che ti eri fermato per troppo tempo , che era giusto ripartire.
Questo è il momento di dire addio a una città che di notte riesce ad essere meravigliosamente bella ma che al risveglio suona come una promessa non mantenuta.
Un capitolo non scritto, come quel viso… e quella musica che dura sempre troppo poco per ricordarti di nient’altro…
E man mano che ti allontani lo capisci: tutto sembra così piccolo e ora non serve più sforzarsi per dimenticare…
Partire significa tutto questo…Partire significa un nuovo inizio, una piccola bugia che ti racconti e lo sai solo tu .
domenica 20 luglio 2008
Ritorno al Morgana
Cari abitanti del Morgana
ho aspettato a lungo prima di scrivere questo post. Quest’attesa è stata giornate lunghe, giornate nuvolose, giornate che non dicevano niente di buono. C’era ansia, attesa, incertezza. Dubbi da non dormirci.
Vivere, che è sempre così fottutamente complicato.
Poi una mattina mi sono svegliato. La testa mi faceva meno male del solito. Il giorno prima era stato uno di quei giorni che non vedi l’ora che finisca. Uno di quei giorni che aspetti da una vita, e che non vorresti mai passare.
Quella mattina non pensavo a niente di tutto questo. Le tragedie, le attese, niente. Non pensavo a nulla. Mi sono alzato, sono andato a pisciare, sono tornato a letto. La mia Morgana era lì che dormiva, più bella che mai. Le ho dato un bacio e lei ha sbuffato. Poi mi sono girato nel letto, ho guardato fuori dalla finestra un panorama che avevo visto già migliaia di volte, e ho realizzato che ero in Australia.
Lo so, sono qui da dieci mesi, ma ancora sono rari i momenti che te ne rendi conto davvero. Non so nemmeno cosa voglia dire, essere in Australia. Ma io c’ero, e la cosa mi faceva godere.
In quel momento ho capito che un’altra battaglia era stata vinta. Non la più lunga, e nemmeno l’ultima, se è per questo. Ma una vittoria, anche coi malditesta e le incertezze, è pur sempre una vittoria, e uno se la deve tenere stretta. Di perdere siamo capaci tutti, e tutti ti dicono come dovresti affrontare la cosa. Per questo ci sono le religioni. Le droghe. I canali porno 24 ore su 24. I libri di auto-aiuto. Un mondo intero che va alla deriva, che affonda, e ognuno che si trova il suo modo personale di farlo.
A vincere, non te lo insegna nessuno. Non è previsto. Non fa parte della tua educazione, della tua cultura. Anche quelle culture tutte muscoli e steroidi, come quella americana, sono poi piene di sconfitti, da cima a fondo.
Il mantra che impari da piccolo è: confonditi con la massa. Non farti beccare. Non alzare la cresta. Diventa uno dei tanti. L’uniformità è la strada per il successo. Tutto ti porta a diventare uno dei tanti Nessuno che popolano il mondo. La massima vittoria è la mancanza di sconfitta. Non si sta bene, al massimo non si sta troppo male. Va ok, non alla grande. Si va in vacanza, ma si torna indietro in tempi ragionevoli. Si fanno dei sogni, ogni tanto, ma tanto poi ci si sveglia e ci si mette a fare le persone serie.
Non si ride, si sorride.
Non si vive, si sopravvive.
Quella mattina ho capito che quel vivere a metà non m’interessava più. Quella mattina ho deciso di salpare, di prendere quel treno, di salire su quell’aereo. Ho deciso che se non potevo avere tutto, allora non volevo più niente. Che se non provavo almeno a incularmi il mondo, era giusto allora che quello inculato alla fine fossi io.
Ho deciso che ci voleva ancora dell’altro rock, invece di quel lungo mortorio sottovoce.
Vivere rumorosamente. Farsi sentire. Dire quel che c’è ancora da dire, e poi esplodere in comete drogate.
Ho deciso di smettere di ascoltare, e cominciare a parlare. Di credere in quello che voglio, e di volere quello in cui credo. Ho deciso di darci sotto.
Ho deciso di rischiare, quella mattina.
Pensando queste cose ho sorriso, per la prima volta dopo un pezzo, con tutti i muscoli e tutti i denti, con quella sensazione calda e densa che ti arriva quando stai per lanciarti senza paracadute, e non vedi l’ora di vedere come va.
Poi ho spento quella maledetta sveglia, e finalmente sono tornato a dormire e sognare.
Il Morgana riparte, ragazzi. Adesso non si scherza più.
Per modo di dire.
ho aspettato a lungo prima di scrivere questo post. Quest’attesa è stata giornate lunghe, giornate nuvolose, giornate che non dicevano niente di buono. C’era ansia, attesa, incertezza. Dubbi da non dormirci.
Vivere, che è sempre così fottutamente complicato.
Poi una mattina mi sono svegliato. La testa mi faceva meno male del solito. Il giorno prima era stato uno di quei giorni che non vedi l’ora che finisca. Uno di quei giorni che aspetti da una vita, e che non vorresti mai passare.
Quella mattina non pensavo a niente di tutto questo. Le tragedie, le attese, niente. Non pensavo a nulla. Mi sono alzato, sono andato a pisciare, sono tornato a letto. La mia Morgana era lì che dormiva, più bella che mai. Le ho dato un bacio e lei ha sbuffato. Poi mi sono girato nel letto, ho guardato fuori dalla finestra un panorama che avevo visto già migliaia di volte, e ho realizzato che ero in Australia.
Lo so, sono qui da dieci mesi, ma ancora sono rari i momenti che te ne rendi conto davvero. Non so nemmeno cosa voglia dire, essere in Australia. Ma io c’ero, e la cosa mi faceva godere.
In quel momento ho capito che un’altra battaglia era stata vinta. Non la più lunga, e nemmeno l’ultima, se è per questo. Ma una vittoria, anche coi malditesta e le incertezze, è pur sempre una vittoria, e uno se la deve tenere stretta. Di perdere siamo capaci tutti, e tutti ti dicono come dovresti affrontare la cosa. Per questo ci sono le religioni. Le droghe. I canali porno 24 ore su 24. I libri di auto-aiuto. Un mondo intero che va alla deriva, che affonda, e ognuno che si trova il suo modo personale di farlo.
A vincere, non te lo insegna nessuno. Non è previsto. Non fa parte della tua educazione, della tua cultura. Anche quelle culture tutte muscoli e steroidi, come quella americana, sono poi piene di sconfitti, da cima a fondo.
Il mantra che impari da piccolo è: confonditi con la massa. Non farti beccare. Non alzare la cresta. Diventa uno dei tanti. L’uniformità è la strada per il successo. Tutto ti porta a diventare uno dei tanti Nessuno che popolano il mondo. La massima vittoria è la mancanza di sconfitta. Non si sta bene, al massimo non si sta troppo male. Va ok, non alla grande. Si va in vacanza, ma si torna indietro in tempi ragionevoli. Si fanno dei sogni, ogni tanto, ma tanto poi ci si sveglia e ci si mette a fare le persone serie.
Non si ride, si sorride.
Non si vive, si sopravvive.
Quella mattina ho capito che quel vivere a metà non m’interessava più. Quella mattina ho deciso di salpare, di prendere quel treno, di salire su quell’aereo. Ho deciso che se non potevo avere tutto, allora non volevo più niente. Che se non provavo almeno a incularmi il mondo, era giusto allora che quello inculato alla fine fossi io.
Ho deciso che ci voleva ancora dell’altro rock, invece di quel lungo mortorio sottovoce.
Vivere rumorosamente. Farsi sentire. Dire quel che c’è ancora da dire, e poi esplodere in comete drogate.
Ho deciso di smettere di ascoltare, e cominciare a parlare. Di credere in quello che voglio, e di volere quello in cui credo. Ho deciso di darci sotto.
Ho deciso di rischiare, quella mattina.
Pensando queste cose ho sorriso, per la prima volta dopo un pezzo, con tutti i muscoli e tutti i denti, con quella sensazione calda e densa che ti arriva quando stai per lanciarti senza paracadute, e non vedi l’ora di vedere come va.
Poi ho spento quella maledetta sveglia, e finalmente sono tornato a dormire e sognare.
Il Morgana riparte, ragazzi. Adesso non si scherza più.
Per modo di dire.
mercoledì 16 luglio 2008
A voi, temerari della ricerca e del tentativo , e a chiunque si sia mai imbarcato con ingegnose vele su mari terribili.
…Le tre metamorfosi (come lo spirito divenne cammello, leone il cammello, e infine il leone fanciullo):
“…Tutte queste cose, le più gravose da portare, lo spirito paziente prende su di sé: come il cammello che corre in fretta nel deserto sotto il suo carico, così corre anche lui nel suo deserto…”
“…Ma la dove il deserto è più solitario avviene la seconda metamorfosi: lo spirito diventa leone. Egli vuole come preda la sua libertà ed essere signore nel suo deserto…”
“…Crearsi la libertà per una nuova creazione: di questo è capace la potenza del leone…”
Crearsi la LIBERTA’ è un NO sacro anche verso il dovere: per questo è necessario il leone.
“…INNOCENZA è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un gioco, un primo moto, un sacro dire di si…”
Così Il perduto per il mondo conquista per sé il suo mondo…
Dedicato a un compagnero ( Da “così parlò Zarathustra”).
…Le tre metamorfosi (come lo spirito divenne cammello, leone il cammello, e infine il leone fanciullo):
“…Tutte queste cose, le più gravose da portare, lo spirito paziente prende su di sé: come il cammello che corre in fretta nel deserto sotto il suo carico, così corre anche lui nel suo deserto…”
“…Ma la dove il deserto è più solitario avviene la seconda metamorfosi: lo spirito diventa leone. Egli vuole come preda la sua libertà ed essere signore nel suo deserto…”
“…Crearsi la libertà per una nuova creazione: di questo è capace la potenza del leone…”
Crearsi la LIBERTA’ è un NO sacro anche verso il dovere: per questo è necessario il leone.
“…INNOCENZA è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un gioco, un primo moto, un sacro dire di si…”
Così Il perduto per il mondo conquista per sé il suo mondo…
Dedicato a un compagnero ( Da “così parlò Zarathustra”).
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