S. tutte le mattine alle 10,00 prende l’8 su via Gianicolense per andare a Trastevere. Ci va in completo, camicia e cravatta. Quest’ultima
un po’ logorata dal tempo forse ma dignitosissima. Ha i capelli pettinati con
la riga da un lato. Mentre attende il tram prova qualche pezzo con il suo
violino, tentando di non eccedere con il volume degli accordi. Scende sempre
alla fermata del Ministero della Pubblica Istruzione e in dieci minuti a piedi
arriva a piazza Sant’Egidio.
Si posiziona su un lato del Museo di Trastevere, non troppo distante
da un venditore ambulante che propone collanine e orecchini etnici su un
banchetto di legno. S. esegue le sue performance in piedi e con gli occhi
chiusi. I passanti distratti, senza nemmeno guardarlo in faccia, accennano a un
sorriso. Lui suona ininterrottamente per intervalli di mezz'ora e pause di
quindici minuti ciascuna. II suoi tempi sono precisi e ben studiati. Con una
media di due euro a performance riesce a guadagnare circa 35 euro in otto ore,
il che gli consente di pagarsi la pagnotta quotidianamente e continuare a
sostenere le spese di un monolocale seminterrato a Casetta Mattei.
S. non è italiano. È arrivato a Roma quindici anni fa da un
freddo paesino dell’Ucraina. Pensava di trovare in Italia il cuore della
cultura europea e trovare l’opportunità di insegnare musica. È andata in
effetti così i primi anni. Poi però ha perso il lavoro e dopo anni di stenti
dando solo lezioni private di violino ha cominciato cinque anni fa a suonare
anche per le strade. “Roma ti ha deluso?”, gli chiedo. Mi risponde di no. “Le
belle metropoli fortunatamente attirano i turisti. E grazie a questi ultimi,
città come Roma hanno continuato a coltivare la realtà degli artisti di strada.
Dietro a questa realtà si è sviluppata una filosofia: suonare per farsi spazio in un mondo senza opportunità.”
Mi dice di provare. Capirei cosa significa crearsi una nuova
identità. Suscitare sentimenti contrastanti tra le persone che lo riconoscono, che in fondo scaturiscono una grande soddisfazione.
Pietà anche sì, ma non solo: curiosità, ammirazione, interesse. Trovare la forza ogni mattina di
metterci la faccia per poi acquisire il piacere di mettersi in gioco durante la
giornata.
“Ci proverò”, gli dico. In fondo, perchè no...
0 commenti:
Posta un commento