martedì 3 novembre 2015

Dalla stanza 306 Piazza Sant'Egidio, Roma

S. tutte le mattine alle 10,00 prende l’8 su via Gianicolense per andare a Trastevere. Ci va in completo, camicia e cravatta. Quest’ultima un po’ logorata dal tempo forse ma dignitosissima. Ha i capelli pettinati con la riga da un lato. Mentre attende il tram prova qualche pezzo con il suo violino, tentando di non eccedere con il volume degli accordi. Scende sempre alla fermata del Ministero della Pubblica Istruzione e in dieci minuti a piedi arriva a piazza Sant’Egidio.
Si posiziona su un lato del Museo di Trastevere, non troppo distante da un venditore ambulante che propone collanine e orecchini etnici su un banchetto di legno. S. esegue le sue performance in piedi e con gli occhi chiusi. I passanti distratti, senza nemmeno guardarlo in faccia, accennano a un sorriso. Lui suona ininterrottamente per intervalli di mezz'ora e pause di quindici minuti ciascuna. II suoi tempi sono precisi e ben studiati. Con una media di due euro a performance riesce a guadagnare circa 35 euro in otto ore, il che gli consente di pagarsi la pagnotta quotidianamente e continuare a sostenere le spese di un monolocale seminterrato a Casetta Mattei.
S. non è italiano. È arrivato a Roma quindici anni fa da un freddo paesino dell’Ucraina. Pensava di trovare in Italia il cuore della cultura europea e trovare l’opportunità di insegnare musica. È andata in effetti così i primi anni. Poi però ha perso il lavoro e dopo anni di stenti dando solo lezioni private di violino ha cominciato cinque anni fa a suonare anche per le strade. “Roma ti ha deluso?”, gli chiedo. Mi risponde di no. “Le belle metropoli fortunatamente attirano i turisti. E grazie a questi ultimi, città come Roma hanno continuato a coltivare la realtà degli artisti di strada. Dietro a questa realtà si è sviluppata una filosofia: suonare per farsi spazio in un mondo senza opportunità.”
Mi dice di provare. Capirei cosa significa crearsi una nuova identità. Suscitare sentimenti contrastanti tra le persone che lo riconoscono, che in fondo scaturiscono una grande soddisfazione. Pietà anche sì, ma non solo: curiosità, ammirazione, interesse. Trovare la forza ogni mattina di metterci la faccia per poi acquisire il piacere di mettersi in gioco durante la giornata.

“Ci proverò”, gli dico. In fondo, perchè no...

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