domenica 5 luglio 2015

"Sottomissione", Michel Houellebecq


Ma solo la letteratura può dare la sensazione di contatto con un’altra mente umana, con l’integralità di tale mente, le sue debolezze e le sue grandezze, i suoi limiti, le sue meschinità, le sue idee fisse, le sue convinzioni; con tutto ciò che la turba, la interessa, la eccita o le ripugna. Solo la letteratura può permettere di entrare in contatto con la mente di un morto, in modo più diretto, più completo e più profondo di quanto potrebbe fare persino la conversazione con un amico; per quanto profonda e solida possa essere un’amicizia, in una conversazione non ci si abbandona mai così completamente come davanti a una pagina bianca, rivolgendosi a un destinatario sconosciuto.

Di norma, preferisco non farmi mai prestare libri (così come li presto col contagocce, e solo a chi so io). A prescindere dalla qualità del libro, voglio qualcosa da poter riprendere quando voglio, nella mia libreria Billy e (ora) anche in quella virtuale del mio Kobo.
Quando G. è venuta con una copia di “Sottomissione”, però, ho ringraziato e cominciato a leggere nel giro di 12 ore.
Due motivi: il primo, che questo libro, uscito per pura coincidenza dopo gli attentati a Parigi dello scorso gennaio, aveva fatto molto parlare di sè, passando dall’islamofobia all’islamofilia nel corso dello stesso paragrafo. Ero quindi curioso di vedere quanto, ancora una volta, avevano travisato Houellebecq.
Secondo: Houllebecq mi piace, e parecchio. Non sempre sono d’accordo con le sue conclusioni o col suo passo, ma ritengo sia uno dei pochi che, in questo 2015 deumanizzato, logorato, ammosciato e politicamente corretto, riesca ancora a provocare, senza doverlo fare per il puro gusto della provocazione. Leggerlo ti da sempre l’idea di uno con una testa che fuma, ma che allo stesso tempo non vuole farlo pesare, e anzi è per lui stesso un fardello di cui si libererebbe volentieri. A volte ci riesce persino, tramite i suoi protagonisti: quando si ubriacano, quando si imbarcano in improbabili avventure sessuali, quando –come in questo caso- decidono di cedere e, appunto, sottomettersi.
Sottomissione” (Bompiani) segue la storia di Francois, introverso docente ossessionato da Huysmans, che, suo malgrado (ed è proprio il caso di dirlo, visto che tutto è diventato ormai indifferente per Francois) si trova nel bel mezzo di uno storico mutamento politico e sociale in Francia.
Il libro si addentra parecchio nei meccanismi politici francesi ed europei, così come nella visione della società musulmana, in qualcosa che ricorda il romanzo distopico (dove, appunto, si immaginano versioni parallele della nostra storia e realtà). Ciò nonostante –e per fortuna- “Sottomissione” non è un mattone. Tutt’altro. La storia di Francois, della sua solitudine, dei suoi incontri, si fa leggere, in una delle opere più asciutte e scorrevoli di Houellebecq (di cui ancora ignoro la pronuncia, spero un giorno di poterci arrivare).
Inoltrandosi nella lettura, si capisce subito come mai questo libro abbia suscitato tante polemiche (anche a causa della sua sfortunata vicinanza con i fatti di Charlie Hedbo). Come sottolineato dal giornalista dell’Espresso, Gilioli, (che spiega in questo articolo, e molto meglio di come potrei mai fare io, i contenuti politici, sociali ed esistenziali del libro), chiunque abbia letto altre opere di Houellebecq, vedrà tornare qui i suoi temi ricorrenti (che, quindi, non si limitano ad una sterile critica o acclamazione dell’Islam), dalla decadenza sociale e culturale dell’Europa laica al fallimento della società individualistica.
Francois, al pari di altri protagonisti di Houellebecq (leggetevi, se vi va, “Estensione del dominio della lotta” e “Le particelle elementari”), è il frutto di questo individualismo, e ne rappresenta tutto il fallimento: isolato, rinchiuso nelle sue meditazioni infinite, con relazioni sessuali brevi e insoddisfacenti, indifferente a tutto. Solo nel (provocatorio) finale riuscirà a superare questa chiusura, con una scelta di vita radicale.
Di nuovo: se volete farvi un’idea dei contenuti politici e culturali, date un’occhiata all’ottimo articolo di Gilioli. Per quel che mi riguarda, umilmente posso dire che “Sottomissione” è un bel libro, che si fa leggere volentieri –pure a dispetto di parecchi tecnicismi e iperdettagli- e che pochi autori contemporanei riescono a creare protagonisti altrettanto intrisi di solitudine, disperazione e tiepido dolore –alienati nei quali è impossibile che la società di oggi possa non rivedersi.

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