mercoledì 30 agosto 2017
Primavera
Era stato un inverno bestiale
per lui e per me
ore di lavoro che ci bloccavano
i polsi
sempre in bolletta
donne lontane
donne che andavano via
insonnie e malditesta
muri troppo alti
e qualche bevuta in
gelidi scantinati sul mare
per poter
sopravvivere
Poi una notte
mentre ci lavoravamo il terzo litro
di birra
fummo sorpresi dalla primavera
Uscimmo nella veranda deserta
guardando il mare
senza parlare
quasi increduli ormai
che la primavera potesse davvero
arrivare
Sempre senza una parola
trasportammo il divano in veranda
e ci sedemmo sotto una luna esplosiva
bevendo birra
ricordando piano piano
come ci si sente
a sentirsi di nuovo
umani.
Marco Zangari © 2017
www.marcozangari.it
Pagina Facebook: Marco Zangari
domenica 27 agosto 2017
10 anni di Morgana (e di noi)
10 anni fa ci trovavamo tutti da un’altra parte, in altre vite che non sapevamo nemmeno prevedere dove sarebbero finite. Per il momento, nell’agosto del 2007 mi trovavo in una stanza sul mare, in attesa di partire per quell’Australia che era sempre stata la mia ossessione.
Mentre attendevo, come tutti, che i miei sogni andassero a misurarsi e scontrarsi con la realtà, sperano come tutti che non avessero la peggio, stavo davanti ad uno schermo insieme a Sergio –che sopperiva alla mia totale incapacità tecnologica. L’idea era di aprire un blog. La speranza era che fosse un blog diverso da tutti gli altri.
Il motore era, come sempre, il bisogno impellente di raccontare.
Stavo partendo, e già in fondo ero in viaggio da diversi anni, con tutte le mete vaghe e confuse dei miei vent’anni. Altri amici erano partiti, o lo avrebbero fatto da lì a poco. Altri sarebbero rimasti, affrontando sfide diverse. Ci saremmo allontanati –non soltanto geograficamente- e tante cose ci sarebbero passate per la testa, prima durante e dopo. Cose che valeva la pena sputare fuori, raccontare con calma, condividere magari davanti ad un bicchiere.
L’Hotel Morgana nasceva da questo motivo. Prima che i social ci permettessero di condividere in tempo reale qualunque cose ci passasse per la mente, senza più neanche il tempo di elaborarla e magari di capirla, l’Hotel serviva a fare il punto della situazione. Iniziava da un viaggio vero, che in quel momento sentivo nello stomaco e che faceva piazza pulita di quel che ero stato fino ad allora, per farsi viaggio metaforico di tutti, per ognuno coi suoi tempi, i suoi umori, le sue storie.
Nel puro caos dei nostri vent’anni, dove avevamo corso a vuoto, dove ci erano state promesse cose mai arrivate, serviva un punto di incontro, pur virtuale, dove sedersi, prendere fiato e capire dove saremmo andati a sbattere alla prossima marea, dove le nostre anime acciaccate avrebbero potuto rialzare la testa.
Ci serviva sapere che, da qualche parte, in qualunque momento, avremmo trovato un bar, un drink e gente pronta ad ascoltarci, pure quando non avevamo molto da dire.
Credo che l’Hotel Morgana sia stato qualcosa di diverso per ognuno dei suoi 33 ospiti, e per tutti gli innumerevoli lettori di questi 10 anni. Per alcuni sarà stato un passatempo pre-Facebook, per altri un piccolo momento di svago o di sfogo, per altri ancora una curiosità e niente più.
So cosa è stato il Morgana per me. Rileggendolo oggi, forma un diario abbastanza fedele degli anni che, più di tutti, mi hanno cambiato, come una testimonianza tenera e schiacciante di una metamorfosi che non vedevo al momento, troppo intento a vivere, viaggiare, conoscere, vedere. Ero stato fermo per troppo tempo, nei miei vent’anni, e il Morgana ha coinciso con l’inizio di quel viaggio che ancora adesso non è finito. Rivedo i post sulla mia partenza per l’Australia, il salto nell’ignoto, la scoperta di un mondo che non era nè meglio nè peggio dei miei sogni, soltanto diverso. Rivedo i miei mille lavori, le difficoltà che ti piombano addosso anche a 15.000 km da casa, e poi le serate rock, le bevute, i baci rubati. Rivedo il mio ritorno in Italia, l’esperienza all’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (che più di tutte, forse ancora più del viaggio, ha contribuito a far di me la persona che sono), le giornate di sole e vento a Big Sur, e la scoperta di nuove persone che mi hanno tenuto in piedi in quegli anni intensi e complicati. Rivedo il mio ritorno in Australia, l’inizio di un lavoro che continua ancora, le sfide e gli scazzi di una vita normale per chi normale non lo è mai stato troppo. Rivedo quei giorni all’ospedale, e il pezzo che ho scritto in un momento che credevo fosse l’ultimo. Rivedo gli alti e bassi di anni che non basterebbero cento romanzi, e però tra una post e l’altro spuntava l’idea di un libro che piano piano diventò un’ossessione pari a quella dell’Australia, e che prese vita quasi in tempo reale sul Morgana, fino al coronamento di un sogno inseguito a lungo con la pubblicazione di “Latinoaustraliana”, il figlio cercato per tanto tempo.
Adesso rivedo quei post come tante lettere d’amore ad un me stesso lontano, come a volerlo convincere che, anche nella più stronza delle tempeste, qualche raggio di sole passa sempre tra le nuvole, e si infiltra anche tra i tendaggi pesanti e polverosi di questo Hotel, illuminando il bicchiere di una luce quasi impossibile da guardare.
Sì, eravamo diversi 10 anni fa. Qualcuno nel frattempo si è sposato, qualcuno ha pure divorziato, qualcuno se n’è andato. Gli amori sono cambiati, gli amici anche, a volte. Governi sono caduti, ingiustizie sono continuate ad accadere. La nostra sensibilità ha seguito eventi e facce, cercando di trarre un senso da quel che succedeva, qualche volta senza successo. Ogni tanto volevamo solo restare alzati fino a tardi a bere e sentire musica, e che il mondo aspettasse pure fuori.
Il Morgana è sempre stato affollato il giusto, senza grandi numeri, un segreto per pochi che aumentava il suo fascino. Alcuni degli ospiti sono passati, hanno scritto a lungo e sono scomparsi. Il Morgana era uno di quei locali che per un periodo frequenti spessissimo, pure se la birra fa schifo e i cessi sono sempre intasati, perchè sai che ci troverai gente interessante. E poi, all’improvviso come hai cominciato a frequentarli, smetti di andarci.
Si è parlato di arte, qui al Morgana, di notti bianche, di sesso e libri, di scazzi quotidiani e politica. Era come l’argomento a piacere agli esami, che spiazza all’inizio ma poi ci prendi gusto. 33 persone diverse hanno lottato con l’interfaccia obsoleta di Blogspot per poter mettere il loro pezzo, che fosse il video di YouTube, la foto, il disegno o il pippone esistenziale di 10 pagine. C’erano pezzi incredibili, altri scritti di pancia, altri capitati per caso, ma li ho letti sempre con piacere. Ci sono stati alti e bassi, anni di produzione intensa e altri meno. Siamo cresciuti in questi 10 anni, abbiamo avuto sempre meno tempo per fermarci, per pensare, per ricordare. Non sappiamo nemmeno dove sono finiti questi anni, ma sappiamo che il tempo non ci basta mai. Ultimamente sono rimasto solo io a cantarmela e suonarmela al Morgana, un po’ come in un sogno recente che ho fatto, ma il Morgana, come la fenice che risorge dalle sue ceneri, come noi in questi 10 anni, ha sempre saputo riprendersi anche quando lo davano per spacciato.
Gli anniversari mettono tristezza, e questo non sembra nemmeno di quelli che contano troppo. Ma sono 10 anni nostri, 10 anni di storie, di botte e carezze, di viaggi e ripensamenti, e se posso usare questo anniversario come scusa per riguardarli tutti, nel bene e nel male, per sorridere e incazzarmi e realizzare tutta la strada fatta, allora sono fiero di questo Morgana, di quello che è stato, di quel che sarà.
Passate quel vino ora, che la strada per i prossimi 10 è bella lunga.
Buon compleanno a tutti voi e noi dell’Hotel.
E’ stato, come sempre, un piacere.
Marco Zangari © 2017
lunedì 7 agosto 2017
7 agosto
In una stanza in fondo al mare
lascio che il tempo scorra
che le piaghe diventino ferite
che i guai diventino mesi
e poi anni, che faccio
vagabondare per strade di notte
e da lì verso il deserto
dove aspetto inutilmente
la mano di un dio pietoso
In una stanza in fondo al mare
lascio che le tempeste si scatenino
sopra la mia testa
mentre sto al sicuro
protetto solo dalla mia pelle
e le sue cicatrici
Nella stanza in fondo al mare
resto per tutto il tempo che serve
a volte per tutta la vita
mi affaccio fuori solo alla mezzanotte
per raccogliere auguri vaghi
applausi a metà e pacche sulle spalle
per poi tornare
ai miei anni
alla mia stanza
alle mie tempeste
al mio mare.
Marco Zangari © 2017
www.marcozangari.it
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