La casa era tutta dipinta di
giallo
un giallo senza luce e
senza forza
-tutta, anche le grondaie
le finestre e le porte
Il tetto era formato
da tegole un tempo verdi
abbrustolite dal sole
graffiate dal vento
E sotto il tetto
una scritta
“FUNERAL HOME”
Davanti alla casa
un paio di auto parcheggiate
perse sotto un cielo
terribilmente blu
Tutte le altre auto
sfilavano lentamente davanti
bloccate nel traffico
sprecavano carburante, intente
ad avvolgere tutto nel loro fumo
a non riuscire a pensare
oltre l’ora di pranzo
a desiderare solo
che fosse sera
per poter finalmente
tornare a
casa.
Marco Zangari © 2014
lunedì 29 giugno 2015
venerdì 19 giugno 2015
"Dannazione" e "Sventura", Chuck Palahniuk
What makes earth feel like Hell is our expectation that it should feel like Heaven.
Si dice sempre che un ottimo modo per migliorare la propria scrittura sia quello di leggere tanto. Se ne dicono tante, ma questa mi sembra più sensate di molte altre. Leggere serve, in modi così sottili e inconsci che sarebbe davvero impossibile descrivere.
A volte la lettura si insinua nella scrittura. Capita con certi scrittori, che ti affascinano e ti portano tra le loro frasi al punto che desideri, coscientemente o meno, di farle tue.
Mi è successo poche volte. Alcuni di questi scrittori sono rimasti con me per breve tempo, altri me li porto ancora dietro.
Uno di questi è stato Chuck Palahniuk. Per un po’ ho scritto come lui. Ne sono venute fuori cose pessime e qualche buon racconto. Alla fine ho capito due cose.
La prima: per quanto apparentemente semplice (e quindi facile da emulare), lo stile di Palahniuk non si può adattare ad altri che a lui. Smisi di scrivere come lui, perché solo Pahlaniuk poteva scrivere come Pahlaniuk.
La seconda: a volte nemmeno Pahalniuk riesce a scrivere come Palahniuk.
Il suo modo di scrivere asciutto, privo di avverbi, scientifico, grottesco e descrittivo fino alla maniacalità, ha prodotto ottime cose nel tempo (senza citare l’onnipresente “Fight Club”, direi “Ninna nanna”, “Survivor”, “Invisible monsters”) e altre meno (“Cavie”, “Diary”, l’illeggibile “Pigmeo”).
Nel caso di questo “Dannazione” (Mondadori) e del suo seguito, “Sventura” (sempre Mondadori), temo che siamo nel secondo caso.
“Dannazione” segue le avventure di Madison, 13enne cicciottella finita all’Inferno per un gioco erotico finito male, e dei suoi compagni di pena. “Sventura” riprende le avventure di Madison, ritornata sulla Terra sotto forma di spirito.
I due libri sono narrati in prima persona dalla stessa Madison. Palahniuk ricrea quindi un linguaggio più giovane, vivace, sebbene con qualche stonatura –è difficile immaginare una tredicenne immersa in alcune considerazioni sul mondo, sull’anima, sul consumismo e così via.
Il tono di entrambi i libri è tutto sommato leggero, anche se più in “Dannazione” rispetto a “Sventura”. La trama è fin troppo lineare nel primo libro, che diventa presto prevedibile, con trovate grottesche che sembrano indirizzate più al pubblico dei teenager che al solito audience dello scrittore. La vita all’Inferno (se così si può chiamare) viene descritta in maniera grottesca, com’è solito all’autore, ma stavolta senza particolari colpi di genio o la giusta cattiveria.
Insomma, dopo un po’ annoia.
Ho comprato e letto il secondo solo per capire se aveva avuto un senso finire il primo libro, ma così non è stato. Non fraintendetemi: penso sempre che Palahniuk sia uno tosto, e uno degli scrittori più brillanti che abbiamo in circolazione al momento.
In questi due libri, però, l’ho visto un po’ annaspare e appoggiarsi troppo allo stile che lo ha reso famoso e che, oltre me, ha influenzato migliaia di giovani scrittori. Come detto, è uno stile semplice da riprodurre, e per questo ancora più rischioso, perché non sempre è adatto, e a volte può essere usato come stampella quando la storia comincia a zoppicare.
Palahniuk non è scrittore facile, ma nel caso di questi due romanzi, non mi è sembrato aver aggiunto niente di nuovo a quello che aveva già scritto altrove. A qualche scena interessante, anche divertente, come quella nel bagno pubblico in “Sventura” (vi dico solo che molti maschietti si toccheranno istintivamente le parti basse, e non per piacere…), si rischia di perdersi nei cataloghi e nei mille dettagli che rendono questo scrittore unico, seppure non sempre di mio gusto.
Detto questo, ritorno umilmente a scrivere come mi viene, e ad aspettare con ansia di avere tra le mani una copia di “Fight Club 2” (ormai di prossima uscita).
Consigliato a:
chi ha meno di 25 anni; i fan di Palahniuk.
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